1985. RAI
Maddalena Crippa: Livia Arciani
Remo Girone: Leonardo Arciani
Lina Sastri: Elena Orgea
Achille Millo: Guglielmo Groa
Sergio Nicolai: Cesare D’Albis
Regia di Andrea Camilleri
FONTE Novella «Il nido» 1895
STESURA fine 1895
PRIMA RAPPRESENTAZIONE 19 aprile 1915 – Milano, Teatro Manzoni, Compagnia stabile milanese diretta da Marco Praga (prim’attrice Irma Gramatica).
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Approfondimenti nel sito:
Sezione Novelle – Il nido
Sezione Teatro- La ragione degli altri
La stesura risale alla fine del 1895; originariamente ebbe come titolo II nido, dramma in quattro atti; successivamente fu intitolata II nibbio, Se non così; poi definitivamente La ragione degli altri, commedia in tre atti.
Fu rappresentata la prima volta col titolo Se non così al teatro Manzoni di Milano il 19 aprile 1915 dalla Compagnia Stabile milanese diretta da Marco Praga, prima attrice Irma Gramatica.
È la prima commedia di Pirandello in tre atti, in lingua italiana. Il soggetto è il contrasto tra la moglie e l’amante del marito, tra la rispettabilità della famiglia, l’ordine costituito, e la maternità che resta umanamente valida anche se ottenuta trasgredendo le regole della società civile.
Livia ha saputo che il marito Leonardo, un giornalista che fa una vita piuttosto caotica e sregolata, ha avuto una figlia dalla relazione extraconiugale con Elena. Livia non ha avuto figli, pertanto, sulla base della norma che la casa è là dove si trovano i figli, il marito dovrebbe andare a vivere con l’amante e la sua creatura. Ma Leonardo s’avvede di non essere più innamorato di Elena, alla quale lo lega ormai soltanto la bambina. La situazione scatena sentimenti accesi e contrastanti. Interviene anche Guglielmo, padre di Livia, che si sforza di capire come mai la figlia non reagisca alla situazione che il marito ha creato; ma il suo intervento rompe un delicato equilibrio e quella sera Leonardo non torna nella casa dove lo attendevano Livia e Guglielmo. Ognuno cerca di far valere le sue ragioni, Livia capisce le ragioni del marito che non può abbandonare la figlia, il padre non le capisce, perché provocano l’infelicità di Livia. C’è in Leonardo un soprassalto d’amore per Livia e gradualmente in lui, come nella moglie, si fa strada l’idea di ricomporre la loro unione prendendo anche la bambina, in questo modo l’affetto dell’uomo non rimarrà diviso fra due famiglie. Alla soluzione comoda per i due e drammatica per Elena, la madre sacrificata si ribella vivacemente parlando con Livia e con Leonardo, in concitati dialoghi. Si scontrano, da un lato, le leggi della società borghese che pongono all’apice della piramide dei valori il benessere (il padre di Livia è benestante e può assicurare un avvenire alla bambina) e l’unità della famiglia e, dall’altro, le leggi della vita di cui è espressione l’amore materno, che saranno sopraffatte. In casa di Livia si ristabilisce l’ordine e l’armonia con la presenza di Leonardo e della bambina; ma l’anima di Elena ne è dilaniata. Nella scena finale, dopo che Leonardo le ha strappato il consenso di portar via la bambina, l’ultimo delicato atto della sua trepida maternità sconfitta; corre a cercare un cappellino perché la piccola sia più bella. Ma quando torna Leonardo e la figlia sono già andati via, corre alla finestra per rivederla l’ultima volta «alla fine se ne ritrae muta, come insensata», mira «con gli occhi attoniti, vani» il giuoco della figlia che è rimasto sul tavolo; poi «s’accorge d’avere in mano il cappellino della bimba, lo contempla e rompe in singhiozzi disperati». La tela cala su questa tragica solitudine nell’improvviso vuoto della stanza.
I personaggi sono delineati con grande efficacia. Leonardo è un egoista: bada soltanto a se stesso e non è nemmeno sfiorato dalla pietà per Elena, alla quale impone un sacrificio disumano.
Livia risulta un personaggio contraddittorio: in lei una pur notevole moralità convive con un troppo facile adattamento alla situazione che le consente di recuperare il marito, sua vera aspirazione. Le convenzioni della società borghese bastano per lei a giustificare una cattiva azione, a placare ogni eventuale rimorso.
La sofferenza fa di Elena la protagonista della commedia: è lei con la sua dolente maternità, ignorata e calpestata, la vittima, costretta a subire «la ragione degli altri».
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