Di Riccardo Mainetti.
Questa novella di Pirandello affronta i temi dello spiritismo, dell’Aldilà e dell’anima immortale, andando a rappresentare, inoltre, un’aspra critica alla società ottusamente materialistica che accettava come vere solo le cose percepibili con i sensi e bollando come folle qualunque altra cosa.
«La casa del Granella», analisi della novella
Per gentile concessione dell’Autore.
La cieca giustizia e l’anima immortale
Leggi e ascolta. Voce di Giuseppe Tizza.
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Leggendo la novella pirandelliana intitolata “La casa del Granella”, uscita per la prima volta il 27 agosto 1905 su “Il Marzocco” ed in seguito, nel 1910, inserita nella raccolta “La vita nuda” edita presso la casa editrice Fratelli Treves, non ho potuto, per quello che ne è il tema portante, non risentire gli echi dei versi della poesia “Ho sceso dandoti il braccio” di Eugenio Montale che recitano: “…gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede.”
Ed in effetti in questa novella di personaggi del tipo di quelli evocati dai versi di Montale che ho citato, ve ne sono parecchi e, in ispecie uno, resteranno scornati.
Ma non corriamo troppo e proseguiamo, come suol dire Hercule Poirot con ordine e metodo, partendo dal principio.
La novella si apre nell’anticamera di un avvocato: l’avvocato Zummo.
Nell’incipit della novella Luigi Pirandello fa il paragone tra i topi, ignari di stare per finire in trappola, i quali ignari lo restano anche quando in trappola vi finiscono realmente e, per questo motivo, tentano in tutti i modi loro possibili di uscirne e l’uomo che si trovi a dover ricorrere alla giustizia, il quale è pienamente consapevole di stare andando a cacciarsi in una trappola e, benché consapevole della cosa, se ne rimane fermo.
Tra la varia umanità in trepidante attesa di poter ricevere udienza dall’avvocato Zummo vi è anche una famiglia composta da un padre, una madre e una figliuola. Si tratta della famiglia Piccirilli.
E piccirilli, magri e strabi, lo sono davvero, il signor Piccirilli e la sua figliuola. L’unica che si distacca dal “modello”, per così dire, è la madre, un donnone imponente.
Costoro hanno da presentare al noto avvocato una questione assai particolare nel suo genere.
Essi sono stati, infatti, accusati dal loro ex padrone di casa, una casa che essi hanno lasciato di loro spontanea volontà, di avergli “infamato la casa”.
Al sentir parlare di “casa infamata” la mente dell’avvocato Zummo si mette a vagliare le più comuni cause di infamità ma grandi, a voler restare misurati, sono la sua sorpresa e la sua incredulità quando la famiglia Piccirilli gli spiega il motivo di quell’accusa, motivo che è stata, tra l’altro, la causa dell’abbandono della casa da parte loro, ossia la presenza colà di fantasmi.
L’avvocato Zummo, di suo già spazientito dal fatto che quei tre gli stanno facendo fare tardi per il pranzo, lì per lì, come anche normale che sia, non crede ad una sola parola di ciò che i tre Piccirilli gli raccontano, accalorandosi anche, specialmente la signora. Dice, anzi, che trova l’intera faccenda, null’altro che il frutto della pazzia.
Volendo però dare in qualche modo soddisfazione a quegli insoliti clienti e forse per abbreviare quanto più possibile quell’insolito colloquio, dice loro che esaminerà la questione e deciderà se assisterli o meno nella causa intentata loro dal Granella.
Nonostante le reticenze iniziali l’avvocato Zummo comincia ad interessarsi sempre più appassionatamente alla questione e informandosi su alcuni testi scritti da autori di chiara fama scopre che la vicenda occorsa ai Piccirilli ha del fondamento e decide, così, di assisterli nella causa.
L’avvocato Zummo perora la causa della famiglia Piccirilli con fervore ma, ahimè, i giudici, ciechi e inchiodati alla realtà quale appare agli occhi, decidono di dare ragione al Granella e così la famiglia Piccirilli si ritrova a perdere la causa. Questo nonostante il fatto che uno dei giudici confidi, al termine del processo, all’avvocato Zummo, di essere anch’egli rimasto scosso da certe notizie apprese dalla lettura di certi giornali, notizie suffragate da testimonianze illustri; aggiunge però di non essersela sentita di andare contro la decisione dei suoi colleghi in quel processo.
Giubilante per la soddisfazione ottenuta al termine del processo il Granella decide, per poter mettere fine, una volta per tutte, alle dicerie sorte per via di quella ch’egli considera la follia dei vecchi inquilini, di recarsi a trascorrere la notte nella casa.
La prima notte, però, il Granella è costretto, suo malgrado, a trascorrerla nei campi, a causa di certi strani rumori avvertiti all’interno della casa, ch’egli aveva provveduto a far rimettere a nuovo. Decide così di ritornarvi il giorno seguente, con la luce del sole e di rimanerci l’intera giornata, così da convincersi che là non vi è nulla di anomalo né di soprannaturale.
Il Granella s’era creduto di non essere stato veduto da nessuno quando, la notte prima, era fuggito spaventato dalla casa.
Per sua sfortuna, però, era stato veduto da un carrettiere, il quale, riconosciutolo, aveva provveduto a far circolare la voce nel paese; voce che era giunta anche alle orecchie dell’avvocato Zummo e lo aveva spinto ad organizzare un appostamento con cinque o sei altre persone così da sorprendere il Granella nel caso, molto probabile secondo lui, di una sua nuova fuga dalla casa.
E così avvenne infatti e l’avvocato Zummo poté avere la propria rivincita, rivincita che fu, di conseguenza, anche la famiglia Piccirilli.
Non appena il Granella, nuovamente atterrito dalle misteriose presenze della casa, era fuggito per la seconda volta, l’avvocato Zummo gli era balzato addosso e, dopo avergli auguro buon passeggio, lo aveva affrontato, scrollandolo con forza e dicendogli:
“Ci credi. ora, imbecille all’anima immortale? La giustizia cieca ti ha dato ragione. Ma ora tu hai aperto gli occhi. Che hai visto? Parla!”
Ma il povero sventurato, terrorizzato com’era, non riuscì a proferir verbo.
Questa novella di Pirandello affronta i temi dello spiritismo, dell’Aldilà e dell’anima immortale, andando a rappresentare, inoltre, un’aspra critica alla società ottusamente materialistica che accettava come vere solo le cose percepibili con i sensi e bollando come folle qualunque altra cosa.
È inoltre la rappresentazione di quello che è il modo in cui, anche gli scettici, affrontano temi per i quali nutrono dei dubbi o ai quali non credono; il metodo dell’avvocato Zummo, inizialmente propenso a considerare folle la storia raccontata dalla famiglia Piccirilli ma che poi se ne lascia incuriosire e approfondisce e il (non) metodo dei giudici che si trovano a dover decidere a chi dar ragione nella casa Granella contro famiglia Piccirilli, che, testardamente convinti della bontà delle loro convinzioni ad esse si attengono senza aver la minima voglia nemmeno di verificare.
Infine, troviamo al suo interno anche il doppio atteggiamento, dell’avvocato Zummo e del giudice ignavo, come lo chiamo io. Il primo, apprese notizie che davano corpo alla storia dei Piccirilli non ha paura di esporsi in prima persona e testimoniare che vi è del vero in questo affermato dai propri clienti; il secondo, il quale, pur essendo rimasto colpito da certe letture, non ha il coraggio di aprir bocca con i propri colleghi e, per il quieto vivere, si adegua alla decisione generale.
Riccardo Mainetti
19 novembre 2023
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