Marta Abba e il suo nume

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Di Lino Di Stefano

Sicuramente, Luigi Pirandello era innamorato della sua Musa, mentre Marta Abba si mantenne sempre riservata e a debita distanza dal suo Maestro, com’essa chiamava, giustamente, il drammaturgo.

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Marta Abba

Marta Abba e il suo nume

da Il Giornale di Rieti, domenica 29 gennaio 2017

Ma chi era, è lecito chiedersi, Marta Abba? Nata a Milano il 25 giugno del 1900, quindici anni dopo era già iscritta all’Accademia dei filodrammatici della sua città uscendone passato un triennio .

Dopo varie esperienze in diverse scuole di recitazione,  debuttò, nel 1923, come interprete professionista con la compagnia di Ettore Paladini, direttore del Teatro del Popolo di Milano, mietendo la prima affermazione, l’anno successivo, con l’interpretazione del ‘Gabbiano’ di Anton Cecov; solo nel 1925, conosciuto Pirandello, entrò a far parte, in qualità di prima attrice, della compagnia ‘Teatro d’arte’ – creata dal drammaturgo siciliano – operante, allora, al Teatro Odelcaschi di Roma.

Ma, l’attrice milanese, prima di diventare l’interprete principale delle opere dello scrittore di Agrigento, lavorò, come protagonista, anche con qualche altro autore drammatico quale, ad esempio, Massimo Bontempelli, nell’opera ‘Nostra Dea’, per iniziare, poi, la propria attività artistico-professionale insieme a Pirandello nel ruolo della ‘Figliastra’ nella commedia,  ‘I sei personaggi in cerca d’autore’.

Da questo momento, l’attrice seguì la compagnia pirandelliana in diversi giri teatrali in patria e all’estero –Germania, Francia, Inghilterra, America del Sud – diventando, automaticamente, per le sue eccezionali doti, l’allieva preferita del Maestro; si fece anche apprezzare per la innata sensibilità e la naturale capacità di identificazione nei personaggi.  Per lei, il narratore e uomo di teatro redasse lavori del livello di ‘Diana e la Tuda’ (1926), ‘L’amica delle mogli’ (1927), ‘Come tu mi vuoi’ (1930) nonché il capolavoro assoluto ‘Trovarsi’(1932).

Anch’essa costituì un gruppo di giovani – atto a far risaltare i capolavori del Maestro – non senza dedicarsi ad altri autori prima di trasferirsi a Parigi dove, nel 1932, nel Teatro ‘Saint George’ si esibì nell’apologo pirandelliano, in tre atti, ‘L’uomo, la bestia e la virtù’ . Rientrata in Italia, interpretò, nel medesimo anno, la commedia  di Goldoni ‘Vedova scaltra’ e recitò, nella prima assoluta, ‘Trovarsi’ (1932) e in ‘Quando si è qualcuno’ (1933).

Dopo la morte di Pirandello, l’attrice, unendosi in matrimonio con l’industriale statunitense Millikin, si trasferì in California, ma il matrimonio durò poco tempo ragion per cui, dopo il divorzio, tornò in Italia  fissando la propria dimora nella città natale Milano; nel 1958, tornò a calcare le scene operando una serie di recitazioni in tutt’Italia. La grande Musa di Pirandello si spense a Milano il 24 giugno 1988 e fu seppellita nel grande Cimitero Monumentale.

Queste le notizie biografiche sull’insigne donna di teatro italiana, ma, a questo punto, la domanda sorge spontanea: quali furono i reali rapporti fra Marta Abba e colui nei cui confronti lo studioso Marcel Jouhandeau affermò, testualmente: “L’Italie peut être fiere d’avoir donné au monde en lui le plus grand dramaturge qui hait honoré  ce siècle. Aucun ne lui est comparable, même de très loin”?

Tanti sono stati le dicerie e i pettegolezzi su questa strana relazione, ma né le lettere dell’attrice allo scrittore, né, tanto meno, le missive del narratore a lei – entrambi i Carteggi sono stati pubblicati – sono riuscite a squarciare il velo che avvolge il sodalizio fra i due. Sicuramente, Luigi Pirandello era innamorato della sua Musa, mentre Marta Abba si mantenne sempre riservata e a debita distanza dal suo Maestro, com’essa chiamava, giustamente, il drammaturgo.

Per esempio, nelle epistole dello scrittore all’attrice ci sono due rivelazioni che lasciano perplessi come, ad esempio, le seguenti: “Dopo quello che accadde quella notte a Como”, oppure “Quando ti sentivo ridere con tua sorella nella camera accanto…”.

Affermazioni, non sufficienti a dimostrare alcunché, ma sicuramente emblematiche al riguardo. Ad ogni modo, due interviste di Marta Abba – la prima concessa a ‘Il Tempo’ di Roma e la seconda alla Rivista ‘Vita Italiana’, rispettivamente del 10 marzo 1979 e del maggio-giugno 1988 – ci aiutano a comprendere meglio i reali rapporti fra i due.

Nel colloquio col quotidiano della Capitale, l’attrice dichiarò, tra l’altro, ad un certo punto, che quello dello scrittore “era il dramma dell’uomo, delle sue passioni, delle sue attese, delle sue eterne  delusioni nel rapporto dell’io verso le cose, e verso il mondo esterno”, senza fare il minimo cenno sulle relazioni interpersonali.

Nella conversazione con la menzionata Rivista, invece, essa fu più esplicita e ad una specifica domanda dell’intervistatore, Ennio Cavalli, rispose, testualmente, che “Molti non si rendono conto, non capiscono un rapporto che può essere sublime, diverso dai comuni rapporti tra un uomo e una donna”.

La citata intervista, non tanto breve, per la verità, pone l’accento su tanti altri aspetti del loro legame, ma la milanese, sempre riservata, non si lasciò scappare nulla sebbene operasse parimenti qualche critica nei confronti del suo grande Nume: “Molto severo. Amava le sue opere e non voleva vederle bistrattate dall’interpretazione di certi attori”.

Alla fine del colloquio, avvenuto pochi giorni prima del suo decesso, l’attrice si lagnò, giustamente che, dopo la morte del Maestro, non fu nemmeno invitata alle celebrazioni per il cinquantenario della sua scomparsa con tali sconsolate parole: “Non mi chiamano, non mi dicono niente, vorrebbero cancellarmi dalla sua vita, da quanto è stato. La sua opera comunque cammina da sola, non ha bisogno di celebrazioni”.

Parlando a Princeton – il 9 novembre del 1986 – in occasione della donazione delle sue lettere dirette a Pirandello a quella Università, l’attrice confidò sconsolata: “Anch’io sono stanca di lottare!”, aggiungendo, subito dopo: “Arrivederci, cari amici, in un mondo diverso”, dove – notiamo – in compagnia del suo Genio, vive la vita eterna dell’Arte.

Lino Di Stefano

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