Pietro Seddio: La famiglia di Luigi Pirandello – Cap. 2: Stefano Pirandello

Di Pietro Seddio

Stefano fu un vero personaggio, come ci riportano le notizie che sono arrivate a noi. Diciottesimo di una stragrande famiglia, era nato a Palermo. La sua famiglia era composta di ventitré tra fratelli e sorelle, alcuni morti anche giovani. Il padre, Andrea, era morto di colera ancora in giovane età.

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La famiglia di Pirandello. Capitolo 2
Ritratto di Stefano Pirandello padre di Luigi. Opera non firmata ma riconducibile alla mano di Fausto Pirandello

La famiglia di Luigi Pirandello

Col consenso dell’autore

Capitolo 2
Stefano Pirandello (1835-1908)

La vita di Stefano Pirandello, è noto, è stata assai controversa e si può subito dire che ha condizionato la vita dell’intera famiglia e proprio Luigi, il figlio, sembrò subire maggiormente le conseguenze negative. Sono tutti concordi, gli storici, nel definire quest’uomo un poco di buono, da non avere come amico sapendo che quel carattere focoso era sempre pronto ad esplodere sapendo che, effettivamente, non aveva alcuna paura, nemmeno dei pericoli evidenti e gravi.

Il nonno, che si chiamava Sc’Ndré (signor Andrea) era ligure, nativo e originario di Pra. Tutta gente marinara e lui medesimo figliolo di un piccolo armatore. Compì numerosi viaggi, allorquando fosse ragazzo, visitando molti siti mediterranei. A quindici anni lo troviamo a Palermo interessato a curare gli interessi di casa. Ebbe modo di sposare una giovanissima ragazza, Vella, figliola di un produttore di agrumi e avendo formato una famiglia, riuscì a creare una ingente fortuna con una numerosa figliolanza.

Morì, purtroppo, a 46 anni, di colera, nell’anno 1837, ricordato per i numerosissimi morti. Il nipote Luigi, anche lui, nacque nel 1867 anni del colera ad Agrigento, in particolare.

Il possidente, morto nel pieno delle sue forze, lasciò una vera fortuna che ci si trovò a spartire tra i 24 figli. Proprio il nostro Stefano, padre dello scrittore, era l’ultimo ma era altresì il secondo nominato Stefano della nidiata in quanto un altro Stefano era morto mentre si trovava a mare. Bisogna ricordare che un fratello di Stefano aveva 26 anni ed aveva anche un figlio, Luigi, di sei mesi più vecchio dello zio Stefano.

Alla morte di Andrea, il primogenito Felice che già lavorava col padre alla guida del grasso negozio d’agrumi e di zolfo ebbe l’idea di nominarsi unico erede di tutta quella ricchezza. A causa dell’epidemia l’intera famiglia si era trasferita a Santa Flavia, vicino Palermo, quando il padre per contagio venne a mancare. Il cadavere, su decisione proprio di Felice, rimase in casa per alcuni giorni e fu data notizia della morte solo quando il giovane era riuscito a sistemare tutta la questione finanziaria e di eredità a suo completo favore.  Le notizie pervenute parlano di un Felice assai smanioso, quasi propenso a considerarsi padrone seppur fu un buon padre per i fratelli minori e per le sorelle e si prodigò perché ciascuno di loro potesse avere un solido futuro: “a riuscita”.

Stefano, intanto, fu assunto per lavorare nel Banco adibito alla spedizione di agrumi e zolfo e per questo abbandonò l’azienda quando aveva venticinque anni, intenzionato a raggiungere Garibaldi che era impegnato nella campagna del Volturno. Poi ritornò a Palermo e da Felice fu inviato a Girgenti per sorvegliare le zolfare che erano state prese in affitto rimanendovi per lungo tempo seppure ad un certo punto ritornò a seguire Garibaldi che si trovava in Aspromonte.

