Di Biagio Lauritano.
… il concetto di tempo pirandelliano, quello di tutti i personaggi delle sue opere, esiste perché essi godono di una propria autonomia oppure esso è il tempo vissuto da Pirandello? In altre parole i personaggi delle opere pirandelliane sono liberi di agire oppure sono condizionati dal passato del loro autore?…
Una personale riflessione sulla poetica pirandelliana
Per gentile concessione dell’Autore.
Una delle voci più caratteristiche del Novecento, Pirandello, ha sicuramente incentrato la sua poetica sulla ricerca interiore di una possibile soluzione al dilemma “sono solo io oppure sono anche gli altri?”. In altre parole Pirandello si chiede se, nella presa di coscienza del superamento della forma a vantaggio della vita con il conseguente distacco umoristico che ne consegue, noi ci distinguiamo dagli altri in quanto soggetti unici oppure rechiamo in noi, attraverso le esperienze fatte, le identità altrui.
Sinceramente penso che la risposta a questo dilemma sia praticamente impossibile poiché essere certi di una cosa o dell’altra significherebbe estraniarsi al di fuori del fluire del tempo ovvero guardare noi stessi da una prospettiva che non tenga conto delle nostre esperienze e, allo stesso modo, ciò comporterebbe l’impossibilità di ridurre la nostra singola identità al nulla poiché non certi che il volo pindarico in tale sforzo immaginario sia sogno o realtà. In altre parole procedendo in tal senso noi non riusciremmo più a distinguere il confine tra il sogno e la realtà; una tale prospettiva comporterebbe una serie di riflessioni che ci porterebbero sempre al punto di partenza.
A questo punto viene naturale chiedermi: allora il concetto di tempo pirandelliano, intendo quello di tutti i personaggi delle sue opere, esiste perché essi godono di una propria autonomia oppure esso è il tempo vissuto da Pirandello? In altre parole i personaggi delle opere pirandelliane sono liberi di agire oppure sono condizionati dal passato del loro autore? Secondo me dare una risposta a questa domanda è impossibile perché è impossibile tracciare un netto confine tra la realtà del vissuto di Pirandello e la finzione letteraria delle sue opere così come è impossibile capire quando noi prendiamo esattamente coscienza della differenza tra la forma e la vita.
Ciò che intendo dire è che se ne “Il fu Mattia Pascal” il protagonista, alla fine del romanzo, è destinato a rimanere isolato dalla società poiché sembra non aver preso perfettamente coscienza della differenza tra la forma e la vita, in “Uno, nessuno e centomila” il voler rinascere ogni giorno diverso del protagonista può significare paradossalmente la perdita della propria originalità di fronte ad una natura alienante.
E come si comporta Pirandello davanti ad una simile prospettiva? Io dico che semplicemente e paradossalmente egli esprime sempre e solo il suo punto di vista e, come per incanto, ci è impossibile distinguere la realtà delle nostre esperienze dal nostro vissuto interiore.
Biagio Lauritano
Ricevuto via mail il 16 ottobre 2024
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