Un doppio affetto, per l’amante e per il marito, può albergare nella stessa persona, fino al punto di farla sentire due persone diverse. Questo particolare aspetto della pirandelliana molteplicità dell’io è la «verità», crea profondi contrasti.
FONTE Novelle «Stefano Giogli uno e due» (1909) – «La morta e la viva» (1910) Approfondimenti nel sito: Premessa e Trama |
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Premessa
È una commedia in tre atti che deriva dalle novelle La morta e la viva (1909) e Stefano dogli uno e due (1910). È stata scritta nel 1920. Fu rappresentata la prima volta a Roma, al Teatro Argentina, il 12 novembre 1920 dalla Compagnia Emma Gramatica e pubblicata da Bemporad, Firenze, nel 1922.
La commedia non ebbe nelle prime rappresentazioni successo di pubblico, e fu piuttosto stroncata da una critica forse eccessivamente ingenerosa. Certo che in quegli anni si era nel pieno dell’influenza dell’estetica crociana che fin dal primo decennio del ’900 era stata ostile alla scrittura pirandelliana e alle implicazioni programmatiche che vi erano dietro, espresse dal Pirandello stesso nei saggi Arte e scienza e L’Umorismo; e ancora nel 1934, quando a Pirandello fu conferito il premio Nobel, Benedetto Croce commentò: “la sua maniera consiste in taluni spunti artistici, soffocati e sfigurati da un convulso e inconcludente filosofare. Né arte schietta dunque, né filosofia”. In realtà questa commedia sembra poter dare parzialmente ragione a Croce: la vicenda si snoda in modo spesso farraginoso, il dialogo appare involuto perché attraversa situazioni poco verosimili o fortemente improbabili; abbondano i particolari che appaiono estranei a quanto l’autore stesso sembra voler comunicare al pubblico; questa commedia segna una pausa tra quelle innovative che abbiamo già menzionato e lo sviluppo artistico successivo con Sei personaggi e Enrico IV.
Tuttavia il pubblico apprezzò maggiormente questo lavoro quando, con il titolo Due in una venne rappresentata il 14 marzo 1926 al Politeama nazionale di Firenze con protagonista Marta Abba.
Un doppio affetto, per l’amante e per il marito, può albergare nella stessa persona, fino al punto di farla sentire due persone diverse. Questo particolare aspetto della pirandelliana molteplicità dell’io è la «verità» della commedia La signora Morli, una e due, che non manca certo di un concreto fondamento psicologico e che come tutte le verità praticate oltre le regole sociali e le convenzioni umane, crea profondi contrasti.
La duplicità di sentimenti in cui vive, con totale sincerità Evelina Morli, suscita una vivace contesa fra il marito Ferrante Morli e l’amante, Lello Carponi: entrambi vogliono Evelina tutta per sé, come è nell’ordine delle cose. Ma, intanto, sono proprio loro due a operare la profonda divisione nei suoi affetti, incominciando persino dal nome che scindono a metà: Ferrante la chiama «Eva» e le fa rivivere gli entusiasmi di un amore spensierato e felice: Lello la chiama «Lina» e la proietta in un’atmosfera di tranquilla rispettabilità e di doveri sociali. Così le due personalità della protagonista sono designate da due nomi che sono parti del suo intero nome «Evelina».
Come sempre, c’è la reazione degli altri; ma in questo caso il conformismo sociale parteggia per l’amante e non per il marito. Ed è comprensibile: i commenti vengono da parte di amici e di amiche dell’ Avvocato Lello Carponi, di cui ammirano la serietà e la rettitudine, nonché la buona azione da lui compiuta nel prendere con sé Evelina e il figlio Aldo, dopo che il marito Ferrante Morli, costretto a fuggire per problemi d’interesse, li aveva abbandonati. Il confronto fra amante e marito avviene al sorprendente ritorno di Ferrante, che, dopo quattordici anni di lontananza, nessuno più s’aspettava. Né Ferrante pretende ormai nulla: riconosce i meriti dell’Avvocato Carponi; nel colloquio che ha con lui ammette che ha ragione in tutto; e afferma di non volere che il suo ritorno cambi qualcosa. Egli è remissivo e tollerante, mentre agitatissimo risulta Lello Carponi che si vede crollare addosso il suo mondo e non accetta nessuna scusa o giustificazione o ammissione. Conclude osservando che ormai la presenza di Ferrante mette pubblicamente in evidenza che Evelina vìve con un uomo che non è il marito.