Viene ricordato l’episodio che narra dell’atto di valore compiuto che salvò la vita al generale Garibaldi. Intanto a Girgenti il padre di Luigi aveva da alcuni mesi ripreso le antiche occupazioni allorché s’ebbe la gioia di muovere incontro a Rocco, fratello d’armi, liberato allora. La notorietà della famiglia Ricci Gramitto coinvolse anche Stefano Pirandello che in uno dei numerosi incontro ludici ai quali partecipava, ebbe modo di incontrare la giovane Caterina, della quale si invaghì quasi subito fino a quando poi, i due si riunirono in matrimonio dando il via alla famiglia nella quale fu poi presente il piccolo Luigi nato in campagna perché nella città di Girgenti era in corso il colera e quindi giustamente Stefano con la moglie e i piccoli si trasferirono al Caos, la zona di campagna, che distava dalla città, e dove venne alla luce Luigi, si, proprio colui che diventerà il noto scrittore agrigentino.

Caterina e Stefano si sposarono nel novembre del 1863 e nel 1867 nacque il loro secondogenito: Luigi. È noto che se questo piccolino fosse stato il primogenito il suo nome sarebbe stato Rosalino in memoria di Rosolino Pilo, mentre poi fu chiamata Rosalina la sorella. Nome inventato dai due genitori che nonostante il tempo scorresse loro dimostravano sempre il loro amore profondo mettendo sempre in risalto il loro interesse patriottico che per lungo tempo li accompagnò. La famiglia si fortificò nel dare alla luce altri figli: Annetta, Innocenzo, Adriana (morta ragazzina) Giovanni, il più piccolo. Rosalina fu subito chiamata Lina, e poi, in un secondo tempo, la piccola cascina rustica del Caos venne chiamata “Villa Lina”.

La cascina era stata portata in dote da Caterina e così questo nome “Lina”, nel tempo divenne “Lietta” come fu chiamata la figlia di Luigi Pirandello. Intanto in quel momento storico si ebbe una rivolta che si diffuse in gran parte della Sicilia: rivolta repubblicana che provocò parecchi problemi sociali ma che non coinvolse la famiglia Gramitto né quella dei Pirandello. Quasi subito dopo scoppiò il colera del quale si hanno precise notizie e che tanti morti provocò nelle regioni dove si diffuse e fu per questo che molte famiglie si allontanarono dai luoghi infettati installandosi nelle campagne anche distanti dalla città. Si ha notizie che in tutto morirono circa 53.000 persone. È bene riferire, in questo contesto storico, che anche Stefano Pirandello fu contagiato, ma vivaddio riuscì a salvarsi e continuare la sua attività che lo vedeva impegnato nelle zolfare alcune di sua proprietà.

L’allontanamento forzato di Stefano, per via del colera, provocò in Caterina un grave turbamento che alla fine provocò, (lei era già incinta) un aumento di eccitamento tanto che il parto del piccolo Luigi sembrò anticiparsi creando non pochi problemi alla partoriente relegata in campagna.

Fu una nascita particolare tanto che in seguito lo stesso scrittore ne farà menzione ricordando quei momenti particolari durante i quali la sua nascita si presentò problematica per l’assenza della levatrice che ritardò ad essere presente consentendo che quel fagottino nascesse spontaneamente e “cadesse in una notte di giugno come una lucciola”.

Nei ricordi, sempre vivi, dello scrittore, quei primi particolari rimasero indelebili tanto che scrivendo ebbe a sottolineare:

“Io, dunque, son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché sono nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco dominato, in forma dialettale, ‘Cavusu’ dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Xaos…”.

A questo punto occorre sottolineare che la prima infanzia di Luigi è ammantata da un certo mistero, quasi un segreto quindi questa parte (che dovette essere interessante per la formazione del ragazzo) non è stata mai presentata in tutta la sua interezza. I primi cinque anni della sua vita non hanno riscontri precisi, si conosce solo il nome della “serva” Maria Stella che per qualche tempo ebbe cura del piccolo al quale inculcò tutta una serie di sue convinzioni che, certamente, hanno finito con il condizionare lo sviluppo interiore del ragazzino che, successivamente, ne ha fatto parola, ma sempre con assoluta riservatezza.

Nel periodo in cui venne alla luce il piccolo Luigi, il padre Stefano aveva preso in affitto una zolfara detta “La Petrusa” e aveva avuto la ventura di trovarvi una ricca vena di minerale. La notizia si sparse quasi in un baleno attirando l’interesse di Cola Camizzi, un maledetto uomo violento, quasi capo mafia, che taglieggiava i lavoratori pretendendo il famoso “pizzo” che chiese sfacciatamente a Stefano, con quella boria riconosciuta in gran parte della Sicilia. Il nome di Camizzi era spesso sulla bocca di molti e in tanti ne avevano paura.

