Di Elio Di Bella.
In un mondo dove le maschere caratterizzano e determinano la vita di tutti, tanto vale abituarsi a portare la propria, cercando di trarne il massimo beneficio.
Luigi Pirandello e le sedute spiritiche con la “maga”:
tra tormenti e fantasmi paurosi
Leggi e ascolta. Voce di Giuseppe Tizza.
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Luigi Pirandello nelle sue opere si è occupato di fantasmi e spiriti.
Si ritiene che fin da fanciullo l’anziana servente della famiglia, Maria Stella, gli raccontava favole, storie di incantesimi, gli insegnava filastrocche magiche, inquietanti canti, lo incantava con magie o sortilegi, dando credibilità a tutto ciò.
Lo scrittore agrigentino, in una delle lettere a Marta Abba, scrive: «C’è in tutta l’Italia meridionale la credenza popolare che le notti d’inverno, le notti di vento e senza luna, vadano per l’aria le streghe, certe streghe dette “Le Donne”, che si introducono nelle case per la gola dei camini e per gli abbaini […]».
«Occuparsi dei fantasmi di Pirandello significa incontrare spiriti paurosi, oppure beffardi e buontemponi, che trovano i modi più singolari per comunicare i loro desideri e le loro preferenze – ha scritto Maria Dal Monte che si è occupata di magia ed esoterismo in Pirandello -. Anime del purgatorio che chiedono riscatto, fantasmi di morti ammazzati che pretendono vendetta o si vendicano, anime o apparenze di defunti che si aggirano ancora nei paraggi dei cimiteri in attesa di esaudire un desiderio, diavoli, fate e streghe dell’aria, pensieri e desideri che si materializzano».
Nella novella pirandelliana Il corvo di Mìzzaro, il povero Cichè matura la convinzione che esistano gli spiriti perché, quotidianamente, sente il suono di una campanellina, senza che riesca a individuare la fonte e rimane sconvolto dalla sparizione del proprio pranzo; il vecchio benestante don Diego Alcozèr, nel romanzo Il turno, è terrorizzato dagli spiriti delle sue mogli defunte.
Nella novella La casa del Granella, una abitazione intera (che ancora oggi gli agrigentini individuano nel loro centro storico) sarebbe infestata da strani e inquietanti rumori. Lo sfortunato Carlo Noccia de Lo spirito maligno è tormentato da uno spirito malefico sempre pronto a sconvolgere la sua esistenza: lo arresteranno perché “Non sarebbe stato serio prestar fede alla persecuzione di un certo spirito maligno di cui […] farneticava”.
Nella novella Il vitalizio, il vecchio Maràbito si ammala di polmonite e la ‘gna Croce va a chiamare la “Malanotte”, una vecchia strega, in grado di levare il malocchio e in familiarità con gli Spiriti, con cui essa conversava la notte e dopo l'”opera di magia” della strega, nessuno “poté levare dal capo alle vicine” che la guarigione del vecchio Marabito fosse un vero miracolo della strega.
Nel Il fu Mattia Pascal, il Signor Anselmo Paleari s’imbatte in un personaggio che era ascritto alla scuola teosofica e che praticava esperimenti spiritici.
Nella storia raccontata dalla vecchia Gesa nella novella Lo storno e l’Angelo Centuno, l’Angelo aveva in custodia cento anime del purgatorio e le guidava ogni notte a sante imprese ed un intero popolo gli crede.
Delle “Donne”, citate sopra, Pirandello si occupa nella Favola del figlio cambiato: sono presenze soprannaturali, benefiche o malefiche, della tradizione popolare anche agrigentina.
È nell’ambiente della sua Girgenti soprattutto che Pirandello scopre queste antiche credenze. Si ritiene che da giovane Luigi abbia partecipato alle sedute spiritiche con la “maga” Maria Stella, dalla quale aveva appreso a gestire la superstizione che incombe sui fatti della vita.
Così nel romanzo Il fu Mattia Pascal Adriano Meis, il protagonista, partecipa a una seduta spiritica e gli ingredienti ci sono tutti: luci che vanno e vengono, tavoli che si muovono, chitarre che svolazzano per la stanza.
Ma il drammaturgo siciliano anche nel clima culturale del tempo, trasse ispirazioni, perché quel clima “era contraddistinto da un particolare interesse per l’occulto, specialmente da una certa diffusione dello spiritismo e della teosofia: aree non separabili, che si intersecano pur essendo diverse.
Sempre più vivo, infatti, era diventato nell’uomo il desiderio di frenare l’invadente pragmatismo materialistico e di reagire alla grande avanzata della scienza che, rivelandosi impotente di fronte alle importanti e urgenti domande dell’umanità, aveva denunciato la propria sconfitta”. (Dal Monte).
Ed è noto inoltre che i personaggi pirandelliani si fanno carico delle proiezioni sociali. Secondo altri studiosi, credenze e superstizioni in Pirandello sono prodotti delle nostre fragilità. L’esempio più noto a riguardo è quello del protagonista della novella La patente e dell’omonimo dramma: “il Chiàrchiaro, allontanato da tutti e impossibilitato a lavorare perché ritenuto uno jettatore.”
Il coup de théâtre finale, con la gabbia del cardellino che cade per un colpo di vento e che sembra confermare la fama di jettatore del protagonista, appare piuttosto come un modo per sottolineare l’impossibilità di lottare contro le dicerie che imprigionano il pover’uomo in una rete all’interno della quale conviene imparare a muoversi, essendo inutili tutti i tentativi di fuga.
In un mondo dove le maschere caratterizzano e determinano la vita di tutti, tanto vale abituarsi a portare la propria, cercando di trarne il massimo beneficio. Nessuna reale credenza, sembra di poter dire, ma piuttosto tanta amara rassegnazione, condita del celebre umorismo pirandelliano”. (Anna Rita Longo)
Nella prima pagina dei Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Pirandello esprime un pensiero-chiave sul problema della realtà e del mistero: “C’è un oltre in tutto. Voi non volete o non sapete vederlo”.
E questo sembra chiudere ogni discorso sul rapporto di Pirandello con il mistero.
Elio Di Bella
14 maggio 2023
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