Da «Il dramma» Num. 227/228 – Agosto/Settembre 1955.
Audio letture di Giuseppe Tizza.
25 maggio 1917- Firenze (biglietto da Visita)
Luigi Pirandello, presenta all’Illustre Amico Ruggero Ruggeri il suo fratello Ing. Giovanni che gli reca il copione annunziato della nuova commedia Il piacere dell’onestà. In attesa del Suo giudizio, cordialmente ringraziando, gli stringe la mano. lndirizzo: Via Alessandro Torlonia, 15, Roma.
Roma 6 agosto 1917 – Via Alessandro Torlonia, 15
Illustre Amico, ho riletto di questi giorni Il piacere dell’onestà e ho visto che si può benissimo insertare nell scena del 2° atto tra Baldovino e Maurizio Setti la parte che può parer ridondante nella scena finale del 1° atto tra Baldovino e il Marchese Fabio Colli. Cosi il 1° atto resterà un po’ alleggerito e il 2° verrà più in carne. Forse questa semplice trasposizione (che non sarà altro) si potrà fare d’accordo alle prove a Torino, se Lei crede; o se no, la farò io qua, subito. In questo caso, mi faccia sapere a Suo comodo, dove potrei mandarle in tempo utile il manoscritto così corretto. Avrei voluto prima di lasciar Milano, venire a salutarla e a sentir le sue impressioni sul Così è (se vi pare). Ma mi toccò partire a precipizio il giorno dopo la prima rappresentazione, alle ore 6 del mattino. Secondo me, nella recità venne in parte rotto il difficilissimo equilibrio su cui la parabola si regge, tra la commedia della curiosità e il dramma ignoto. Fu troppo colorita e accentuata la commedia, da un canto; e fu, almeno la prima sera, troppo eccessivo il Lupi, per quanto io alle prove gli avessi raccomandato di tenersi in misura. Ma so che nelle, repliche andò sempre meglio, e che la parabola appassionò moltissimo il pubblico e la critica. A Bologna, l’esito fu addirittura trionfale. Speriamo che lo stesso avvenga a Torino, dove andrà in ottobre. Così sarà meglio preparata l’attenzione del pubblico per la prima del Piacere dell’onestà. Dario Niccodemi mi ha presentato qua a Roma alla Sig.na Vera Vergani, a cui dissi che avrei avuto il piacere d’averla interprete a novembre della nuova Commédia. Dissi “forse”, veramente; perchè non so poi come Lei, illustre amico, vorrà disporre. Attendo ora un Suo cenno e Le stringo cordialmente la mano, pregandola di porgere il mio devoto ossequio alla sua Mamma.
Suo aff.mo LUIGI PIRANDELLO
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Firenze, 6 settembre 1917
E come sarebbe, se da una parte e dall’altra buttassimo via “l’illustre” e scrivessimo, secondo verità, “Caro Amico”? Ecco:
Caro Amico, Le scrivo da Firenze, dove fui prima per circa quindici giorni, e dove son tornato adesso da otto, per il mio secondo figliolo sotto le armi e infermo ora a questo ospedale di Santa Maria Nuova, d’una grave enterocolite cronica. Spero che i signori medici militari finiranno per riconoscere il male e mi lasceranno riportare a Roma in licenza o rivedibile il povero ragazzo (non ha ancora i8 anni) già anemico e molto deperito. Nei pochi giorni passati a Roma tra la prima e la seconda venuta a Firenze ho fatto la trasposizione dal 1° al 2° atto di circa un terzo dell’ultima scena. Qualche lieve ritocco ho fatto anche qua e là al 3° atto. E Le rimando, così riveduto e corretto, il copione della commedia. Se altre correzioni ci saranno da fare, le faremo alle prove. Non mi par l’ora di ritornarmene a casa a lavorare: non ho avuto più un momento di requie dal 7 di giugno, tra commissioni d’esami e fastidi e pensieri per questo mio povero ragazzo malato e costretto a servire. Ma temo purtroppo che non mi lasceranno quieto così presto! E ormai da un pezzo, caro Ruggeri, la vita, fuori dei miei libri e delle mie carte, è per me un incubo intollerabile! Mi ossequi la sua cara Mamma e mi creda sempre, coi più cordiali saluti.