I due (Stefano e Cola Camizzi) si incontrarono e il borioso non mancò di chiedere soldi a Stefano che non ci pensò due volte a dare un sonoro schiaffo al richiedente mandandolo a terra, quasi intontito. Certo non si aspettava quella improvvisa reazione da parte di Stefano per cui fu costretto a reagire. Ma non ci fu verso, Stefano per niente preoccupato, provvide a ridare una serie di schiaffi al malcapitato che veramente rimase parecchio stordito mentre la faccia iniziò a gonfiarsi.

Fu lasciato dolorante da Stefano che si allontanò da quel luogo per recarsi a gestire i propri affari e quindi recandosi dove si trovavano i suoi depositi dove incontrò un certo Veronica con il quale discusse di affari per la vendita dello zolfo che lui teneva nei suoi depositi. Il Pirandello, scaltrissimo, comprese che quella presenza non era causale per cui prevedendo un esacerbamento di quei rapporti, provvide ad infilarsi nella sua tasca una rivoltella pronto a reagire se la situazione fosse precipitata.

Successe. Stefano aveva visto chiaro perché si accorse che Veronica e Cola Camizzi erano vicini pronti a sparare contro di lui. Si udirono dei colpi e subito dopo Stefano, colpito, cadde a terra mentre Cola nero in faccia si avvicinò al ferito intenzionato a finirlo.

Ma Stefano improvvisamente ebbe ancora un sopravvento tanto da colpire con la sua pistola la testa di Cola che venne ferito e seppur Stefano facesse esplodere la sua rivoltella il delinquente non venne attinto e fu costretto a fuggire.

Parecchi del luogo, testimoni di quella vicenda, finirono con dare soccorso al povero Stefano che intanto, per il sangue perduto, aveva perso i sensi. Fu portato a casa e i medici, avvertiti, erano intenzionati a tagliargli il braccio, ma poi cambiarono idea.

Intanto Caterina, che allattava già il piccolo Luigi, per lo spavento non ebbe più latte e quindi quel piccolo non solo non aveva avuto la levatrice ora anche il latte aveva perduto. Che fare? Fu cercata una balia.

Si procedette penalmente contro Cola Camizzi che venne condannato a sette anni di carcere e quando uscì per avere scontato la pena fu allontanato da Girgenti sapendo che Stefano aveva giurato di ucciderlo.

Il Camizzi pensò bene di chiudersi nelle zolfare lontane di proprietà di un certo Di Giovanni e lì trascorse gli ultimi anni della sua vita. Proprio Stefano Pirandello, raccontano i saggisti, partecipò ancora ad altri incontri di lotta e duelli uscendone sempre vivo. Ma la sua fama negativa ormai aveva superato quella che era stata affibbiata a Cola Camizzi.

Notoria fu anche la sua avversione nei confronti dei preti, dichiarandosi sempre irriducibile garibaldino. Vedremo che alla fine, vecchio, ammalato, quasi cieco, tornò a fare pace col figlio famoso che lo accolse nella sua casa a Roma dove alla fine cessò di vivere.

Viene spontanea la domanda: chi era la famiglia di Stefano Pirandello, il padre di Luigi?

Da dire subito che Stefano fu un vero personaggio, come ci riportano le notizie che sono arrivate a noi. Diciottesimo di una stragrande famiglia, era nato a Palermo. La sua famiglia era composta di ventitré tra fratelli e sorelle, alcuni morti anche giovani. Il padre, Andrea, era morto di colera ancora in giovane età.

La famiglia di Andrea apparteneva a liguri di Pra emigrati in Sicilia nella metà del 1700. Stefano era ancora piccolo e sottostava all’autorità del fratello maggiore Felice, prepotente e dispotico. Per tre giorni tenne la salma del padre in casa fino a quando si decise di comunicare la ferale notizia a tutti i fratelli dichiarando di essere l’erede universale. L’attività condotta da Felice, nel reparto degli agrumi e dello zolfo, vide anche il giovane Stefano impiegato in quella attività. Da segnalare che il giovane Stefano ebbe un temperamento avventuroso: generoso quanto sprezzante, ragionevole quanto irascibile. Fu al fianco di Garibaldi e proprio il giovane per tre giorni si batté contro i borbonici al ponte dell’Ammiraglio e al campanile dell’Origlione, convento del quale era badessa la sorella Francesca.

