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Luigi Pirandello, secondo di sei figli, nasce la sera del 28 giugno 1867 ad Agrigento (l’antica colonia greca di Akragas che si chiamerà Girgenti fino al 1927) da Stefano Pirandello e da Caterina Ricci-Gramitto, sposata nel 1863, in una casa colonica non ancora ben rifinita che si trovava nella tenuta paterna denominata “Caos”, qualche chilometro fuori dalla città, sulla strada che conduce verso Porto Empedocle, in una contrada suggestiva che dall’alto di un costone da un lato guarda verso il mare e dall’altro è delimitata da una ripido e piccolo valloncello che porta direttamente alla spiaggia. Al “Caos” la madre si era trasferita per sfuggire all’imperversare di una terribile epidemia di colera che a fasi alterne affliggerà la Sicilia per alcuni anni fino al 1868, angosciata dalla malattia che il marito aveva contratto dovendo rimanere in città per lavoro.
… Io dunque son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco, denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti. Colà la mia famiglia si era rifugiata dal terribile colera del 1867, che infierì fortemente nella Sicilia. Quella campagna, però, porta scritto l’appellativo di Lina, messo da mio padre in ricordo della prima figlia appena nata e che è maggiore di me di un anno; ma nessuno si è adattato al nuovo nome, e quella campagna continua, per i piú, a chiamarsi Càvusu, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Xàos.
Luigi Pirandello riceve in casa l’istruzione elementare dall’ajo Francesco (o Giovanni) del Cinque, da tutti chiamato Pinzone (ne parla sia nel III capitolo de Il fu Mattia Pascal che nella novella La scelta, quasi una memoria biografica, pubblicata su Ariel il 10 aprile 1898); don Pinzone avvia il giovane Luigi, piuttosto ribelle e indipendente come tutti i ragazzi, allo studio e alla conoscenza delle nozioni fondamentali della cultura in maniera soddisfacente, tanto che potrà frequentare nel 1878 la Regia Scuola Tecnica di Girgenti, cui era stato iscritto dal padre, con discreti risultati. Ma, più che dalle nozioni scolastiche impartite da don Pinzone e dalla erudizione del maestro, è affascinato dalle favole e dalle storie un po’ popolari e un po’ magiche, che gli racconta la vecchia serva Maria Stella e che lo introducono a quel mondo fascinoso di leggende e superstizioni che larga parte avrà nella sua arte (vedi ad esempio La favola del figlio cambiato). A dodici anni, dimostrando il suo precoce interesse per il teatro, scrive una tragedia, andata perduta.
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