Sei personaggi in cerca d’autore – Si riapre il sipario

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Premessa, Articolo
Prefazione dell’Autore
Personaggi, Inizio
Dopo la pausa
Si riapre il sipario

In English – Six characters in search of an author
En Español – Seis personajes en busca de autor

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Sei personaggi in cerca d autore - Si riapre il sipario
Compagnia di Eros Pagni, Sei personaggi in cerca d’autore, 2019. Immagine dal Web.

1921
Sei personaggi in cerca d’autore
Si riapre il sipario

       Riaprendosi il sipario si vedrà che i Macchinisti e Apparatori avranno disfatto quel primo simulacro di scena e messo su, invece, una piccola vasca da giardino.

       Da una parte del palcoscenico staranno seduti in fila gli Attori e dall’altra i Personaggi. Il Capocomico sarà in piedi, in mezzo al palcoscenico, con una mano sulla bocca a pugno chiuso in atto di meditare.

       IL CAPOCOMICO: (scrollandosi dopo una breve pausa) Oh, dunque: veniamo al Secondo Atto! Lascino, lascino fare a me, come avevamo prima stabilito, che andrà benone!

       LA FIGLIASTRA: La nostra entrata in casa di lui (indicherà il Padre) a dispetto di quello lì! (Indicherà il Figlio.)

       IL CAPOCOMICO: (spazientito) Sta bene; ma lasci fare a me, le dico!

       LA FIGLIASTRA: Purché appaja chiaro il dispetto!

       LA MADRE: (dal suo canto tentennando il capo) Per tutto il bene che ce n’è venuto…

       LA FIGLIASTRA: (voltandosi a lei di scatto) Non importa! Quanto più danno a noi, tanto più rimorso per lui!

       IL CAPOCOMICO: (spazientito) Ho capito, ho capito! E si terrà conto di questo in principio sopratutto! Non dubiti!

       LA MADRE: (supplichevole) Ma faccia che si capisca bene, la prego, signore, per la mia coscienza, ch’io cercai in tutti i modi –

       LA FIGLIASTRA: (interrompendo con sdegno, e seguitando) – di placarmi, di consigliarmi che questo dispetto non gli fosse fatto! (Al Capocomico:) La contenti, la contenti, perché è vero! Io ne godo moltissimo, perché, intanto, si può vedere: più lei è così supplice, più tenta d’entrargli nel cuore, e più quello lì si tien lontano: «as-sen-te!». Che gusto!

       IL CAPOCOMICO: Vogliamo insomma cominciarlo, questo Secondo Atto?

       LA FIGLIASTRA: Non parlo più! Ma badi che svolgerlo tutto nel giardino, come lei vorrebbe, non sarà possibile!

       IL CAPOCOMICO: Perché non sarà possibile?

       LA FIGLIASTRA: Perché lui (indicherà di nuovo il Figlio) se ne sta sempre chiuso in camera, appartato! E poi, in casa, c’è da svolgere tutta la parte di quel povero ragazzo lì, smarrito, come le ho detto.

       IL CAPOCOMICO: Eh già! Ma d’altra parte, capiranno, non possiamo mica appendere i cartellini o cambiar di scena a vista, tre o quattro volte per Atto!

       IL PRIMO ATTORE: Si faceva un tempo…

       IL CAPOCOMICO: Sì, quando il pubblico era forse come quella bambina lì!

       LA PRIMA ATTRICE: E l’illusione, più facile!

       IL PADRE: (con uno scatto, alzandosi) L’illusione? Per carità, non dicano l’illusione! Non adoperino codesta parola, che per noi è particolarmente crudele!

       IL CAPOCOMICO: (stordito) E perché, scusi?

       IL PADRE: Ma sì, crudele! crudele! Dovrebbe capirlo!

       IL CAPOCOMICO: E come dovremmo dire allora? L’illusione da creare, qua, agli spettatori –

       IL PRIMO ATTORE: – con la nostra rappresentazione –

       IL CAPOCOMICO: – l’illusione d’una realtà!

       IL PADRE: Comprendo, signore. Forse lei, invece, non può comprendere noi. Mi scusi! Perché – veda – qua per lei e per i suoi attori si tratta soltanto – ed è giusto – del loro giuoco.