L’incontro con Ferrante sconvolge Evelina e si capisce subito che l’antico amore è sopravvissuto in entrambi. A nulla servirà che Ferrante si trasferisca a Roma; parte con lui il figlio Aldo, che è un richiamo per l’affetto della madre, rimasta a Firenze con Carponi e la figlioletta che ha avuto da lui. E sarà proprio Aldo a far precipitare la madre a Roma con un telegramma in cui finge d’essere gravemente ammalato. Lieta di averlo trovato in ottima salute Evelina, invece di rimproverarlo seriamente, accetta lo scherzo e si trattiene a Roma per otto giorni.
Vissuta quattordici anni con Lello «uomo malinconico, posato e scrupoloso», Evelina è diventata «seria e contegnosa». Ferrante, uomo allegro e vivace, le ricorda una vita più lieta di quella che conduce a Firenze; nel breve soggiorno romano, trascorso in innocente spensieratezza, riscopre l’antica Eva che era in lei; in compagnia del marito e del figlio si diverte come non aveva più fatto, va persino a cavalcare. Ferrante è colpito dalla reazione di Aldo che indirettamente gli rivela la monotonia dell’ attuale vita di Eva: «Ma sai che per me sei tutta, tutta nuova mammina? Io ti sto conoscendo adesso, non ti ho mai veduta così». Ferrante si sente come se non fosse mai partito e non vuole che Eva torni a essere quella che è a Firenze. S’accorge che è ancora innamorata di lui e pretende che rimanga a Roma. Ma Eva gli risponde che se ne va proprio perché sente per lui l’antico amore. Decide di tornare a Firenze non solo da Lello cui tanto deve, ma dalla piccola figlia. A Firenze dovrà affrontare la requisitoria dell’Avvocato Carponi che la rimprovera aspramente per essere rimasta otto giorni a Roma. Nel finale Evelina appassionatamente gli spiega come là si sia sentita un’altra persona e come vi si trovasse a suo agio. Ma ora proprio per non impazzire non vi andrà più; Aldo se vuol vedere la madre verrà a Firenze.
Non c’è niente di meccanico e di intellettualistico nello sdoppiamento di Evelina che risulta basato su sentimenti plausibili e autentici. Nella contesa è lei che risulta la più altruista; la sua decisione finale è un sacrificio basato sull’amore materno. Ancora una volta Pirandello vede nella donna una creatura indifesa, vittima dell’egoismo degli uomini.
Trama
Atto I
Ferrante Morli, marito della giovane Evelina Morli (la signora Morli), 14 anni prima aveva abbandonato moglie e figlio Aldo a seguito di un disgraziato affare. La madre e il bambino si trasferiscono da Roma a Firenze, dove Evelina conosce Lello Carpani, giovane avvocato. I due si innamorano e a Firenze inizia a girare la voce che si siano sposati.
La donna viene accolta nella casa di Lello e pochi anni dopo nasce Titti Carpani, la loro prima figlia. Stanno vivendo serenamente la loro vita insieme, quando la domestica annuncia l’arrivo dell’ingegnere Pedretti, venuto per annunciare il ritorno di Ferrante Morli. Dopo 14 anni voleva essere informato sulla salute della moglie e del figlio.
Lello cerca di allontanare l’ingegnere dalla sua casa quando arriva Evelina che riconosce subito il marito. Carpani è sempre più confuso da tutta la situazione e, mentre la donna ha un mancamento, l’ingegnere gli spiega che in realtà Ferrante Morli è lui stesso. Aveva utilizzato un travestimento per poter entrare nella casa senza essere subito cacciato.
Nel frattempo giungono anche Aldo e Decio, il suo migliore amico, che erano in una delle stanze accanto a giocare.
Inizialmente Aldo si rivolge a Ferrante in modo elegante ed educato, ma quando gli viene spiegato che in realtà lui è il suo vero padre, pretende frettolosamente di ottenere tutte le informazioni possibili da lui e dalla madre sulla fuga e sull’improvviso ritorno del padre.
