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L’opera di Pirandello è quanto mai vasta, pervasiva, labirintica. Un cantiere sempre aperto, secondo la definizione di Giovanni Macchia. Questo vuol dire che disegnare una mappa per l’orientamento, stabilire degli itinerari e delle linee di confine, incasellare i singoli testi nella disciplina formale dei generi letterari è un lavoro di approssimazione, che non può non risultare insoddisfacente. Semmai, da tenere presente, da seguire come un filo rosso, è il dinamismo complessivo: dentro migliaia e migliaia di pagine circola un’energia inesausta, una corrente costruttiva e distruttiva, si fa sentire una voce implacabile, attraverso una polifonia drammatica. Questa è la vocazione dello scrittore, di questo particolare scrittore. Ed è un mistero, che sta all’origine, e poi si diffonde ovunque, lungo stagioni successive, sino alla fine. Un mistero per cui si possono trovare molte spiegazioni parziali che, sommate, lasciano tuttavia un residuo.
Il fenomeno Pirandello si rende possibile in Sicilia, a ridosso dell’unificazione nazionale, e reclama numerose fortuità e infelicità. A differenza di un Verga e di un Capuana, che si scoprono nella posizione di capostipiti, e invece a somiglianza di De Roberto, Pirandello ha alle sue spalle una generazione di modelli, assurti a notorietà oltre i confini dell’isola e degni di ammirazione e di emulazione. Ma mentre De Roberto fa le sue prove a Catania, miracolata capitale letteraria del Sud, a stretto e forse troppo stretto contatto con i maestri, Pirandello si forma a Girgenti. È una differenza rilevante, che spesso critici attestati esclusivamente su una dimensione cartacea non riescono a percepire come dato fondamentale.
Catania è un nucleo urbano, circondato dalla campagna, sotto il presidio dell’Etna. È una città di mare, con un’antica tradizione culturale, percorsa da vene illuministiche. Girgenti è periferia della periferia, geograficamente remota e quasi irraggiungibile. È greca e araba, scissa nella sua anima, come è separata e quasi contrapposta tra l’acropoli abbarbicata sulla collina e la linea maestosa dei templi dorici in rovina.

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