       LA PRIMA ATTRICE: (interrompendo sdegnata) Ma che giuoco! Non siamo mica bambini! Qua si recita sul serio.

       IL PADRE: Non dico di no. E intendo, infatti, il giuoco della loro arte, che deve dare appunto – come dice il signore – una perfetta illusione di realtà.

       IL CAPOCOMICO: Ecco, appunto!

       IL PADRE: Ora, se lei pensa che noi come noi (indicherà sé e sommariamente gli altri cinque Personaggi) non abbiamo altra realtà fuori di questa illusione!

       IL CAPOCOMICO: (stordito, guardando i suoi Attori rimasti anch’essi come sospesi e smarriti) E come sarebbe a dire?

       IL PADRE: (dopo averli un po’ osservati, con un pallido sorriso) Ma sì, signori! Quale altra? Quella che per loro è un’illusione da creare, per noi è invece l’unica nostra realtà. (Breve pausa. Si avanzerà di qualche passo verso il Capocomico, e soggiungerà:) Ma non soltanto per noi, del resto, badi! Ci pensi bene. (Lo guarderà negli occhi.) Mi sa dire chi è lei? (E rimarrà con l’indice appuntato su lui.)

       IL CAPOCOMICO: (turbato, con un mezzo sorriso) Come, chi sono? – Sono io!

       IL PADRE: E se le dicessi che non è vero, perché lei è me?

       IL CAPOCOMICO: Le risponderei che lei è un pazzo!

       Gli Attori rideranno.

       IL PADRE: Hanno ragione di ridere: perché qua si giuoca; (al Capocomico:) e lei può dunque obbiettarmi che soltanto per un giuoco quel signore là (indicherà il Primo Attore), che è «lui», dev’esser «me», che viceversa sono io, «questo». Vede che l’ho colto in trappola?

       Gli Attori torneranno a ridere.

       IL CAPOCOMICO: (seccato) Ma questo s’è già detto poco fa! Daccapo?

       IL PADRE: No, no. Non volevo dir questo, infatti. Io la invito anzi a uscire da questo giuoco (guardando la Prima Attrice, come per prevenire) – d’arte! d’arte! – che lei è solito di fare qua coi suoi attori; e torno a domandarle seriamente: chi è lei?

       IL CAPOCOMICO: (rivolgendosi quasi strabiliato, e insieme irritato, agli Attori) Oh, ma guardate che ci vuole una bella faccia tosta! Uno che si spaccia per personaggio, venire a domandare a me, chi sono!

       IL PADRE: (con dignità, ma senza alterigia) Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre «qualcuno». Mentre un uomo – non dico lei, adesso – un uomo così in genere, può non esser «nessuno».

       IL CAPOCOMICO: Già! Ma lei lo domanda a me, che sono il Direttore! il Capocomico! Ha capito?

       IL PADRE: (quasi in sordina, con melliflua umiltà) Soltanto per sapere, signore, se veramente lei com’è adesso, si vede… come vede per esempio, a distanza di tempo, quel che lei era una volta, con tutte le illusioni che allora si faceva; con tutte le cose, dentro e intorno a lei, come allora le parevano – ed erano, erano realmente per lei! – Ebbene, signore: ripensando a quelle illusioni che adesso lei non si fa più; a tutte quelle cose che ora non le «sembrano» più come per lei «erano» un tempo; non si sente mancare, non dico queste tavole di palcoscenico, ma il terreno, il terreno sotto i piedi, argomentando che ugualmente «questo» come lei ora si sente, tutta la sua realtà d’oggi così com’è, è destinata a parerle illusione domani?

       IL CAPOCOMICO: (senza aver ben capito, nell’intontimento della speciosa argomentazione) Ebbene? E che vuol concludere con questo?

       IL PADRE: Oh, niente, signore. Farle vedere che se noi (indicherà di nuovo sé e gli altri Personaggi) oltre l’illusione, non abbiamo altra realtà, è bene che anche lei diffidi della realtà sua, di questa che lei oggi respira e tocca in sé, perché – come quella di jeri – è destinata a scoprirlesi illusione domani.

       IL CAPOCOMICO: (risolvendosi a prenderla in riso) Ah, benissimo! E dica per giunta che lei, con codesta commedia che viene a rappresentarmi qua, è più vero e reale di me!

