Lettura e commento di “Novelle per un anno”

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Di Giovanni Teresi

Le caratteristiche più evidenti delle novelle di Pirandello sono la brevità della narrazione, il piglio incalzante, l’essenzialità. I suoi racconti, del resto, nascevano per essere pubblicati su giornali e riviste, una destinazione che esigeva forte concisione espressiva.

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Novelle per un anno commento

Lettura e commento di “Novelle per un anno”

Col consenso dall’Autore. 

da teresigiovanni

Nel progetto originale le novelle dovevano essere 365, quanti sono i giorni di un anno (da cui il titolo della raccolta). Il lavoro tuttavia si interruppe a causa della morte di Pirandello. Molti dei temi e dei personaggi qui raccontati verranno poi ripresi dall’autore nei suoi romanzi e nelle sue opere teatrali.

Si possono identificare tre filoni principali: quello delle novelle siciliane, quello delle novelle romane e quello delle novelle surreali degli anni ’30.

Nelle novelle siciliane non vi è, come poteva essere per il verismo, un’attenzione verso l’indagine scientifica del mondo contadino. Pirandello mostra invece una particolare attenzione per il sostrato mitico e folkloristico della terra siciliana, e per questo si dimostra più vicino alle tendenze decadenti. In queste novelle le figure contadine vengono deformate: diventano caricature di se stesse, diventano grottesche, bizzarre, allucinanti, paradossali. Tra queste possiamo sicuramente inserire le novelle “la balia”, “zia michelina” e “Una voce”.

Nelle novelle romane, invece, Pirandello descrive la condizione meschina del mondo piccolo- borghese. Neanche in queste novelle vi è un’intenzione di studio sociologico: esse sono metafora di una condizione esistenziale assoluta. Il tema principale è quello della “trappola ” che imprigiona l’uomo in un mondo di monotonia. Vi è un rifiuto anarchico d’ogni forma di società che spegne la spontaneità della vita. Pirandello usa l’atteggiamento umoristico che ben ha descritto teoricamente nel suo saggio sull’umorismo: dalle deformazioni, dalle caricature, nasce il sentimento del contrario, dal quale capiamo che non è possibile ravvisare nella vita alcun disegno coerente.

Tra queste novelle “La balia “, “Quando ero matto “, “Il treno ha fischiato ” “Pena di vivere così
Con le novelle surreali degli anni trenta vi è un emergere della psiche, delle angosce, degli impulsi. Pirandello scava nella dimensione dell’inconscio e sopperisce al proprio bisogno di autenticità, di vitalità di ritorno alla natura, creando dei climi fantastici, surreali, allucinati. Tra queste novelle ricordiamo “I piedi nell’erba”, “C’è qualcuno che ride”, “Il soffio “.

Leggendo alcune delle sue novelle, che hanno delle protagoniste femminili, possiamo ritrovare i molteplici aspetti della donna della tradizione e della donna moderna. Pirandello pur non avendo avuto modo di vedere durante la usa vita, i fenomeni di reale emancipazione della donna, è un attento osservatore della donna “in movimento “, della donna nel suo percorso verso l’autonomia intellettuale e materiale. Egli ha un occhio moderno verso le possibilità di emancipazione della donna, la quale si muoverebbe con più agilità se non fosse per gli ostacoli che le pone di fronte l’uomo. Egli non fa distinzione tra il destino dell’uomo e quello della donna, li tratta alla pari, benché l’epoca e i luoghi in cui ha vissuto gli avrebbero permesso di fare il contrario.

La novella “Zia Michelina“, per esempio, è una novelle in cui Pirandello denuncia la situazione di una donna che è costretta dalle regole dell’economia borghese. La modernità di Zia Michelina, sta proprio nell’aver accettato di sposare quello che lei considera suo figlio senza sospettare nulla del reale amore che lui ha per lei. Per Zia Michelina questo matrimonio non è altro che una convenienza per entrambi, lei potrà prendersi cura del ” suo bambino ” e lui potrà avere la sicurezza economica che si merita: il matrimonio è l’unico metodo sicuro per garantire a Marucchino il proprio patrimonio. La modernità sta nell’accettazione di questa situazione e alla fine con il proprio suicidio, che non è altro che un’estrema difesa del proprio pensiero.

Né “La balia” invece si vede il duplice aspetto della donna degli inizi del ‘900: da una parte la donna della tradizione, sana, bella, fertile e ignorante; dall’altra la moderna donna borghese, malata, magra, viziata, gelosa e capricciosa. Ersilia, la donna borghese, nonostante la sua non autonomia a livello fisico, ricerca l’autonomia dall’uomo, non è disposta a fare da schiava, come invece fa la balia, e dice: “Un Corno! Che stupide le donne …Tutte così! Ci provate gusto, è vero? A ripetere che noi donne siamo fatte per patire. E a furia di ripeterlo eccoli qua, i signori uomini, credono davvero, adesso, che noialtre dobbiamo stare al loro servizio, per il loro comodo e il loro piacere. Noi le schiave, è vero? E loro i padroni. Un corno !” E Annicchia significativamente risponde ” Anche loro, poveretti, hanno tanti guai…”.Anche nelle azioni della balia possiamo vedere una certa modernità: Annicchia dalla Sicilia, lascia il suo paesino per andare a Roma, in città, prendendo una decisione autonoma, conto il volere della vecchia suocera, con un marito in galera a causa delle sue idee rivoluzionarie (-“Io Titta Marullo, per tua norma, lo scacciai dal panificio per le sue idee rivoluzionarie “, – “Come quelle del signor Mori, a cui hai dato tua figlia!”). Nessuno si rende conto però della sua presa di posizioni, neanche l’avvocato Mori, intellettuale socialista, si rende conto di avere sotto i suoi occhi il proletariato finalmente in movimento.

