Di Riccardo Mainetti.
La novella di “L’altro figlio” di Luigi Pirandello ci mostra quanto sia vero che (spesso) sulla vita e il destino di un uomo pesano più le colpe altrui che non le proprie.
«L’altro figlio», analisi della novella
Per gentile concessione dell’Autore.
Altrui colpe da scontare. Quando un figlio si trova a dover scontare colpe altrui
Leggendo “L’altro figlio”, novella di Luigi Pirandello contenuta nella raccolta “Novelle per un anno”, ci troviamo immersi in una vicenda in cui la responsabilità altrui la fa da padrone, nel bene e nel male. Protagonista principale della novella è Maragrazia, una donna incanutita che vive, da mendicante, esposta, per così dire, agli alti e bassi della bontà e disponibilità altrui. Maragrazia vive in perenne pianto, tanto sulla propria miseria quanto sulla sorte di due suoi figli emigrati quattordici anni addietro in cerca di fortuna in America. La postazione fissa o quasi della povera donna è sul gradino all’esterno di una casa del paese, casa che varia di giorno in giorno. Ma ora veniamo a parlare delle “altrui colpe”, come le chiamo nel titolo. Fino ad ora mi sono infatti soffermato su semplici responsabilità altrui, responsabilità pressoché di tipo “umano”, per così dire. Il fatto è che, come emerge, quasi per caso, la mendicanza della quale vive la signora Maragrazia non è senza soluzione. O meglio non lo sarebbe, se solo…
Ma andiamo per ordine. Incontriamo, all’inizio della novella “L’altro figlio” Maragrazia seduta sulla soglia della casa della signora Ninfarosa. Sta aspettando che la signora “le dia udienza” per via di una lettera che la signora Maragrazia, evidentemente analfabeta, vuole far scrivere alla signora Ninfarosa per poi inviarla ai suoi figliuoli Oltreoceano per tramite di uno dei tanti emigranti che partiranno il giorno appresso. La signora Ninfarosa quel giorno sembra quasi annoiata e sbriga svogliatamente e frettolosamente l’incombenza da trascrittrice di lettere sotto dettatura. Proprio questa fretta spinge Maragrazia, sulla strada del ritorno a casa, incontrato il giovane dottorino del paese, gli consegna la lettera perché la legga e verifichi che la lettera sia stata scritta correttamente. Il dottorino la prende e comincia a leggerla ma c’è ben poco da leggere. Solamente il “Cari figli,” iniziale e pochi altri scarabocchi senza alcun significato. La cosa getta ancor più nello sconforto la signora Maragrazia e la fa ricominciare a piangere, stavolta al pensiero di quanto se l’era presa in precedenza coi figli lontani per le loro mancate risposte alle lettere materne. Il dottorino si indigna e il giorno seguente passa dalla signora Ninfarosa deciso a darle una bella strigliata. Parlando con la signora Ninfarosa il dottorino viene a sapere che la signora Maragrazia anziché vivere della bontà altrui potrebbe vivere da regina a casa del suo “altro figlio”. La signora Ninfarosa giustifica il fatto che Maragrazia viva della pietà altrui anziché farsi servire e riverire dal figlio e dalla di lui moglie al fatto che Mariagrazia sia matta. Eh già! Cos’altro mai potrebbe spingere una persona a rinnegare l’aiuto di un figlio scegliendo di dipendere dall’altrui pietà?
La signora Ninfarosa da al dottorino le indicazioni per poter raggiungere la casa dell’altro figlio della signora Maragrazia e qui, a seguito di una chiacchierata con l’altro figlio viene a sapere che la signora Maragrazia ha rifiutato, recisamente, il suo aiuto perché, a detta della signora, egli non è figlio suo. Tornato a casa propria a trovatavi, in attesa, la signora Maragrazia la fa entrare in casa e, piuttosto in malo modo inizialmente, le chiede spiegazioni per questa sua stolida testardaggine di non voler l’aiuto del proprio altro figlio. Malagrazia gli racconta una storiaccia dalla quale emerge che quest’altro figlio, di nome Rocco Trupìa, è stato quello un “figlio non desiderato” dalla signora Maragrazia in quanto il padre, un poco di buono implicato in qualche modo nella morte, anzi nell’assassinio del marito “vero” della signora, aveva tenuto con sé Maragrazia per un certo tempo quasi a forza. E quindi per questa colpa altrui, il povero Rocco, deve scontare, suo malgrado, il rifiuto della madre. La novella di “L’altro figlio” di Luigi Pirandello ci mostra quanto sia vero che (spesso) sulla vita e il destino di un uomo pesano più le colpe altrui che non le proprie.
Riccardo Mainetti
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