       IL PADRE: (con la massima serietà) Ma questo senza dubbio, signore!

       IL CAPOCOMICO: Ah sì?

       IL PADRE: Credevo che lei lo avesse già compreso fin da principio.

       IL CAPOCOMICO: Più reale di me?

       IL PADRE: Se la sua realtà può cangiare dall’oggi al domani…

       IL CAPOCOMICO: Ma si sa che può cangiare, sfido! Cangia continuamente; come quella di tutti!

       IL PADRE: (con un grido) Ma la nostra no, signore! Vede?La differenza è questa! Non cangia, non può cangiare, né esser altra, mai, perché già fissata – così – «questa» – per sempre – (è terribile, signore!) realtà immutabile, che dovrebbe dar loro un brivido nell’accostarsi a noi!

       IL CAPOCOMICO: (con uno scatto, parandoglisi davanti per un’idea che gli sorgerà all’improvviso) Io vorrei sapere però, quando mai s’è visto un personaggio che, uscendo dalla sua parte, si sia messo a perorarla così come fa lei, e a proporla, a spiegarla. Me lo sa dire? Io non l’ho mai visto!

       IL PADRE: Non l’ha mai visto, signore, perché gli autori nascondono di solito il travaglio della loro creazione. Quando i personaggi son vivi, vivi veramente davanti al loro autore, questo non fa altro che seguirli nelle parole, nei gesti ch’essi appunto gli propongono; e bisogna ch’egli li voglia com’essi si vogliono; e guaj se non fa così! Quando un personaggio è nato, acquista subito una tale indipendenza anche dal suo stesso autore, che può esser da tutti immaginato in tant’altre situazioni in cui l’autore non pensò di metterlo, e acquistare anche, a volte, un significato che l’autore non si sognò mai di dargli!

       IL CAPOCOMICO: Ma sì, questo lo so!

       IL PADRE: E dunque, perché si fa meraviglia di noi? Immagini per un personaggio la disgrazia che le ho detto, d’esser nato vivo dalla fantasia d’un autore che abbia voluto poi negargli la vita, e mi dica se questo personaggio lasciato così, vivo e senza vita, non ha ragione di mettersi a fare quel che stiamo facendo noi, ora, qua davanti a loro, dopo averlo fatto a lungo, a lungo, creda, davanti a lui per persuaderlo, per spingerlo, comparendogli ora io, ora lei (indicherà la Figliastra), ora quella povera madre…

       LA FIGLIASTRA: (venendo avanti come trasognata) – È vero, anch’io, anch’io, signore, per tentarlo, tante volte, nella malinconia di quel suo scrittojo, all’ora del crepuscolo, quand’egli, abbandonato su una poltrona, non sapeva risolversi a girar la chiavetta della luce e lasciava che l’ombra gl’invadesse la stanza e che quell’ombra brulicasse di noi, che andavamo a tentarlo… (Come se si vedesse ancora là in quello scrittojo e avesse fastidio della presenza di tutti quegli Attori:) Se loro tutti se n’andassero! se ci lasciassero soli! La mamma lì, con quel figlio – io con quella bambina – quel ragazzo là sempre solo – e poi io con lui (indicherà appena il Padre) – e poi io sola, io sola… – in quell’ombra (balzerà a un tratto, come se nella visione che ha di sé, lucente in quell’ombra e viva, volesse afferrarsi) ah, la mia vita! Che scene, che scene andavamo a proporgli! – Io, io lo tentavo più di tutti!

       IL PADRE: Già! Ma forse è stato per causa tua; appunto per codeste tue troppe insistenze, per le tue troppe incontinenze!

       LA FIGLIASTRA: Ma che! Se egli stesso m’ha voluta così! (Verrà presso al Capocomico per dirgli come in confidenza:) Io credo che fu piuttosto, signore, per avvilimento o per sdegno del teatro, così come il pubblico solitamente lo vede e lo vuole…

       IL CAPOCOMICO: Andiamo avanti, andiamo avanti, santo Dio, e veniamo al fatto, signori miei!

       LA FIGLIASTRA: Eh, ma mi pare, scusi, che di fatti ne abbia fin troppi, con la nostra entrata in casa di lui! (Indicherà il Padre.) Diceva che non poteva appendere i cartellini o cangiar di scena ogni cinque minuti!