Suo aff.mo amico LUIGI PIRANDELLO
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Roma, 25 ottobre 1917
Caro Amico, pare un destino! In mezzo agli esami per la prima di Così è (se vi pare) lo scorso giugno, a Milano; e in mezzo agli esami per la prima di Il piacere dell’onestà, ora a Torino. Non potrò districarmi dall’ingranaggio delle Commissioni, prima della sera del 10 p. v. Partirei con la corsa delle 20, e sarei da Lei, al “Carignano”, la mattina del giorno 11. Se crede e non ha nulla in contrario si potrebbe spostare di qualche giorno la prima rappresentazione, rimandandola cioè al 16 novembre (venerdì). O se no, assisterei alle ultime tre prove soltanto (compresa la prova generale) e si andrebbe il 13. A Sua scelta. Le mando una copia della mia commedia Se non così, pubblicata or ora dal Treves. La leggerà in qualche ritaglio di tempo. Intanto Le stringo forte forte la mano, e a rivederci presto a Torino con la buona fortuna.
Suo aff.mo amico LUIGI PIRANDELLO
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R. ISTITUTO SUPERIORE DI MAGISTERO FEMMINILE ROMA – Il direttore
Roma 9 novembre 1917
Caro Amico, sta bene. Lascio a Lei la scelta del momento più opportuno, quantunque per conto mio, delle disposizioni più o meno favorevoli del pubblico poco mi curi. Io so di dir sempre, con l’arte mia, qualcosa che al pubblico d’oggi non può in nessun modo essere accetta. Baldovino mi sembra un bel tipo, e più bello – son sicuro – mi sembrerà, quando Lei lo farà vivere sulla scena, come Lei solo sa fare. Aspetto la data precisa e intanto Le stringo affettuosamente la mano.
– Suo aff.mo amico LUIGI PIRANDELLO
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Roma, 4 dicembre 1917
Caro Amico, ho tardato a rispondere al Suo affettuoso telegramma, perchè in attesa ancora d’una risposta del Prof. Luigi Bacci, a cui ho domandato, subito appena arrivato a Roma, qualche notizia intorno a una traduzione italiana decente di La vita è un sogno del Calderon de la Barca. Il Fleres purtroppo ne aveva cominciato la traduzione, ma la lasciò in sospeso. Spero che il Bacci ne troverà qualcuna. Appena me ne darà notizia, gliela comunicherò. Dunque, Il Piacere dell’onestà ha avuto sempre migliori sorti nelle recite successive? Ne sono proprio lieto! Il mio rammarico è non aver potuto veder Lei vivere sulla scena il personaggio: l’ho appena intravisto da un forellino d’una quinta. Ma La vedrò, se Dio vuole, a Roma, al “Quirino”, il venturo ottobre. Ho ricevuto il telegramma di congratulazioni Martoglio-Musco-Pandolfini, in una lettera del signor Contento che mi annunziava le ulteriori repliche della commedia fino al compimentò della stagione; e grazie anche di questo. Le mando, seguendo ii suo desiderio, l’estratto della commedia Pensaci, Giacomino, e intanto, sempre memore e grato di quanto Le debbo, Le porgo i miei più cordiali saluti.
Suo aff.mo amico LUIGI PIRANDELLO
Roma, 11 dicembre 1917
Mio caro Ruggeri, Le mando il primo volume del teatro scelto di Calderon de la Barca, nel quale troverà in prima, nel suo testo spagnuolo, La vita es sueno. Di traduzioni italiane non ne ho trovate. Ce n’era una, forse, nella vecchia edizione del Teatro Spagnuolo del Pomba in otto volumi, da anni esaurita. Non è escluso che qualche copia si possa ancora trovare in qualche libreria antiquaria. Se Lei vuole, dopo aver preso visione del testo, potrei incaricare della traduzione Ugo Fleres, che già tradusse per l’antica Stabile romana ai tempi del povero Boutet L’Alcalde de Zalamea. Nessuno, credo, meglio del Fleres sarebbe in grado di farlo. Ho idea che ne abbia già per suo conto cominciata la traduzione. Potrei sentire, appena Lei me ne mostrasse il desiderio. Speriamo che stasera vada bene anche a Genova Il Piacere dell’onestà. Arrivato a Roma da Torino trovai un telegramma di Sabatino Lopez che mi chiedeva con urgenza il copione della commedia. Evidentemente aveva ricevuta qualche richiesta. Gli risposi senz’altro che avevo ceduto a Lei il lavoro senza limiti nè di luogo nè di tempo. In attesa di sue notizie Le stringo intanto cordialmente la mano.
