Salvo Randone, 1970. Eduardo, 1981. Paolo Stoppa, 1984
Il Berretto a sonagli si configura come un’importante laboratorio linguistico e scenico. Le sue stesse varianti testimoniano una serie di operazioni che Pirandello svolse a più riprese avendo come obiettivo una resa sulla scena di maggior sintesi ed efficacia.
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Approfondimenti nel sito:
Sezione Tematiche – Paolo Diodato – Randone, Eduardo, Stoppa: Tre messeinscena de “Il berretto a sonagli”
Sezione Teatro – Il berretto a sonagli
Una delle opere in cui è particolarmente evidente l’incontro di Pirandello con il mondo e gli uomini di teatro è il Berretto a sonagli. Opera complessa e significativa nel panorama teatrale pirandelliano permette una lettura che è possibile fare a più livelli. La sua stessa travagliata genesi sia compositiva che scenica ne fanno un lavoro particolarmente indicativo del rapporto multiforme e spesso contraddittorio di Pirandello con il teatro.
Il Berretto a sonagli si configura come un’importante laboratorio linguistico e scenico. Le sue stesse varianti testimoniano una serie di operazioni che Pirandello svolse a più riprese avendo come obiettivo una resa sulla scena di maggior sintesi ed efficacia. Ne è prova l’alleggerimento della struttura linguistica del testo ancora troppo letterario e l’attenzione che mostra verso gli aspetti più concreti del fare teatro come i costumi, la scenografia e lo stile recitativo.
La Birritta cu’ i ciancianeddi si caratterizza pertanto per un accurato ed insistente lavoro di correzione e di rielaborazione che ne fanno una delle più riuscite esperienze del teatro siciliano.
SALVO RANDONE
Questo monologo costituisce un momento centrale dell’intero allestimento. Esso ci dà il parametro interpretativo di come è stata organizzata la ripresa televisiva. Il monologo, infatti, inizia con l’inquadratura in primissimo piano del viso di Randone, illuminato da un solo faro, mentre l’ambiente circostante è oscurato. A questo punto, la sua recitazione, che è molto complessa, sembra concentrarsi in molteplici stati d’animo resi con grande abilità. In questo monologo l’espressività del viso di Randone si fa più marcata. Soprattutto nella descrizione delle tre corde egli acquista un sorriso che diventa a tratti ghigno, in cui si rivela quell’ironia sapiente, tutta pirandelliana, di chi ha macerato a lungo una riflessione profonda e amaramente realistica sulla vita. E’ come se, il regista concentrandosi con la telecamera su Randone creasse una sottounità, in cui l’attore cambia la sua cifra interpretativa, passando da una dimensione di relazione con gli altri personaggi e più quotidiana, ad un Randone concentrato su se stesso, sulla riflessione filosofica, più concettuale e meno quotidiana.
EDUARDO
Significativo che l’attore nell’adattamento in napoletano, con un procedimento drammaturgico autonomo dal testo pirandelliano, taglia alcune battute interlocutorie nel monologo delle “tre corde”, nel primo atto. Questa operazione di rafforzamento dei momenti di svelamento dell’intimità di Ciampa, rivela la volontà di Eduardo di evidenziare, come per molti suoi personaggi, l’isolamento del protagonista rispetto agli altri. Un isolamento che acuisce anche l’incomprensione e l’ostilità degli altri personaggi. Aumentata la distanza dai suoi interlocutori il Ciampa di Eduardo diventa un uomo rassegnato al suo destino, con dei ritmi interiori che scandiscono un suo percorso trasversale rispetto a quello dei suoi antagonisti.
PAOLO STOPPA
Appare con tutta la sua arte recitativa, è il vero protagonista dell’opera. Nella versione televisiva, le inquadrature e i personaggi gli ruotano intorno, per evidenziarne la perizia interpretativa. La sua tecnica espressiva dà conto chiaramente dei sottotesti inerenti al suo personaggio, ogni gesto è ben calcolato, la recitazione è appropriata. Emerge la sua bravura di attore consumato, che si manifesta soprattutto nella comunicazione col pubblico, al quale sa regalare con sapiente dosaggio, sia gli effetti comici, sia quelli più grotteschi. Il suo è un Ciampa forte, tutt’uno con l’attore, è un Ciampa che sfida il dolore, cosciente della sua forza, lucido, razionale, che sa manipolare. Anche il tema della pazzia vi appare, più che come soluzione pacifica, come rivalsa, come arma per colpire non solo Beatrice, ma il contesto sociale dal quale Ciampa, nella sua condizione di dipendente, si sente escluso e che vuole sfidare.
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