Una storia che fa riferimento a una leggenda diffusa in tutto il mondo: lo scambio di un figlio alla nascita. Non un incidente ospedaliero, ma un atto voluto, doloso, misterioso. FONTE Novella «Il figlio cambiato» (1902) Approfondimenti nel sito: Premessa |
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Musica di Gian Francesco Malipiero
Premessa
«La Favola del figlio cambiato», iniziata da Luigi Pirandello e condotta avanti fino a tutto il terzo episodio come preparazione al Mito dei «Giganti della Montagna», fu poi compiuta per la musica del Maestro G. F. Malipiero; al quale l’Autore, incapace di fornire un vero e proprio «libretto», aveva dato ampia facoltà di togliere o adattare le parole secondo le esigenze della musica.
La favola, tre atti in cinque quadri per la musica di Gian Francesco Malipiero, fu rappresentata in prima assoluta a Braunschweig nel gennaio del ’34; la prima rappresentazione italiana avvenne nel marzo del ’34 al Teatro Reale dell’Opera di Roma.
Pirandello, quasi alla fine della vita e della sua produzione, torna alle popolari credenze della sua Sicilia, già presenti nella novella omonima, Il figlio cambiato (1902); le guarda con benevolenza, scorgendone al di là delle grossolane superstizioni, le radici di profonda umanità.
Le Donne, streghe dell’aria, che vanno in giro di notte a sostituire bambini belli e sani con altri deformi e malaticci, hanno attuato questo scambio maligno ai danni di una madre. Il suo paffuto e roseo figlioletto è stato trafugato e, al suo posto, la madre ha trovato un bambino misero e malato. La fattucchiera paesana, Vanna Scoma, alla quale la madre si rivolge, le dà un consiglio pieno di grande saggezza. Il figlio trafugato, che è stato portato alla corte di un re, potrà star bene solo se la madre alleverà con affetto e cure l’altro bimbo.
Il vero figlio, però, nonostante gli onori, è infelice e, per riacquistare la salute, ritorna nel paese dove si trova la madre; improvvisamente la sua malinconia si scioglie e il figlio si sente felice: «Dico che mi godo/ questo tepore che dà/ un’ebbrezza, un’ebbrezza/ che ne vorrei morire. / Questo veramente si chiama/ sentirsi felice». Il figlio, alla fine, rinunciando a tutti gli onori, decide di rimanere presso la madre ritrovata.
È ancora una volta il motivo della maternità, alla quale Pirandello conferisce un valore sacrale, ad animare questa Favola, che è inserita nei Giganti della montagna come unica pièce che la compagnia di attori guidati da Ilse vuole recitare.
1934 – La favola del figlio cambiato – Favola in tre atti in cinque quadri
Premessa
Personaggi, Quadro Primo
Quadro Secondo
Quadro Terzo
Quadro Quarto
Quadro Quinto
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