Suo aff.mo amico LUIGI PIRANDELLO
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Roma 18 dicembre 1917
Caro Amico, non c’è bisogno ch’Ella mi rimandi il volume del Calderon: se vuole, può tenerselo per mio ricordo. La ringrazio dell’invio dei giornali di Genova, tutti (miracolo!) favorevoli alla nostra commedia. Peccato che i tempi non siano purtroppo propizii alla consacraziote d’un autentico successo con una lunga serie di repliche… Pazienza! Io seguito a scrivere, perchè non ne posso far di meno: non ho vita per me, fuori di quella che creo, scrivendo; scrivo, dunque, per vivere; o piuttosto, per sentirmi vivo in qualche modo nelle tristi creature, che dal tormento della mia esistenza, dalle dure e aspre mie esperienze riescono a trar vita. E ne godo ben poco, creda. Ho mandato a Talli tre giorni fa il copione de L’innesto. Non ho avuto ancora risposta, se intende darlo al “Manzoni” il prossimo gennaio, o poi. Glielo saprò dire, appena mi scriverà. Ma non credo i due lavori possano danneggiarsi, perchè sono del tutto diversi. Spero d’aver pronto per l’aprile o per maggio venturo un nuovo lavoro per Lei: ci sto pensando. Ma voglio naturalmente che sia bello, dovendolo dare a Lei. Ho un’idea, ancora in aria, che mi seduce… Grazie, ancora una volta, di tutto e mi creda sempre, coi più cari saluti,
cordialissimamente suo amico LUIGI PIRANDELLO
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Roma, 31 dìcembre 1917
Caro Amico, spiego il mio telegramma di ieri. Credevo, da una frase contenuta nella sua ultima lettera da Genova, che Ella esitasse a mettere in scena a Milano Il piacere dell’onestà, nuovo costà, mentre ai Filodrammatici era in preparazione un’altra mia novità. Mi persuasi anch’io che ciò non era conveniente in nessun modo, e togliendo a pretesto il desiderio per me inaccettabile del Talli, ch’io assistessi a tutte quante le prove dell’Innesto, dalla prima all’ultima (il che avrebbe importato una permanenza di almeno 20 giorni a Milano), ho rimandato alla venuta della Compagnia Talli qua a Roma, nell’ottobre dell’anno venturo, la prima dell’Innesto. Così Il piacere dell’onestà avrà tutto l’agio di proseguire, unica novità mia, con Lei, per tutto un anno. Speriamo che a Milano si mantengano alte e diventino anzi maggiori le sorti della nostra commedia. Aspetto con ansia I’esito della prima rappresentazione. Intanto Le ricambio con tutto il cuore gli auguri che la sua cara amicizia ha saputo trovare così belli e nobili per me. Faccio anch’io fervidissimi voti, caro Amico, per il compimento di tutti i suoi desiderii e La prego di porgere i miei più devoti auguri e ossequi alla sua cara e santa Mamma, il cui ricordo è sempre vivo nella mia anima. E mi voglia bene sempre, come io gliene voglio.