       IL CAPOCOMICO: Già! Ma appunto! Combinarli, aggrupparli in un’azione simultanea e serrata; e non come pretende lei, che vuol vedere prima il suo fratellino che ritorna dalla scuola e s’aggira come un’ombra per le stanze, nascondendosi dietro gli usci a meditare un proposito, in cui – com’ha detto? –

       LA FIGLIASTRA: – si dissuga, signore, si dissuga tutto!

       IL CAPOCOMICO: Non ho mai sentito codesta parola! E va bene: «crescendo soltanto negli occhi», è vero?

       LA FIGLIASTRA: Sissignore: eccolo lì! (Lo indicherà presso la Madre.)

       IL CAPOCOMICO: Brava! E poi, contemporaneamente, vorrebbe anche quella bambina che giuoca, ignara, nel giardino. L’uno in casa, e l’altra nel giardino, è possibile?

       LA FIGLIASTRA: Ah, nel sole, signore, felice! È l’unico mio premio, la sua allegria, la sua festa, in quel giardino; tratta dalla miseria, dallo squallore d’un’orribile camera dove dormivamo tutti e quattro – e io con lei – io, pensi! con l’orrore del mio corpo contaminato, accanto a lei che mi stringeva forte forte coi suoi braccini amorosi e innocenti. Nel giardino, appena mi vedeva, correva a prendermi per mano. I fiori grandi non li vedeva; andava a scoprire invece tutti quei «pittoli pittoli» e me li voleva mostrare, facendo una festa, una festa!

       Così dicendo, straziata dal ricordo, romperà in un pianto lungo, disperato, abbattendo il capo sulle braccia abbandonate sul tavolino. La commozione vincerà tutti. Il Capocomico le si accosterà quasi paternamente, e le dirà per confortarla:

       IL CAPOCOMICO: Faremo il giardino, faremo il giardino, non dubiti: e vedrà che ne sarà contenta! Le scene le aggrupperemo lì. (Chiamando per nome un Apparatore:) Ehi, càlami qualche spezzato d’alberi! Due cipressetti qua davanti a questa vasca!

       Si vedranno calare dall’alto del palcoscenico due cipressetti. Il Macchinista, accorrendo, fermerà coi chiodi i due pedani.

       IL CAPOCOMICO: (alla Figliastra) Così alla meglio, adesso, per dare un’idea. (Richiamerà per nome l’Apparatore:) Ehi, dammi ora un po’ di cielo!

       L’APPARATORE: (dall’alto) Che cosa?

       IL CAPOCOMICO: Un po’ di cielo! Un fondalino, che cada qua dietro questa vasca!

       Si vedrà calare dall’alto del palcoscenico una tela bianca.

       IL CAPOCOMICO: Ma non bianco! T’ho detto cielo! Non fa nulla, lascia: rimedierò io. (Chiamando:) Ehi, elettricista, spegni tutto e dammi un po’ di atmosfera… atmosfera lunare… blu, blu alle bilance, e blu sulla tela, col riflettore… Così! Basta!

       Si sarà fatta, a comando, una misteriosa scena lunare, che indurrà gli Attori a parlare e muoversi come di sera, in un giardino, sotto la luna.

       IL CAPOCOMICO: (alla Figliastra) Ecco, guardi! E ora il giovinetto, invece di nascondersi dietro gli usci delle stanze, potrebbe aggirarsi qua nel giardino, nascondendosi dietro gli alberi. Ma capirà che sarà difficile trovare una bambina che faccia bene la scena con lei, quando le mostra i fiorellini. (Rivolgendosi al Giovinetto:) Venga, venga avanti lei, piuttosto! Vediamo di concretare un po’! (E poiché il ragazzo non si muove:) Avanti, avanti! (Poi, tirandolo avanti, cercando di fargli tener ritto il capo che ogni volta ricasca giù:) Ah, dico, un bel guajo, anche questo ragazzo… Ma com’è?… Dio mio, bisognerebbe pure che qualche cosa dicesse… (Gli s’appresserà, gli poserà una mano sulla spalla, lo condurrà dietro allo spezzato d’alberi.) Venga, venga un po’: mi faccia vedere! Si nasconda un po’ qua… Così… Si provi a sporgere un po’ il capo, a spiare… (Si scosterà per vedere l’effetto: e appena il Giovinetto eseguirà l’azione tra lo sgomento degli Attori che ne restano impressionatissimi:) Ah, benissimo… benissimo… (Rivolgendosi alla Figliastra:) E dico, se la bambina, sorprendendolo così a spiare, accorresse a lui e gli cavasse di bocca almeno qualche parola?

