Premessa
Personaggi, Quadro Primo
Quadro Secondo
Quadro Terzo
Quadro Quarto
Quadro Quinto
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1934
La favola del figlio cambiato
Musica di Gian Francesco Malipiero
Quadro Secondo
Appare l’interno dell’abitazione di Vanna Scoma.
È Vanna Scoma una vecchia fattucchiera, che ha fama d’essere in misteriosi commercii con le «Donne».
Vive in una casupola quasi in campagna.
Non si vedrà dell’interno altro che un rustico camino in fondo, con una grande cappa; a destra, la sola porta, d’un verde chiaro, mezz’aperta; a sinistra, una sola cassapanca, lunga e stretta come una bara, su cui è buttato, non disteso, un pezzo di stoffa rossa. Tutto il resto è nero.
Vanna Scoma è seduta davanti al camino. Immobile, con le mani posate sulle gambe, non par vera.
Avrà sul volto dapprima una maschera, Per dar questa impressione di fantoccio, lì posato sulla seggiola, con le sue vesti e le sue grosse scarpe.
Entrano dalla porta mezz’aperta nella notte la Madre e le due donne che l’accompagnano.
LA MADRE (è tutta scarmigliata; è corsa nella notte, sempre gridando; ora sorretta dalle due vicine, con la testa che le ciondola dalla stanchezza, quasi senza più voce per l’affanno della corsa e il troppo gridare, ripete, entrando, come un’eco del suo grido disperato):
Figlio mio …
Figlio mio …
Le due donne la scrollano per farla tacere, quasi irose:
L’UNA:
Zitta!
L’ALTRA:
Basta,
ora!
L’UNA:
Basta!
LA MADRE:
Perché? Dove m’avete
portata? Voglio il figlio mio…
L’ALTRA (prendendosi con la mano sinistra l’avambraccio destro levato e mostrandoglielo):
Qua, ecco
il figlio vostro!
L’UNA:
Fate
perdere la pazienza!
L’ALTRA:
Vanna Scoma è la sola
che possa dirvi dov’è.
LA MADRE:
E svegliatela, dunque, svegliatela,
che possa dirmi dov’è!
L’UNA:
Svegliarla? Siete matta?
L’ALTRA:
Bisogna aspettare che si svegli da sé!
L’UNA:
Che rinvenga; perché,
pare lì, ma non c’è.
L’ALTRA:
Sediamo, sediamo
qua sulla cassapanca.
L’UNA:
La porta, sempre aperta,
di giorno e di notte.
L’ALTRA:
E la notte è così,
come un fantoccio
posato lì sulla seggiola:
le vesti, le scarpe,
le mani sulle gambe.
L’UNA:
Se la toccate è di gelo.
L’ALTRA:
Ma chi
s’attenta a toccarla?
L’UNA:
Il suo spirito
è via con le Donne.
L’ALTRA:
Ogni notte
se la vengono a chiamare
Entrano dalla porta mezz’aperta due contadini con gli scialli sulle spalle.
L’UNA:
Ecco qui
questi due.
PRIMO CONTADINO:
Contadini.
SECONDO CONTADINO:
Suoi vicini.
L’UNA:
Ogni notte per nome
la sentono chiamare.
L’ALTRA:
È vero?
PRIMO CONTADINO:
È vero, sì.
L’ALTRA:
E come? come?
SECONDO CONTADINO (imitando una voce misteriosa, lontana):
Vanna Scoma …
Vanna Scorna …
PRIMO CONTADINO:
Se la portano con loro,
chi sa dove, a far che cosa…
SECONDO CONTADINO:
Solo il corpo resta lì.
PRIMO CONTADINO:
Ma se le mettete
sul capo codesto
panno rosso –
SECONDO CONTADINO:
– alza le mani
subito, per levarselo, e si sveglia.
L’UNA:
Proviamo?
L’ALTRA:
Proviamo.