Suo aff.mo amico LUIGI PIRANDELLO
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Roma, 11 gennaio 1918
Caro Amico, si sarà forse presentato a Lei, a quest’ora, con un mio biglietto il mio giovine amico Rosso di San Secondo, a Lei certamente noto come la più promettente forza della nuova generazione letteraria in ltalia. Io l’amo come un figliuolo. E forse egli Le avrà detto come I’animo mio è lieto per il felicissimo esito del Piacere dell’onestà a Milano e quanto io per un tale esito sia grato a Lei, interprete insuperabile e amico della mia arte e mio. Sì, sono proprio lieto, e debbo a Lei, amico mio, un buon respiro di sollievo in mezzo alle angustie familiari che m’opprimono. La prova più eloquente del grande successo della nostra commedia I’ho avuta in un telegramma di ben 134 parole di Virgilio Talli, che con squisito senso di fraternità artistica si congratulava con me e m’annunziava che il mio nome era sulla bocca di tutti a Milano, sicchè riconosceva come perfettamente giusta Ia mia proposta di rimandare a rumore cessato L’Innesto “per non armare gl’invidiosi che ci sono sempre”. Le parole “a rumore cessato” sono anche del Talli. Io farò di tutto per indurlo a non mettere in scena la nuova commedia prima dell’ottobre, qua a Roma. Anche perchè muovermi mi diventa di mese in mese più difficile, per le condizioni che Lei sa. Penso sempre, intanto, al nuovo lavoro per Lei; ma voglio, come Le ho detto, che sia degno. Porga, La prego, i miei ossequi più devoti alla sua Mamma, e Lei, caro Amico, si abbia coi più fervidi ringraziamenti i saluti cordialissimi dall’amico suo
LUIGI PIRANDELLO
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Roma, 22 marzo 1918 – Vìa Pietralata, 12 bìs
Caro Amico, avrei voluto scriverle da parecchi giorni; me l’ha impedito, prima, il cambiamento di casa; poi la grave costernazione per le tristi notizie che mi sono pervenute sulle condizioni di salute del mio povero figliuolo prigioniero da due anni e cinque mesi. Le speranze, che ho ragione di credere ben fondate, di riaverlo presto in patria, mi hanno ridato ora un po’ di calma. Voglio innanzi tutto ringraziarla, caro Amico, del conforto che da Lei m’è venuto e mi viene, in questi momenti, col plauso che in tante città saluta la nostra commedia. Voglio poi annunziarLe che ho pensato a una nuova commedia per Lei, e già ne ho steso la trama. Potrò dargliela certamente da leggere qua a Roma in settembre, o anche prima, se Lei volesse. La commedia avrà per titolo: Quando s’è capito il giuoco e sarà in tre atti. Mi permetto intanto per l’affetto e la stima, a me tanto cara, che Lei ha per me, di mandarle di mia iniziativa (con la piena convinzione di farle un regalo) il copione di quella nuova commedia di Nino Martoglio, mio più che amico fratello, di cui – se ben ricorda – ebbi a parlarle a Torino. È una commedia felicemente ideata e scritta, da cui vien fuori un personaggio centrale di grande rilievo, che richiede i’interpretazione d’un vero signore della scena com’è Lei, non propriamente e soltanto per la signorilità e il finissimo giuoco scenico del personaggio, ma anche per la penetrazione ch’esso importa del carattere in tutti i suoi accorti atteggiamenti. Son sicuro che Lei farà buon viso a questo lavoro e che mi darà il piacere di fare al mio amico la lieta sorpresa che ho provveduto io al miglior collocamento della sua commedia. In attesa di leggerla quanto prima, si abbia, caro Amico,
i più cordiali saluti dal suo aff.mo LUIGI PIRANDELLO
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Roma, 28 maggio 1918
Caro Amico, vengo a saper adesso che il mio giovane amico Rosso di San Secondo (che Lei sa, io amo come un figliuolo) in un momento d’estro, com’egli fa tutte le sue cose, Le ha mandato il suo nuovo lavoro Per fare l’alba, di cui ebbi a farle qualche cenno a Torino, si ricorda ? Il lavoro a me sembra di superiore interesse d’arte e non solo ricolmo di quella poesia vera che sdegna ogni “poeticità” di parole e consiste nella creazione viva e precisa come una cosa, ma anche, a mio giudizio, di una nuova e non comune adattezza per il teatro. Badi, caro Amico, non intendo affatto, con questo, preoccupare il suo animo così comprensivo e intelligente a favore del lavoro dell’amico mio. Ella lo giudicherà com’è solito di giudicare. Io ho voluto solo ripeterle tutto l’affetto che mi lega a questo giovine scrittore che è già tra i primi della nostra letteratura contemporanea, e senza dubbio tra i pochi della sua generazione. Le riscriverò presto e, intanto, ancor lieto dei giorni passati nella sua cara compagnia a Torino, le stringo cordialmente la mano.
Suo amico LUIGI PIRANDELLO
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