««« Raccolta “Fuori di chiave” (1912)
07.01. Sempre bestia
Nella Rivista d’Italia, ottobre 1901.
Senza far nulla, un leone è leone:
e un pover’uom dev’affrontar la morte
per avere l’onor del paragone
con quella bestia, senza stento, forte.
D’alti pensieri l’anima infelice
nutrite, si che s’alzi a eccelse mète.
Un gran premio v’aspetta. Vi si dice
che veramente un’aquila voi siete.
Sciogliete in soavissima armonia
il vostro chiuso intenso ardente duolo,
fatene una sublime poesia,
e vi diran che siete un rosignuolo.
Ma dunque per non essere una bestia
che dovrebbe far l’uomo? non far niente?
non pigliarsi ne affanno ne molestia?
E ciuco allora gli dirà la gente.
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Noto soprattutto per le numerose e caratteristiche novelle, le singolari opere teatrali e gli altrettanto peculiari romanzi, Pirandello, agli albori della sua carriera, fu anche poeta. Un poeta che, nonostante fosse solo agli inizi, lasciava già intravedere chiare tracce non solo del suo inconfondibile stile, ma soprattutto della sua particolare visione del mondo e della natura umana. Nel 1960 vennero per la prima volta pubblicate in un’unica raccolta tutte le opere poetiche dell’autore, accompagnate da testi inediti pazientemente ricercati e recuperati fra i numerosi scritti sparsi. L’amore ed i rapporti fra uomo e donna, tematiche chiave in Pirandello, spesso trasfigurate da ambientazioni irreali e mitiche, mostrano già quelle lacerazioni e contraddizioni che col tempo diventeranno segni distintivi dell’intera opera pirandelliana. Basti pensare al titolo della prima raccolta poetica dell’autore, Mal giocondo, ossimoro che, dietro l’apparente scherzo nell’accostare due termini così dissimili, quasi a volersi burlare del lettore, anticipa le antinomie e incoerenze che saranno parte integrante delle successive opere teatrali e dei romanzi.
Amore e odio, quindi, ma anche beltà e tristezza, giovinezza e vecchiaia, ricchezza e povertà: sentimenti forti e contrastanti, che sembrano prendere vita ed uscire dai versi con irruenza, per rispecchiarsi in ogni animo umano.
Ma vi traspare anche la sfiducia tipicamente pirandelliana nei confronti della società e della classe dirigente, soprattutto nel delicato momento storico che Pirandello si trova a vivere, subito dopo l’unità d’Italia (1870), e che si riflette nelle efficaci e forti immagini della folla romana, descritta con spietata ironia nei suoi aspetti più negativi, peccaminosi e lascivi.
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