In “Donna Mimma” ritroviamo ancora la contrapposizione tra mondo della tradizione e mondo moderno. In questo caso però Donna Mimma non capisce di dover far questa cosa per se, per la sua credibilità, la prende come una rivendicazione verso “la Piemontesa“, “una smorfiosetta di vent’anni: gonna corta, gialla, giacchetto verde; come un maschiotto, con le mani in tasca”. Essa non riesce a capire perché deve studiare, non capisce di essere, comunque, portatrice di valori (come si rivelerà alla fine quando la piemontesa prenderà il suo posto di mammana col fazzolettino azzurro sul capo).

Né “La Rosa” abbiamo una situazione diametralmente opposta: Lucietta è una ragazza sposa a quindici anni , con un famoso giornalista che , quando il marito muore , non si perde d’animo , fa un concorso e va a lavorare , da sola , con due figli a carico a Peola. Lucietta è sicuramente una donna moderna , sulla via dell’emancipazione, sono gli altri , gli uomini, che con le loro attenzioni ossessive non le permettono di emanciparsi , di diventare realmente autonoma e adulta.

In “Pena di vivere così” la situazione è un po’ diversa in alcuni punti sicuramente ambigua. La figura di Leuca è sicuramente moderna: essa, infatti, non rispecchia la figura della donna borghese abbandonata e rassegnata. Tuttaltro: Leuca può essere tuttalpiù amareggiate, ma non rassegnata. E’ cosciente della sua situazione ed è cosciente di aver preso un importante decisione nell’accettare il proprio “modus vivendi “.Leuca è in grado di fare dell’autoanalisi, la sua lucidità mentale la porta alla coscienza di non potersi abbandonare a un certo modo di essere donna, benché essa sia curiosa e ne sia attratta. Leuca ha una totale autonomia di pensiero e quest’assoluta autonomia nella società in cui vive, porta a una certa solitudine. Un passo significativo è quello della confessione davanti allo specchio, dell’introspezione psicologica, in cui lei si rende conto di non essere priva di tentazioni e s’indigna di fronte al comportamento di chi pensa che lei possa aver perdonato, dato il suo carattere e la sua generosità. ( “….il suo stesso corpo; il quale ogni sera davanti allo specchio le domandava, se davvero esso fosse così poco desiderabile da non essere più nemmeno guardato di sfuggita da un uomo come quello …”). Il suo comportamento nei confronti delle bambine e di suo marito è un po’ ambiguo: non si capisce se essa lo faccia per vendetta, per generosità, o per avere quello che non ha mai potuto avere da lui; non si capisce se per lei sia veramente un peso ospitare il marito, o se infondo nel chiudersi incamera a chiave non ci sia la speranza che qualcuno voglia aprirla.

Le caratteristiche più evidenti delle novelle di Pirandello sono la brevità della narrazione, il piglio incalzante, l’essenzialità. I suoi racconti, del resto, nascevano per essere pubblicati su giornali e riviste, una destinazione che esigeva forte concisione espressiva. Il genere stesso della novella richiede ai narratori di concentrarsi su un caso singolare, eccentrico, su un unicum individuale, che attiri immediatamente l’attenzione. Ecco perché Pirandello prediligeva in particolare il genere della novella.

Più ancora del romanzo, con la sua misura lunga e articolata, il racconto gli consentiva infatti di fotografare i tanti frammenti della vita, gesti e destini molteplici, spesso casuali e incoerenti. Gli attacchi di Pirandello tendono a spiazzare il lettore: un massimo di oggettività apparente (il fatto sembra accadere proprio lì, davanti a chi legge) viene combinata con informazioni ridotte al minimo (quel fatto è inesplicabile). Sembra che il narratore non sappia che cosa sta per accadere e che cosa dovrà raccontare; dunque sul lettore si rovescia una massa disordinata di informazioni: solo dettagli di primo piano, di cui nulla o quasi si capisce, perché gli sfugge la prospettiva più ampia.

Anche la presentazione degli antefatti è assai diversa dalle ordinate ricapitolazioni della narrativa tradizionale. Nelle novelle di Pirandello il passato riemerge per spezzoni e nel bel mezzo dell’azione, quasi fossero i personaggi, e non lo scrittore, a chiarirsi faticosamente le idee sulla vita e sul mondo.

Tutto ciò ci dice che Pirandello rifiuta l’onniscenza del narratore tradizionale, padrone del prima e del dopo, del come e del perché. Sceglie piuttosto una visuale soggettiva, il sapere scarso e confuso del personaggio; narra di sbieco, senza motivare adeguatamente reazioni e conseguenze, perciò le sue vicende risultano imprevedibili. la sua vena una visuale multi-prospettica, come se fossero in tanti (i personaggi) a narrare, e non uno solo (l’autore): in tal modo si frantumano i punti di vista e il lettore non si raccapezza più.

Pirandello supera così nettamente il Realismo e il Verismo ottocenteschi. Se la narrativa realistica, da Balzac a Flaubert a Verga, evidenziava un unico punto di vista, da cui tutto prende senso, Pirandello vuole invece denunciare l’ambiguità e l’irrazionalità del reale. Viene meno perciò, in lui la fedeltà al vero ed esplode l’assurdo: è il trionfo del relativismo.

Giovanni Teresi

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