       LA FIGLIASTRA: (sorgendo in piedi) Non speri che parli, finché c’è quello lì! (Indicherà il Figlio.) Bisognerebbe che lei mandasse via, prima, quello lì.

       IL FIGLIO: (avviandosi risoluto verso una delle due scalette) Ma prontissimo! Felicissimo! Non chiedo di meglio!

       IL CAPOCOMICO: (subito trattenendolo) No! Dove va? Aspetti!

       La Madre si alzerà, sgomenta, angosciata dal pensiero che egli se ne vada davvero, e istintivamente leverà le braccia quasi per trattenerlo, pur senza muoversi dal suo posto.

       IL FIGLIO: (arrivato alla ribalta, al Capocomico che lo tratterrà) Non ho proprio nulla, io, da far qui! Me ne lasci andare, la prego! Me ne lasci andare!

       IL CAPOCOMICO: Come non ha nulla da fare?

       LA FIGLIASTRA: (placidamente, con ironia) Ma non lo trattenga! Non se ne va!

       IL PADRE: Deve rappresentare la terribile scena del giardino con sua madre!

       IL FIGLIO: (subito, risoluto, fieramente) Io non rappresento nulla! E l’ho dichiarato fin da principio! (Al Capocomico:) Me ne lasci andare!

       LA FIGLIASTRA: (accorrendo, al Capocomico) Permette, signore? (Gli farà abbassare le braccia, con cui trattiene – il Figlio.) Lo lasci! (Poi, rivolgendosi a lui, appena il Capocomico lo avrà lasciato:) Ebbene, vattene!

       Il Figlio resterà proteso verso la scaletta, ma, come legato da un potere occulto, non potrà scenderne gli scalini; poi, tra lo stupore e lo sgomento ansioso degli Attori, si moverà lentamente lungo la ribalta, diretto all’altra scaletta del palcoscenico; ma giuntovi, resterà anche lì proteso, senza poter discendere. La Figliastra, che lo avrà seguito con gli occhi in atteggiamento di sfida, scoppierà a ridere.

       – Non può, vede? non può! Deve restar qui, per forza, legato alla catena, indissolubilmente. Ma se io che prendo il volo, signore, quando accade ciò che deve accadere – proprio per l’odio che sento per lui, proprio per non vedermelo più davanti – ebbene, se io sono ancora qua, e sopporto la sua vista e la sua compagnia – si figuri se può andarsene via lui che deve, deve restar qua veramente con questo suo bel padre, e quella madre là, senza più altri figli che lui… (Rivolgendosi alla Madre:) – E su, su, mamma! Vieni… (Rivolgendosi al Capocomico per indicargliela:) – Guardi, s’era alzata, s’era alzata per trattenerlo… (Alla Madre, quasi attirandola per virtù magica:) – Vieni, vieni… (Poi, al Capocomico:) – Immagini che cuore può aver lei di mostrare qua ai suoi attori quello che prova; ma è tanta la brama d’accostarsi a lui, che – eccola – vede? – è disposta a vivere la sua scena!

       Difatti la Madre si sarà accostata, e appena la Figliastra finirà di proferire le ultime parole, aprirà le braccia per significare che acconsente.

       IL FIGLIO: (subito) Ah, ma io no! Io no! Se non me ne posso andare, resterò qua; ma le ripeto che io non rappresento nulla!

       IL PADRE: (al Capocomico, fremendo) Lei lo può costringere, signore!

       IL FIGLIO: Non può costringermi nessuno!

       IL PADRE: Ti costringerò io!