La vicinanza con il generale è stata sempre sottolineata volendo sottolineare che l’affetto nei confronti del militare era profonda tanto che in una occasione fu pronto a salvare il militare che sarebbe morto se Stefano non lo avesse salvato. Poi i due si sono ritrovati sull’Aspromonte.

L’abnegazione dimostrata dalla famiglia Pirandello fu quasi uguale a quella dimostrata dalla famiglia Ricci Gramitto e questo diede l’occasione a Caterina e Stefano di incontrarsi per poi diventare marito e moglie. Caterina per alcuni mesi era stata a cucire le bandierine per i fratelli che erano pronti per combattere. Poi Felice, il fratello, decise di mandare Stefano a Girgenti per sorvegliare le zolfare che erano in affitto.

Gli anni che trascorrevano mettevano in evidenza come questi due personaggi: padre e figlio fossero diversi per carattere, indole, e questa incomprensione ha stigmatizzato la vita dello scrittore che nei suoi scritti ha evidenziato il carattere e il comportamento del padre con il quale non ebbe mai un rapporto nemmeno amichevole, ma solo conflittuale fino a quando non fu costretto a prendere quello che rimaneva del padre fino a quando non venne a mancare.

Ebbe, forse, l’opportunità, in quegli ultimi anni, di ripristinare un rapporto certo che l’avrebbe aiutato a superare tutte le difficoltà che lui aveva sempre denunziato. Un rapporto assurdo tra padre e figlio e questa connotazione, quasi inverosimile, riesce ad essere e diventare un punto di riferimento per lo scrittore.

L’evento con Cola Camizzi è finito per essere il punto di riferimento di tutta la vita di Luigi Pirandello che ne ha pagato le conseguenze, e non solo quelle provenienti dal carattere del padre, ma anche dal comportamento della madre diventata pazza, e poi da quello di taluni altri amici, conoscenti e poi (grave ammissione) dal comportamento dei figli che certo, quando lo scrittore era alla fine della sua vita, lo hanno ripagato con ingratitudine, solo ed esclusivamente per motivi ereditari.

È giusto, sulla scorta degli elementi acquisiti che Stefano è stato considerato l’altra faccia dell’uomo di rispetto sapendo che un simile personaggio non può essere mite, ragionevole, caritatevole. Certo sarà in grado di amare i figli ma senza darne ampia dimostrazione ed è conseguente se tra il genitore e i figli si venga a creare un muro così che i due non si vedano, non comunichino, ma restino sempre lontani seppur consanguinei.

Su questo aspetto, sembra quanto mai indicativo, proporre un pensiero dello scrittore così da far comprendere l’essenza di questa ambigua posizione e contrapposizione che per lungo tempo ha visto i due soggetti tristemente protagonisti.

“Ricordo che da bambino avevo piena fiducia che avrei potuto farmi intendere da chiunque. Una ingenuità, che naturalmente mi costò amarissime delusioni. Ma di qui trassi lo stimolo ad affinale le mie facoltà espressive, e anche il bisogno di studiare gli altri per rendermi conto di coloro con cui avrei avuto da fare. Fermo sempre nella fede incontrollabile di poter comunicare quando che sia tutto a tutti. E per questo posso dire d’aver lavorato da allora. Piccino, mi tornava difficile per persino con mia madre; e con mio padre m’appariva impossibile non già mentre mi ci preparavo, me all’atto della prova, che il più delle folte finiva miserabilmente. Molto debbo a lui come artista, per le angosce spasimose di quei momenti”. (L’Illustrazione italiana, 23 giugno 1935)

Pietro Seddio

INDICE

La famiglia di Luigi Pirandello: Nota introduttiva
Capitolo 1: Caterina Ricci Gramitto
Capitolo 2: Stefano Pirandello
Capitolo 3: Maria Stella
Capitolo 4: Calogero Portolano
Capitolo 5: Antonietta Portulano
Capitolo 6: Rosolina Pirandello
Capitolo 7: Stefano Pirandello
Capitolo 8: Fausto Pirandello
Capitolo 9: Lietta Pirandello
Capitolo 10: Il problema dell’eredità con i figli

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