Premessa
Personaggi, Quadro Primo
Quadro Secondo
Quadro Terzo
Quadro Quarto
Quadro Quinto
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1934
La favola del figlio cambiato
Musica di Gian Francesco Malipiero
Quadro Quarto
Giardino della villa sul mare, la terrazza. Ajuole, statue, sedili di marmo. Il giovine Principe è sdrajato su uno dei sedili; i due Ministri sono dietro la spalliera, che si guardano tra loro, perplessi nella contrarietà in cui si trovano. Fulgido mattino. Silenzio di paradiso.
PRIMO MINISTRO (facendosi coraggio):
Vostra Altezza (ma già
possiamo quasi dire
Vostra Maestà…
IL SECONDO:
Ecco, già.
Maestà, Maestà!)
IL PRIMO:
Dovrebbe capire…
IL SECONDO:
Ecco, capire…
IL PRIMO …capire
che questa indolenza…
IL PRINCIPE:
… di dama
sdrajata seminuda …
IL PRIMO (scandalizzato):
Oh no, che dice,
Altezza!
IL PRINCIPE:
Dico che mi godo
questo tepore che dà
un’ebbrezza, un’ebbrezza
che ne vorrei morire.
Questo veramente si chiama
sentirsi felice.
Il regno, non c’è modo
di lasciarlo per ora appeso a un chiodo,
come un mantello che mi metterò
sulle spalle, venuta la sera?
Non mi dite di no.
Lasciatemi per ora
guardare la bella riviera,
il cielo, il mare;
godere la prodigalità
di questo sole, divina,
che incoraggia alla vita.
Qua non si muore. Basta
non cessare d’accogliere in sé
questo palpito continuo
di luce, di foglie, di acqua,
e non si muore.
S’alza.
Ho accolto qua tutto,
l’aria, ogni aspetto di cose
vicine, lontane,
con un consentimento
così rapido e tenero,
che è stato per l’anima
come una nascita nuova
o ritrovata da un sogno
d’infanzia, chi sa?
come se qua
già fossi nato una volta, in un’altra
vita, di cui solamente
l’alba e null’altro
mi possa sovvenire.
IL PRIMO:
Ma è, veda, che gravi
notizie son giunte,
Altezza; complicazioni…
IL SECONDO:
E ragioni
di Stato…
IL PRIMO:
Il fardello
dei re …
IL PRINCIPE:
Senza peso,
per carità, senza peso!
Quest’è saggio:
albergare di passaggio
nell’anima del popolo.
IL SECONDO:
Son già pronti i bagagli
IL PRINCIPE:
No, senza bagagli,
via tutti i bagagli! A tracolla
un tascapane
pieno di frottole amene,
e a braccetto una bella fanciulla
naturale come un fiore,
per cui nel regno,
vedendoci passare,
tutti possano esclamare:
«Ecco un uomo d’ingegno
e una donna di cuore! ».
Non cercate, non vi travagliate,
non c’è bisogno di nulla:
tutto alla fine verrà come in sogno
da sé:
voi, ministri; ed io, re.
IL PRIMO:
Ma vostro padre, Altezza
IL SECONDO:
Il cuore ci si spezza…
IL PRINCIPE:
Vedo mio padre nella sua reggia
in un fastoso deperimento.
Addormentata nel capo ogni idea,
nel petto ogni sentimento,
nel fegato ogni ira,
con gli occhi pieni di sonno si stira
distratto sul mento
la barbetta profumata:
«Niente di nuovo nella giornata?».
La voce di mio padre, per me,
è come vedere
uno specchio nell’ombra.
Si turba; domanda prima all’uno e poi all’altro:
Allibito? Allibito?
IL PRIMO:
Ma anche voi, Altezza, anche voi,
delle vostre stesse parole…
IL PRINCIPE:
No, sono stupito
che fossero in me,
tante e sì giuste,
senza ch’io lo sapessi.
Vi siete guardati negli occhi;
v’è parso
che non parlassi più io,
ma un altro; e anche a me
è parso così; ma con questa
gioja di liberazione.
Ah, perdere la testa,
non aver più la ragione!
Canto di merlo
in gabbia. Parole fruste.
Inchiostro
sparso.
Re, col Dio
che ci vuole.
Dente che duole.
E tutti dietro uno scudo.
E mai un viso nudo,
fino all’anima nudo,
come vorrei vederlo;
un sorriso, ma vostro;
e non fatto per me;
e come parlate
dentro di voi; ma questo
forse non lo sapete
nemmeno voi stessi.
Si muove per andare e subito torna indietro per domandare ai due Ministri sbalorditi, con estrema malizia:
Vorrei sapere dell’acqua del mare,
se invecchia, se muore!
ci sarà la più giovane,
quella che più viva si muove:
e l’altra, quella che spuma,
quella che stracca s’abbatte alla spiaggia,
è forse la vecchia? Vi fa
ridere questo pensiero
dell’acqua bambina,
dell’acqua vecchia del mare?
Li guarda un po’, così sbalorditi, scoppia a ridere e se ne va.