       LA FIGLIASTRA: Aspettate! Aspettate! Prima, la bambina alla vasca! (Correrà a prendere la Bambina, si piegherà sulle gambe davanti a lei, le prenderà la faccina tra le mani.) Povero amorino mio, tu guardi smarrita, con codesti occhioni belli: chi sa dove ti par d’essere! Siamo su un palcoscenico, cara! Che cos’è un palcoscenico? Ma, vedi? un luogo dove si giuoca a far sul serio. Ci si fa la commedia. E noi faremo ora la commedia. Sul serio, sai! Anche tu… (L’abbraccerà, stringendosela sul seno e dondolandosi un po’.) Oh amorino mio, amorino mio, che brutta commedia farai tu! che cosa orribile è stata pensata per te! Il giardino, la vasca… Eh, finta, si sa! Il guajo è questo, carina: che è tutto finto, qua! Ah, ma già forse a te, bambina, piace più una vasca finta che una vera; per poterci giocare, eh? Ma no, sarà per gli altri un gioco; non per te, purtroppo, che sei vera, amorino, e che giochi per davvero in una vasca vera, bella, grande, verde, con tanti bambù che vi fanno l’ombra, specchiandovisi, e tante tante anatrelle che vi nuotano sopra, rompendo quest’ombra. Tu la vuoi acchiappare, una di queste anatrelle… (Con un urlo che riempie tutti di sgomento:) no, Rosetta mia, no! La mamma non bada a te, per quella canaglia di figlio là! Io sono con tutti i miei diavoli in testa… E quello lì… (Lascerà la Bambina e si rivolgerà col solito piglio al Giovinetto:) Che stai a far qui, sempre con codest’aria di mendico? Sarà anche per causa tua, se quella piccina affoga: per codesto tuo star così, come se io facendovi entrare in casa non avessi pagato per tutti! (Afferrandogli un braccio per forzarlo a cacciar fuori dalla tasca una mano:) Che hai lì? Che nascondi? Fuori, fuori questa mano! (Gli strapperà la mano dalla tasca e, tra l’orrore di tutti, scoprirà ch’essa impugna una rivoltella. Lo mirerà un po’ come soddisfatta: poi dirà, cupa:) Ah! Dove, come te la sei procurata? (E, poiché il Giovinetto, sbigottito, sempre con gli occhi sbarrati e vani, non risponderà:) Sciocco, in te, invece d’ammazzarmi, io, avrei ammazzato uno di quei due; o tutti e due: il padre e il figlio!

       Lo ricaccerà dietro al cipressetto da cui stava a spiare; poi prenderà la Bambina e la calerà dentro la vasca, mettendovela a giacere in modo che resti nascosta; infine, si accascerà lì, col volto tra le braccia appoggiate all’orlo della vasca.

       IL CAPOCOMICO: Benissimo! (Rivolgendosi al Figlio:) E contemporaneamente…

       IL FIGLIO: (con sdegno) Ma che contemporaneamente! Non è vero, signore! Non c’è stata nessuna scena tra me e lei! (Indicherà la Madre.) Se lo faccia dire da lei stessa, come è stato.

       Intanto la Seconda Donna e l’Attor Giovane si saranno staccati dal gruppo degli Attori e l’una si sarà messa a osservare con molta attenzione la Madre che le starà di fronte, e l’altro il Figlio, per poterne poi rifare le parti.

       LA MADRE: Sì, è vero, signore! Io ero entrata nella sua camera.

       IL FIGLIO: Nella mia camera, ha inteso? Non nel giardino!

       IL CAPOCOMICO: Ma questo non ha importanza! Bisogna raggruppar l’azione, ho detto!

       IL FIGLIO: (scorgendo l’Attor Giovane che l’osserva)Che cosa vuol lei?

       L’ATTOR GIOVANE: Niente; la osservo.

       IL FIGLIO: (voltandosi dall’altra parte, alla Seconda Donna) Ah – e qua c’è lei? Per rifar la sua parte? (Indicherà la Madre.)

       IL CAPOCOMICO: Per l’appunto! Per l’appunto! E dovrebbe esser grato, mi sembra, di questa loro attenzione!

       IL FIGLIO: Ah, sì! Grazie! Ma non ha ancora compreso che questa commedia lei non la può fare? Noi non siamo mica dentro di lei, e i suoi attori stanno a guardarci da fuori. Le par possibile che si viva davanti a uno specchio che, per di più, non contento d’agghiacciarci con l’immagine della nostra stessa espressione, ce la ridà come una smorfia irriconoscibile di noi stessi?

