««« Raccolta “Fuori di chiave” (1912)
08.02. Nuvole
In Nuova Antologia, 1° maggio 1902.
Mi par che dentro al cranio smisurato
del mondo addormentato,
siccome dentro al mio tanti pensieri,
nuvole bianche e nuvoloni neri
errin col triste tedio di chi sa
che il proprio fin giammai non giungerà.
Nuvole, e quanti, in rea lotta coi fati,
pe ‘l mondo son passati,
eroi, tiranni, fisso in mente il chiodo
di dargli pace o assetto in qualche modo.
Daccapo, sempre. E s’immolò Gesú.
L’umanità per lui forse è risorta?
Triste prima, triste ora, ahi forse piú…
Ma poi, del resto, nuvole, che importa?
Speriamo… E come voi, nubi, le umane
speranze appajon vane
prima talor che giungano ad effetto.
Ansio, di giorno in giorno io le rimetto;
talvolta il cuor le scuote e avventa: mai
del tempo e del mister s’apre la porta.
L’uom se ne rode, se n’affligge assai…
Ma poi, del resto, nuvole, che importa?
Passano gli anni.. Il tempo par che dorma,
e volge, e ne trasforma,
siccome il moto o l’aura voi; ma intanto
son sempre quelle del riso e del pianto
le cagioni; la fune, sempre quella:
in nuovi intrecci, in nuovi nodi attorta.
Smania l’uomo a strigarla, s’arrovella…
Ma poi, del resto, nuvole, che importa?
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Noto soprattutto per le numerose e caratteristiche novelle, le singolari opere teatrali e gli altrettanto peculiari romanzi, Pirandello, agli albori della sua carriera, fu anche poeta. Un poeta che, nonostante fosse solo agli inizi, lasciava già intravedere chiare tracce non solo del suo inconfondibile stile, ma soprattutto della sua particolare visione del mondo e della natura umana. Nel 1960 vennero per la prima volta pubblicate in un’unica raccolta tutte le opere poetiche dell’autore, accompagnate da testi inediti pazientemente ricercati e recuperati fra i numerosi scritti sparsi. L’amore ed i rapporti fra uomo e donna, tematiche chiave in Pirandello, spesso trasfigurate da ambientazioni irreali e mitiche, mostrano già quelle lacerazioni e contraddizioni che col tempo diventeranno segni distintivi dell’intera opera pirandelliana. Basti pensare al titolo della prima raccolta poetica dell’autore, Mal giocondo, ossimoro che, dietro l’apparente scherzo nell’accostare due termini così dissimili, quasi a volersi burlare del lettore, anticipa le antinomie e incoerenze che saranno parte integrante delle successive opere teatrali e dei romanzi.
Amore e odio, quindi, ma anche beltà e tristezza, giovinezza e vecchiaia, ricchezza e povertà: sentimenti forti e contrastanti, che sembrano prendere vita ed uscire dai versi con irruenza, per rispecchiarsi in ogni animo umano.
Ma vi traspare anche la sfiducia tipicamente pirandelliana nei confronti della società e della classe dirigente, soprattutto nel delicato momento storico che Pirandello si trova a vivere, subito dopo l’unità d’Italia (1870), e che si riflette nelle efficaci e forti immagini della folla romana, descritta con spietata ironia nei suoi aspetti più negativi, peccaminosi e lascivi.
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