Pietro Seddio: La famiglia di Luigi Pirandello – Cap. 8: Fausto Pirandello

Di Pietro Seddio

Fausto Pirandello resta un artista per veri intenditori della qualità e del pensiero. È presente nelle più importanti collezioni private e nei musei più prestigiosi del continente europeo, tra questi si ricordano la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, il Tate Modern di Londra, il Centre Pompidou di Parigi, il Museo del ‘900 a Milano.

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La famiglia di Pirandello. Capitolo 8
Fausto Pirandello, Atmosfera e autoritratto, 1956. Collezione privata

La famiglia di Luigi Pirandello

Col consenso dell’autore

Capitolo 8
Fausto Pirandello (1899-1975)

La vicenda creativa (e umana) di Luigi e Fausto Pirandello rappresenta un caso straordinario, forse unico, specie se si considera che entrambi, padre e figlio, hanno raggiunto i vertici della fama. Scrittore, poeta e drammaturgo, insignito nel 1934 del Premio Nobel per la letteratura, Luigi Pirandello (Agrigento 1867 – Roma 1936) ha sempre coltivato, in privato, anche la pittura, mentre il suo terzogenito, Fausto (Roma, 1899-1975), uno dei maggiori pittori italiani del Novecento, si è cimentato in varie occasioni con la scrittura.

Lo sguardo del pittore e quello del letterato, perciò, in Casa Pirandello si sono spesso incrociati. In una rara intervista rilasciata nel 1969 Fausto Pirandello, ormai settantenne, dichiarava che col padre parlava sempre di pittura e aggiungeva: «lui stesso era un pittore, il primo esemplare di pittore che ho conosciuto, perché l’ho visto fin da bambino».

E in un appunto autobiografico pubblicato nel 1950 ricordava:

 “Se mio padre dipingeva, dipingeva anche mio fratello e questa petulanza indispettiva me solo cui per l’età tenera si vietava l’esercizio di quelle arti belle. Se contrariato e avvilito mi rivolgevo a mia madre, la trovavo intenta a ricamare fiori e rabeschi con variate matassine di seta d’incredibili colori. […] Erano pantofole, ma avevano l’aria d’un funerale». Luigi Pirandello aveva iniziato a coltivare la pittura da giovane, in Sicilia, sotto la guida del pittore Gaetano Castrogiovanni, che dava lezioni a sua sorella Lina. E poi per tutta la vita, durante i periodi di villeggiatura, ha continuato a dipingere, rigorosamente dal vero, soprattutto il paesaggio oppure ritratti di familiari e amici. Dipingere gli dava un senso di serenità e lo ritemprava dalle fatiche della scrittura. I suoi dipinti, comunque, sono stati esposti per la prima volta al pubblico solo nel 1937, dopo la sua scomparsa”.

Come notava nel 1943 suo figlio Stefano, il primogenito che aveva seguito le orme paterne e si era affermato come scrittore col nome di Stefano Landi: “è sintomatico, psicologicamente, che lui non usò mai, riferito a sé stesso, il verbo dipingere: lui “pittava”. In altre parole, Stefano Pirandello vuole sottolineare che il ricorso alla voce verbale meridionale «pittare», al posto dell’italiano «dipingere», rivelava nello scrittore siciliano la natura profonda, originaria, viscerale, del rapporto che lo legava alla pittura, paragonabile a quel legame speciale che si ha con la propria (lingua) madre. L’opera letteraria di Luigi Pirandello ha influenzato anche le arti figurative, specie nel periodo tra le due guerre.

Emblematico, in tal senso, appare il romanzo, Uno, nessuno e centomila, che affrontando questioni legate al tema dell’identità personale, coinvolge in modo particolare la sfera dell’autoritratto e del ritratto. Il volume esce nel 1926, ma la stesura del romanzo aveva impegnato lo scrittore per oltre quindici anni e dunque, tenendo conto del fatto che Luigi leggeva ai figli tutto quello che andava scrivendo, si può affermare che Fausto vi sia cresciuto insieme. Tra l’altro Fausto, che fa il suo esordio pubblico come pittore nel 1925, ventiseienne, è praticamente coetaneo di quel Vitangelo Moscarda, il protagonista del romanzo, che ha 28 anni quando il primo germe del male comincia a mettere radice nel suo spirito col pensiero: «ch’io non ero per gli altri quel che finora, dentro di me, m’ero figurato d’essere».

Da notare, poi, anche il fatto che di Luigi Pirandello si conoscono solo alcuni autoritratti giovanili.

In seguito, sembra non essersi ritratto più, tranne che nel 1928, quando si raffigura di profilo in una spiritosa “autocaricatura” dal titolo Così sono…se vi pare. E del resto come avrebbe potuto l’autore di Uno, nessuno e centomila mettersi ancora davanti allo specchio per farsi il ritratto? Se dunque Luigi non si ritrae più, si rassegna però a essere «Uno, nessuno e centomila» per i numerosi artisti (compreso il figlio Fausto) che sempre più spesso, con l’aumentare della celebrità, lo ritraggono.

E per quanto riguarda Fausto, forse non è casuale che l’opera con cui esordisce nel 1925 sia un quadro di nudo, intitolato Bagnanti, un soggetto sul quale il pittore tornerà ossessivamente per tutta la vita.

“Le bagnanti – dirà più tardi – sono quanto di meno costruito esista, sono umanità immediata”.