L’una prende quel pezzo di stoffa rossa, lo stende, porgendone i due capi all’altra, e tutt’e due cautamente vanno a deporlo sul capo della fattucchiera. Questa leva subito le mani e, insieme col panno rosso, strappandosi la maschera (che vi resterà dentro nascosta), scopre la faccia viva, gridando:
VANNA SCOMA:
Chi è?
PRIMO CONTADINO:
Amici!
SECONDO CONTADINO:
Amici, Vanna Scoma!
L’UNA:
Amiche!
Siamo venute, perché… –
Vanna Scoma alza la mano a un gesto che para.
PRIMO CONTADINO (subito):
Zitte!
SECONDO CONTADINO:
Fa segno!
VANNA SCOMA:
Lo so, perché.
L’ALTRA:
– a questa poveretta…
indica la Madre.
VANNA SCOMA:
Vi dico che lo so!
L’UNA (col tono di chi non può tenersi dal dire una cosa, tanto le pare crudele):
– hanno cambiato il figlio!
LA MADRE:
Il figlio mio! Il figlio mio!
L’ALTRA:
– le Donne!
VANNA SCOMA (irritandosi, come se non voglia saperlo):
Le Donne … le Donne …
V’empite la bocca: Le donne!
Chi ve l’ha detto? Nessuno
può saperlo. Io so questo soltanto:
che tuo figlio
l’ho veduto.
LA MADRE (subito levandosi):
L’avete veduto?
VANNA SCOMA:
Veduto.
LA MADRE:
Dov’è?
Dove me l’hanno portato?
Vanna Scoma para le mani a impedire ogni domanda.
Corro anche in capo al mondo…
PRIMO CONTADINO:
Zitta!
SECONDO CONTADINO:
Forse ve lo dice!
Attendono protesi. Vanna Scoma abbassa le mani, tace.
L’UNA:
Dove?
L’ALTRA:
Dove?
PRIMO CONTADINO:
Non può dirlo.
LA MADRE:
Perché non potete?
se lo sapete…
PRIMO CONTADINO:
Lo sa,
ma non può.
LA MADRE:
Vanna Scoma, vi do
tutto quello che ho!
Ditemi dove l’avete veduto!
Vanna Scoma, che ha abbassato le mani, ne rialza una.
SECONDO CONTADINO:
Vuol parlare!
VANNA SCOMA:
Ti dico
che tuo figlio – dov’è –
sta bene.
LA MADRE:
Bene?
senza di me?
il figlio mio, senza di me?
e come volete che possa star bene
senza di me?
L’UNA:
Se ve lo dice lei …
LA MADRE:
Ma io? ma io? Che dite!
Voglio correre subito a prenderlo!
Se l’avete veduto,
dovete pure saperlo, dov’è,
dove me l’hanno portato.
Ditemelo, Vanna Scoma!
Morrò, se non lo so!
se non me lo dite, morrò!
VANNA SCOMA:
Più fai così,
e più tuo figlio, là dove si trova,
s’agita e smania e soffre.
LA MADRE:
Ma come volete che faccia?
VANNA SCOMA:
State tranquilla.
LA MADRE:
Tranquilla?
Sì, morta;
come volete che stia
tranquilla? No, no,
voglio sapere dov’è,
voglio sapere dov’è!
VANNA SCOMA:
In una casa di re.
LA MADRE:
In una casa di re?
mio figlio?
in una casa di re?
L’UNA:
Se ve lo dice lei …
L’ALTRA:
… che l’ha veduto …
VANNA SCOMA:
In una casa di re.
PRIMO CONTADINO:
La sentite?
SECONDO CONTADINO:
L’ha ripetuto!
LA MADRE:
Ma lo dice per burla!
me lo dice
per farmi stare tranquilla!
PRIMO CONTADINO:
No, ve l’ha detto – guardatela! –
ve l’ha detto perché è vero,
guardatela!
Tutti la guardano. Vanna Scoma rimane impassibile.
L’UNA:
Vanna Scoma!
Vanna Scoma!
Vanna Scoma rimane impassibile.
SECONDO:
Non risponde.
Quando ha detto una cosa
vuol essere creduta.