IL PRIMO:
Ohè, dico, gli ha dato
di volta il cervello?
IL SECONDO:
Direi che piuttosto
con quel girarrosto
di finto rovello
di noi s’è beffato.
IL PRIMO:
O fors’anche ha voluto…
Sopravviene il Maggiordomo.
IL MAGGIORDOMO:
Eccellenze, il mio saluto.
IL SECONDO:
Comprendo e non comprendo.
IL PRIMO (al Maggiordomo):
Siamo a un bivio tremendo:
Partire – morire,
Restare – abdicare.
IL MAGGIORDOMO:
Comprendo e non comprendo.
IL PRIMO:
Chiaro e tondo,
chiaro e tondo,
il medico ha parlato:
«Se voi, Eccellenze,
all’esigenze
del caso v’arrendete,
per mia quiete
dichiaro che più non rispondo
della vita del Principe ammalato».
IL SECONDO:
Intanto,
lo schianto
del trono è imminente lassù;
il re, scampato
a un attentato,
non so che guasto
al sangue n’ha avuto,
e ancora vivo
ai vermi in pasto
par sia caduto.
Bisogna partire,
partire!
IL PRIMO:
Scrivo, riscrivo,
qua privo
d’ajuto…
IL SECONDO:
Nessuno più
risponde.
IL PRIMO:
Il finimondo
è lassù.
IL SECONDO:
Saccheggi!
IL PRIMO:
Incendii!
IL SECONDO:
Scioperi e tumulti
e ribellati tutti
a ogni legge degli uomini e di Dio!
IL PRIMO (al Maggiordomo):
In tanto scompiglio,
il vostro consiglio?
MAGGIORDOMO:
Ah, se volete il mio:
restare!
IL SECONDO:
E allora, abdicare? abdicare?
MAGGIORDOMO:
Se partire è morire…
Ma – attendete –
forse partire bisogna;
di là
c’è una donna;
delira o sogna,
non so; pare una strega
vi prega
che la vogliate ascoltare.
Va a prendere Vanna Scoma per introdurla alla presenza dei due Ministri.
IL PRIMO:
Una donna?
IL SECONDO:
Chi sarà?
Rientra il Maggiordomo con Vanna Scoma, tutta scombujata.
IL PRIMO:
Parlate, chi siete?
VANNA SCOMA:
Ho veduto.
IL PRIMO:
Veduto?
IL SECONDO:
Che,
veduto?
VANNA SCOMA:
Il vostro re.
MAGGIORDOMO:
Vaneggia.
IL PRIMO:
Come?
IL SECONDO:
Dove?
MAGGIORDOMO:
Scorto
da lontano?
toccato con la mano?
VANNA SCOMA:
Morto.
Nella sua reggia.
IL PRIMO:
Ma questa donna chi è?
IL SECONDO:
Il vostro nome!
MAGGIORDOMO:
E le prove!
VANNA SCOMA:
Il mio nome?
Qua tutti lo sanno.
Le prove? Vi dico: ho veduto.
Presto saprete che non v’inganno.
Veduto tutto:
la reggia in lutto,
il Re disteso
sul catafalco.
La faccia spenta gli s’è allargata
in un sudore di cera,
e qua nel solco sotto lo zigomo
gli s’è franata.
Vi han sopra steso, a nasconderla,
un velo nero.
Lo vedo! Lo vedo!
Il mascellare coi denti
sta per scoprirsi, e sgomenti
gli alabardieri
lo sbirciano,
sull’attenti,
tra i ceri,
attorno al catafalco.
Signori sparuti, in marsina, con trame
d’argento, e dame
basite si guardano tra loro
sotto il palco
tutt’in giro,
dei velluti a frange d’oro.
A questo segno mi crederete.
Se al Principe volete
salvare il regno,
accorrete! accorrete!
A questo punto si sente crescere tutt’intorno alla villa un mormorio confuso difolla, come un vasto brusìo d’alveare.
PRIMO MINISTRO (costernato):
Che è questo fermento
di folla attorno alla villa?
IL SECONDO:
S’è sparsa a tradimento
la notizia?
VANNA SCOMA:
Non sono stata io!
MAGGIORDOMO:
Mormorio, mormorio,
stia tranquilla,
Eccellenza: la vita dei re
è sempre in mezzo alle favole; e qua
una ne è nata
(fors’anche da questa megera)
che la villa circonda,
come fa l’onda inquieta
un’isola di pace. Leggera
brezza, chiacchiera infondata…
IL SECONDO:
Eh, tanto leggera non pare…
È come un fragore di mare…
Udite? Udite?
IL PRIMO (a Vanna Scoma):
Che intrico
è questo? che favola
è nata? Parlate!
VANNA SCOMA:
Non parlo!
Vi dico:
partite!
IL PRIMO:
Ma il principe dov’è?
Bisogna andare a cercarlo,
a cercarlo!
MAGGIORDOMO:
A diporto
sarà nella villa…
IL PRIMO:
Se il Re
sta per morire, o è già morto,
bisogna partire, partire…
1934 – La favola del figlio cambiato – Favola in tre atti in cinque quadri
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