       IL PADRE: Questo è vero! Questo è vero. Se ne persuada!

       IL CAPOCOMICO: (all’Attor Giovane e alla Seconda Donna) Va bene, si levino davanti!

       IL FIGLIO: È inutile! Io non mi presto.

       IL CAPOCOMICO: Si stia zitto, adesso, e mi lasci sentir sua madre! (Alla Madre:) Ebbene? Era entrata?

       LA MADRE: Sissignore, nella sua camera, non potendone più. Per votarmi il cuore di tutta l’angoscia che m’opprime. Ma appena lui mi vide entrare –

       IL FIGLIO: – nessuna scena! Me ne andai; me n’andai per non fare una scena. Perché non ho mai fatto scene, io; ha capito?

       LA MADRE: E vero! È così. È così!

       IL CAPOCOMICO: Ma ora bisogna pur farla questa scena tra lei e lui! È indispensabile!la madre Per me, signore, io sono qua! Magari mi desse lei il modo di potergli parlare un momento, di potergli dire tutto quello che mi sta nel cuore.

       IL PADRE: (appressandosi al Figlio, violentissimo) Tu la farai! per tua madre! per tua madre!

       IL FIGLIO: (più che mai risoluto) Non faccio nulla!

       IL PADRE: (afferrandolo per il petto, e scrollandolo) Per Dio, obbedisci! Obbedisci! Non senti come ti parla? Non hai viscere di figlio?

       IL FIGLIO: (afferrandolo anche lui) No! No! e finiscila una buona volta!

       Concitazione generale. La Madre, spaventata, cercherà di interporsi, di separarli.

       LA MADRE: (c.s.) Per carità! Per carità!

       IL PADRE: (senza lasciarlo) Devi obbedire! Devi obbedire!

       IL FIGLIO: (colluttando con lui e alla fine buttandolo a terra presso la scaletta, tra l’orrore di tutti) Ma che cos’è codesta frenesia che t’ha preso? Non ha ritegno di portare davanti a tutti la sua vergogna e la nostra! Io non mi presto! non mi presto! E interpreto così la volontà di chi non volle portarci sulla scena!

       IL CAPOCOMICO: Ma se ci siete venuti!

       IL FIGLIO: (additando il Padre) Lui, non io!

       IL CAPOCOMICO: E non è qua anche lei?

       IL FIGLIO: C’è voluto venir lui, trascinandoci tutti e prestandosi anche a combinare di là insieme con lei non solo quello che è realmente avvenuto; ma come se non bastasse, anche quello che non c’è stato!

       IL CAPOCOMICO: Ma dica, dica lei almeno che cosa c’è stato! Lo dica a me! Se n’è uscito dalla sua camera, senza dir nulla?

       IL FIGLIO: (dopo un momento d’esitazione) Nulla. Proprio per non fare una scena!

       IL CAPOCOMICO: (incitandolo) Ebbene, e poi: che ha fatto?

       IL FIGLIO: (tra l’angosciosa attenzione di tutti, movendo alcuni passi sul proscenio) Nulla… Attraversando il giardino… (S’interromperà, fosco, assorto.)

       IL CAPOCOMICO: (spingendolo sempre più a dire, impressionato dal ritegno di lui) Ebbene: attraversando il giardino?

       IL FIGLIO: (esasperato, nascondendo il volto con un braccio) Ma perché mi vuol far dire, signore? È orribile!

       La Madre tremerà tutta, con gemiti soffocati, guardando verso la vasca.

       IL CAPOCOMICO: (piano, notando quello sguardo, si rivolgerà al Figlio con crescente apprensione) La bambina?

       IL FIGLIO: (guardando davanti a sé, nella sala) Là, nella vasca…

       IL PADRE: (a terra, indicando pietosamente la Madre) E lei lo seguiva, signore!

       IL CAPOCOMICO: (al Figlio, con ansia) E allora, lei?

       IL FIGLIO: (lentamente, sempre guardando davanti a sé) Accorsi; mi precipitai per ripescarla… Ma a un tratto m’arrestai, perché dietro quegli alberi vidi una cosa che mi gelò: il ragazzo, il ragazzo che se ne stava lì fermo, con occhi da pazzo, a guardare nella vasca la sorellina affogata.