PRIMO:
E dopo tutto perché
non dovrebbe esser vero?
L’UNA:
Vostro figlio era bello –
L’ALTRA:
– come un figlio di re!
L’UNA:
È parso loro peccato –
VANNA SCOMA:
– che crescesse con te.
PRIMO:
La sentite?
SECONDO:
Dunque, è vero!
LA MADRE:
Che crescesse con me,
il figlio mio, peccato?
PRIMO CONTADINO:
Non diciamo peccato,
diciamo che è segno
che l’hanno stimato
degno –
SECONDO CONTADINO:
– ecco, degno
d’una sorte migliore!
L’UNA:
Carni fine,
da indossare
camicine
delicate.
L’ALTRA:
E manine
da toccare
cose belle,
cose rare.
LA MADRE:
Il figlio mio …
Il figlio mio …
PRIMO:
Piangete?
SECONDO:
Siate contenta, felice, superba,
che sia diventato
un figlio di re!
L’UNA:
Avrà quello che vorrà!
LA MADRE:
Ma la mamma sua vera…
L’ALTRA:
Piccolino, non lo sa
che v’ha lasciata…
LA MADRE:
Ma già mi conosceva!
L’UNA:
E domani, aprirà
gli occhi
LA MADRE:
– e non mi vedrà,
mi cercherà
L’ALTRA:
– si troverà davanti
una regina – che volete di più?
L’UNA:
Una regina! E chi sa
che cose grandi vedrà –
LA MADRE (assorta):
Crescerà senza sapere
più nulla del suo stato…
PRIMO CONTADINO:
Ah, sì, bello stato –
SECONDO CONTADINO:
– da rimpiangere davvero…
LA MADRE:
… né dov’è nato,
né chi era
la mamma sua vera…
riscotendosi
No, no, il figlio mio
io voglio il figlio mio,
povero come me,
ma con me, ma con me!
L’ALTRA:
E questo è tutto il bene
che gli volete?
LA MADRE:
Per il figlio mio
il mio cuore di mamma
val più d’ogni regno
e più d’ogni splendore!
L’UNA:
Più d’una casa di re?
LA MADRE:
Casa di re… casa di re…
Che re? di che regno?
VANNA SCOMA:
Non stare a cercare.
LA MADRE:
Si può ben fare il conto dei re,
non ce n’è tanti poi sulla terra…
PRIMO CONTADINO:
Il re d’Inghilterra…
SECONDO CONTADINO:
Il re di Francia…
VANNA SCOMA:
Sì, Francia… La Francia
non ha più re.
L’UNA:
Non ha più re?
L’ALTRA:
S’è detto sempre il regno di Francia.
VANNA SCOMA:
E ora la Francia
non ha più re.
PRIMO CONTADINO (alla madre):
Vorreste andare per mare e per terra
in cerca di regni?
SECONDO CONTADINO:
Vi figurate che vi lascino entrare
in una reggia guardata –
PRIMO CONTADINO:
– voi tutta stracciata,
più strapazzata
d’una scopa di forno –
SECONDO CONTADINO:
– le scarpe rotte…
L’UNA:
I guardiani…
L’ALTRA:
Linguaggi d’altro suono
VANNA SCOMA:
E c’è regni in cui sono
sei mesi di giorno
e sei mesi di notte.
L’UNA:
Lontani, lontani
L’ALTRA:
Inutile andarlo a cercare!
PRIMO CONTADINO:
Non lo potrebbe mai ritrovare…
LA MADRE:
Ma allora… ma allora mio figlio non debbo
rivederlo mai più?
VANNA SCOMA:
Ti posso dir questo soltanto: se tu
vuoi che tuo figlio stia bene,
dipende da te.
Non vale che sia in una casa di re.
Tratta bene quest’altro che t’è
toccato in cambio. E t’avverto,
che certo
quanta più cura tu qua
avrai di quest’altro,
e tanto meglio tuo figlio
starà di là.
Bujo. La scena sparisce.
1934 – La favola del figlio cambiato – Favola in tre atti in cinque quadri
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