Dopo aver ascoltato le spiegazioni del padre e aver assistito ad una discussione tra i suoi genitori, Aldo prende la decisione di trasferirsi a Roma con Ferrante per recuperare il tempo perso negli anni passati. Evelina tenta in ogni modo di opporsi a questa sua decisione, ma tutti gli sforzi sono invani e il figlio parte con il padre il giorno stesso.
Atto II
Due mesi dopo.
È un pomeriggio di aprile e ci troviamo a Roma in casa Ferrante.
Evelina si sta preparando per partire e tornare a Firenze dopo 8 giorni di soggiorno a casa del marito.
Ferdinando e Toto sono impegnati ad accogliere una serie di donne che, dopo aver letto un annuncio, si stanno presentando per un colloquio. Inizialmente arivano solo donne anziane e vedove che vengono immediatamente cacciate. Improvvisamente arriva una donna, anche lei vedova, ma molto giovane e bella. Viene accolta in casa in attesa di farla incontrare con Ferrante che tuttavia si rifiuta di incontrarla. Evelina svela che era stata una sua iniziativa: non voleva che Ferrante e Aldo si trovassero da soli dopo la sua partenza. A questo punto il figlio e il padre si accordano per cercare di far rimanere ancora una notte la madre che, dopo una lunga serie di discussioni e di indecisioni, viene convinta a ripartire la mattina seguente.
Intanto a Roma arriva l’avvocato Giorgio Armelli, marito di Lucia Armelli, grande amica di Evelina, che la giovane donna aveva chiamato perché venisse a prenderla. Al suo arrivo scopre che la donna si fermerà ancora un giorno e viene accolto anche lui per passare la notte.
Atto III
Firenze, il giorno seguente.
Lello Carpani, Lucia Armelli e la Signora Tuzzi sono in casa di Lello e Evelina. Hanno passato la notte svegli aspettando l’arrivo di Evelina e cercando di calmare la piccola Titti che, sentendo la mancanza della madre, non riusciva a dormire e a smettere di piangere. Improvvisamente Lello, esausto e in preda ad una crisi di capogiro, si addormenta e le due donne si confrontano sull’accaduto. Sono entrambe contrariate dall’atteggiamento della loro amica e la loro preoccupazione per la salute di Aldo aumenta sempre di più.
Poco dopo arriva finalmente Evelina che si precipita subito nella cameretta della figlia per verificare che stesse bene. Passano pochi minuti e si trova sommersa di domande riguardo alla salute di Aldo, in quanto da Roma era stato spedito un telegramma in cui si diceva che il ragazzo fosse stato molto male nei giorni passati e che lei fosse rimasta con il figlio fino alla sua guarigione.
Evelina scopre poco dopo che tutto ciò è stata opera dell’avvocato Giorgio Armelli e, subito dopo, le donne e l’avvocato lasciano la casa.
Lello si sveglia e Evelina si trova a dover affrontare le sue accuse di tradimento e i suoi rimproveri per essere stata via così tanti giorni senza far sapere nulla di Aldo e del suo ritorno.
Dopo varie discussioni in cui la donna cerca di tenere a bada l’amante, gli confessa un “segreto” che non avrebbe voluto ammettere nemmeno a sé stessa: dal momento del ritorno del marito lei si è sempre sentita divisa in due. Da una parte Eva, la “signora Morli uno”, donna di Ferrante Morli, con la sua parte spensierata, folle e in fondo ancora un po’ bambina. Dall’altra Lina, la “signora Morli due”, amante di Lello Carpani, una donna cresciuta, matura e responsabile, posata ed elegante. Confessa, infine, di non poter scegliere tra le sue due “parti” e che, pur essendo solo una delle due donne alla volta, non può scordarsi dell’altro lato di sé stessa.
Il finale è aperto e si chiude con Evelina e Titti. La figlia è in braccio alla madre che la culla e che pensa al futuro della piccola, a quando crescerà e diventerà una donna.
1920 – La signora Morli, una e due – Commedia in tre atti
Premessa e Trama
Personaggi, Atto Primo
Atto Secondo
Atto Terzo
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