       La Figliastra, rimasta curva presso la vasca a nascondere la Bambina, risponderà come un’eco dal fondo, singhiozzando perdutamente.

       Pausa.

       Feci per accostarmi; e allora…

       Rintronerà dietro gli alberi, dove il Giovinetto è rimasto nascosto, un colpo di rivoltella.

       LA MADRE: (con un grido straziante, accorrendo col Figlio e con tutti gli Attori in mezzo al subbuglio generale) Figlio! Figlio mio! (E poi, fra la confusione e le grida sconnesse degli altri:) Ajuto! Ajuto!

       IL CAPOCOMICO: (tra le grida, cercando di farsi largo, mentre il Giovinetto sarà sollevato da capo e da piedi e trasportato via, dietro la tenda bianca) S’è ferito? s’è ferito davvero?

       Tutti, tranne il Capocomico e il Padre, rimasto per terra presso la scaletta, saranno scomparsi dietro il fondalino abbassato, che fa da cielo, e vi resteranno un po’ parlottando angosciosamente. Poi, da una parte e dall’altra di esso, rientreranno in iscena gli Attori.

       LA PRIMA ATTRICE: (rientrando da destra, addolorata) È morto! Povero ragazzo! È morto! Oh che cosa!

       IL PRIMO ATTORE: (rientrando da sinistra, ridendo) Ma che morto! Finzione! finzione! Non ci creda!

       ALTRI ATTORI DA DESTRA: Finzione? Realtà! realtà! È morto!

       ALTRI ATTORI DA SINISTRA: No! Finzione! Finzione!il padre (levandosi e gridando tra loro) Ma che finzione! Realtà, realtà, signori! realtà! (E scomparirà anche lui, disperatamente, dietro il fondalino.)

       IL CAPOCOMICO: (non potendone più) Finzione! realtà! Andate al diavolo tutti quanti! Luce! Luce! Luce! (D’un tratto, tutto il palcoscenico e tutta la sala del teatro sfolgoreranno di vivissima luce. Il Capocomico rifiaterà come liberato da un incubo, e tutti si guarderanno negli occhi, sospesi e smarriti.) Ah! Non m’era mai capitata una cosa simile! M’hanno fatto perdere una giornata! (Guarderà l’orologio.) Andate, andate! Che volete più fare adesso? Troppo tardi per ripigliare la prova. A questa sera! (E appena gli Attori se ne saranno andati, salutandolo:) Ehi, elettricista, spegni tutto! (Non avrà finito di dirlo, che il teatro piomberà per un attimo nella più fitta oscurità.) Eh, perdio! Lasciami almeno accesa una lampadina, per vedere dove metto i piedi!

       Subito, dietro il fondalino, come per uno sbaglio d’attacco, s’accenderà un riflettore verde, che proietterà, grandi e spiccate, le ombre dei Personaggi, meno il Giovinetto e la Bambina. Il Capocomico, vedendole, schizzerà via dal palcoscenico, atterrito. Contemporaneamente, si spegnerà il riflettore dietro il fondalino, e si rifarà sul palcoscenico il notturno azzurro di prima. Lentamente, dal lato destro della tela verrà prima avanti il Figlio, seguito dalla Madre con le braccia protese verso di lui; poi dal lato sinistro il Padre. Si fermeranno a metà del palcoscenico, rimanendo lì come forme trasognate. Verrà fuori, ultima, da sinistra, la Figliastra che correrà verso una delle scalette; sul primo scalino si fermerà un momento a guardare gli altri tre e scoppierà in una stridula risata, precipitandosi poi giù per la scaletta; correrà attraverso il corridojo tra le poltrone; si fermerà ancora una volta e di nuovo riderà, guardando i tre rimasti lassù; scomparirà dalla sala, e ancora, dal ridotto, se ne udrà la risata. Poco dopo calerà la

Tela

1921 – Sei personaggi in cerca d’autore – Commedia da fare
Premessa, Articolo
Prefazione dell’Autore
Personaggi, Inizio
Dopo la pausa
Si riapre il sipario

In English – Six characters in search of an author
En Español – Seis personajes en busca de autor

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