È però soprattutto agli oggetti, miseri e misteriosi, «scompagni» (come recita il titolo di una sua natura morta), che il pittore affida il compito di «impersonare» quel senso di spaesamento esistenziale presente anche in tante novelle del padre.

Fausto Pirandello, 1936. Foto di Emanuele Cavalli

E nel 1941 Guttuso evidenzia di Fausto proprio quel “suo essere con gli oggetti in morbosa intimità”.

Le sue nature morte, nelle quali spesso è difficile perfino riconoscere i singoli oggetti, sembrano voler mettere alla prova l’osservatore, costringendolo ad affinare lo sguardo e a dubitare della verità della visione.

Fausto Pirandello, insomma, mette volutamente in luce la problematicità del reale e spesso si ha l’impressione che a noi manchi la chiave per interpretare i suoi dipinti, che paiono alludere (specie quelli metafisici degli anni ‘20 e ‘30) a fatti noti solo al pittore. Ma come si è visto, oltre a dipingere Fausto Pirandello si è cimentato anche con la scrittura.

Una fotografia lo mostra, cinquantenne, nel suo studio, seduto alla scrivania davanti alla macchina da scrivere, mentre alle sue spalle, su uno scaffale della libreria, incombe una foto di Luigi con la dedica: “Al suo Fausto, Papà”.

Il pittore è intervenuto nel dibattito artistico con ponderosi saggi critici, ma ha anche pubblicato dei testi di tono meno impegnato, facendo ricorso a un linguaggio più descrittivo, fra l’ironico e il beffardo, con accenni arguti e un uso personale della parola, ricorrendo a termini a volte desueti, altre del tutto inventati (nel 1942 collabora con la rivista “Quadrivio”, negli anni ‘50 scrive su “La Fiera Letteraria”).

Inoltre, ha anche scritto molto per sé, usando la scrittura per fissare dei pensieri improvvisi prima che svaniscano. L’artista scriveva su qualunque pezzo di carta avesse sottomano, dai cartoncini d’invito alle buste delle lettere, utilizzando perfino gli involucri e la carta stagnola dei pacchetti di sigarette.

Su un pacchetto di sigarette Giubek, per esempio, nel secondo dopoguerra, nel momento di maggiore vicinanza al movimento dell’astratto-concreto di Lionello Venturi, Fausto ha scritto: Il 1° carattere della mia pittura è la chiarità Il 2° la sintesi delle forme Il 3° è la forza del colore. Ora va detto che il significato del termine «chiarità» per definire il carattere della sua pittura è apparso sempre un po’ misterioso, o quanto meno insolito.

Chissà se nello scegliere questo termine per descrivere la sua pittura Fausto non si sia ricordato di quella «chiarità» che, nella famosa novella di Luigi Pirandello, Ciàula scopre la luna acquista il valore di un’epifania?

Un’eco della visione del mondo di Luigi Pirandello si avverte, poi, in varie dichiarazioni di Fausto, ma naturalmente sarebbe riduttivo (e sbagliato) considerare la sua opera pittorica come una sorta di traduzione visiva delle tematiche paterne. Semmai si può pensare a una certa ‘aria di famiglia’. Tornando, per concludere, all’intervista rilasciata nel 1969, all’osservazione dell’intervistatore che: “C’è in questi ultimi suoi quadri un ritorno alla realtà oggettiva che ci circonda”, Fausto ribatte offrendo una definizione ‘pirandelliana’ del suo rapporto con la realtà, una chiave di lettura che appare assai utile per comprendere tutto il suo percorso:

“Veramente io non mi sono mai discostato da un riferimento alla realtà, anche se, anzi proprio perché la realtà è l’invenzione che ciascuno di noi fa del mondo che percepisce”.

Fausto Pirandello resta un artista per veri intenditori della qualità e del pensiero. Fausto Pirandello è presente nelle più importanti collezioni private e nei musei più prestigiosi del continente europeo, tra questi si ricordano la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, il Tate Modern di Londra, il Centre Pompidou di Parigi, il Museo del ‘900 a Milano.

Fausto Pirandello settantenne davanti all’opera Tavola sparecchiata (1958-60) all’inaugurazione della personale alla Galleria Gian Ferrari, Milano 1969.

Il lato più recondito dei suoi autoritratti appare evidente che sia quello che l’osservatore non riesca più a capire chi sia realmente Fausto Pirandello.

“Non so molto sulla vita degli artisti e quindi se si sono rappresentati in modo tale da essere sempre più difficile vedere oltre i loro occhi. Quando scoprirò qualche artista che ha saputo capire che cosa regnava nell’anima di Fausto Pirandello, io proverò un’enorme invidia verso costui. L.T.: … ne abbiamo di cose da dire… P. P.: e non ne mancherà l’occasione. Sai quanto mi piace parlare di pittura, dei Pirandello, della mia terra. Vi ringrazio molto per questa mostra … “I due Pirandello”, se avessi dipinto anche io avremmo fatto “i tre Pirandello”.

Pietro Seddio

INDICE

La famiglia di Luigi Pirandello: Nota introduttiva
Capitolo 1: Caterina Ricci Gramitto
Capitolo 2: Stefano Pirandello
Capitolo 3: Maria Stella
Capitolo 4: Calogero Portolano
Capitolo 5: Antonietta Portulano
Capitolo 6: Rosolina Pirandello
Capitolo 7: Stefano Pirandello
Capitolo 8: Fausto Pirandello
Capitolo 9: Lietta Pirandello
Capitolo 10: Il problema dell’eredità con i figli

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