Di Biagio Lauritano.
Nella narrativa pirandelliana emergono sempre i concetti di spazio e tempo che sono strettamente correlati senza che si possa stabilire perciò un netto confine tra loro.
È come se lo spazio confluisse nel tempo alimentando il non senso e la sorpresa del lettore.
Breve riflessione sui concetti di spazio e tempo nella narrativa pirandelliana
Per gentile concessione dell’Autore.
Nella narrativa pirandelliana emergono sempre i concetti di spazio e tempo che sono strettamente correlati senza che si possa stabilire perciò un netto confine tra loro. In altre parole si tratta di due concetti caratterizzati da una percezione mitologica da parte del lettore in quanto essere consapevole da parte del lettore dello spazio comporta, da parte sua, anche la coscienza del tempo interiore dei personaggi delle opere pirandelliane.
È come se lo spazio confluisse nel tempo alimentando il non senso e la sorpresa del lettore. E questo accade, per esempio, quando, ne “Il fu Mattia Pascal”, Adriano Meis in preda all’alienazione causatagli dal progresso della neonata società di massa (in questo caso egli si trova a Milano e si sente spersonalizzato stando sul tram) ritorna poi nella sua camera di albergo dove tenta di avere un dialogo con il canarino in gabbia che non è altro che un monologo con se stesso. Ciò sta a significare che lo spazio della natura, oramai vano ricordo del passato, è stato sostituito da un nuovo spazio, quello urbano ed alienante delle strade asfaltate della metropoli, il quale penetra nella mente di Adriano Meis dilatandosi a misura del suo tempo interiore e facendo intendere che la narrazione del protagonista è perciò non realistica cioè inattendibile.
La stessa cosa capita anche quando il fu Mattia Pascal porta i fiori sulla sua tomba la quale, fungendo da archetipo spaziale, diventa proiezione interiore dello stato d’animo del protagonista.
Per arrivare a Vitangelo Moscarda che alla fine di “Uno, nessuno e centomila” decide di rinascere diverso ogni giorno arrivando così ad identificarsi con la natura: in tal caso lo spazio esterno e il tempo interiore del protagonista sono un tutt’uno proteso nell’attesa onirica dell’avvenire ovvero, diversamente dal panismo dannunziano che rappresenta il presente, lo spazio-tempo pirandelliano è un anelito verso l’avvenire che coincide in tal caso col divenire.
Biagio Lauritano
Ricevuto via mail il 14 dicembre 2024
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