L’uomo, la bestia e la virtù – Atto secondo

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L’uomo, la bestia e la virtù – Atto II
Premessa
Personaggi, Atto Primo
Atto Secondo
Atto Terzo

En Español – El hombre, la bestia y la virtud

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L uomo, la bestia e la virtù - Atto secondo
Raffaella Azim e Carlo Cecchi, L’uomo la bestia e la virtù, 1982. Immagine dal Web.

1919
L’uomo, la bestia e la virtù
Atto Secondo

        Tinello in casa del Capitano Perella. Veranda in fondo, con ampia vista sul mare. Due usci laterali a sinistra: quello prossimo al proscenio è la comune; l’altro dà nella camera da letto del Capitano. Tra un uscio e l’altro un porta­fiori con cinque vasi bene in vista. Lateralmente a destra, un altro uscio, ve­trine con stoviglie da tavola, credenza, e poi divano, con sulla spalliera, uno specchio; poltrone, un tavolinetto. La tavola è apparecchiata in mezzo, con cura, per quattro. Alla parete, quadri rappresentanti marine, vecchie fotogra­fie, e qua e là oggetti esotici, ricordi dei viaggi del Capitano Perella. Lo stesso giorno del primo atto. Pomeriggio. A poco a poco si farà sera e, sul fi­nire dell’atto, entrerà dalla veranda un bel chiaro di luna..

        Scena prima

        Il signor Paolino, Nono, poi Grazia. Il signor Paolino, seduto al tavolinetto con Nono accanto sfoglia un quaderno di versioni latine e segna con un lapis rosso e turchino i voti sotto ogni versione.

        PAOLINO: E qua possiamo segnare un bel nove.

        NONO: Un altro nove? (Batte le mani, esultante.) Che bellezza! E così fanno: tre otto, un dieci e due nove!

        PAOLINO: Sì, e tu lo mostrerai a papà, appena arriva, questo quaderno.

        NONO: Eh altro! eh altro! (Si mette a fare un conto sulle dita.)

        PAOLINO: Perché – bada, Nono! – devi far di tutto quest’oggi per lasciar con­tento papà…

        NONO (senza badargli, seguitando a contare): Sì… sì…

        PAOLINO (seguitando): E non dargli il minimo pretesto d’inquietarsi! Ma che conti stai facendo?

        NONO: Aspetta… Tre (e si tiene con la destra tre dita della mano sinistra) poi quattro e cinque (e mostra le cinque dita della sinistra) sei e sette (e mostra l’indice e il pollice della destra) otto, nove e dieci (e mostra a uno a uno le altre tre dita della destra). Mezza lira! mezza lira!

        PAOLINO: Che vuol dire mezza lira?

        NONO: Ma sì, mezza lira! Che bellezza! Perché papà mi dà un soldo per ogni otto: sono tre: tre soldi, dunque. Poi due soldi per ogni nove: sono due: quattro soldi. Tre soldi per ogni dieci. Dunque: tre e quattro, sette; e tre: dieci, che fanno mezza lira!

        PAOLINO: Ah, benissimo! Sei contento?

        NONO: Eh, io sì! Figurati! Ma lui no!

        PAOLINO (restando male): Come come? Lui non sarà contento?

        NONO: Eh no… Prima mi dava tre soldi per ogni nove e cinque per ogni dieci. Ma poi, visto che tu li semini gli otto, i nove e i dieci…

        PAOLINO: Ah sì? t’ha detto così? che io li semino?

        NONO: Sì, ha preso il quaderno, l’ultirna volta, e l’ha buttato all’aria… così (eseguisce con sprezzo) gridando: Ma perdio, li semina questo professore, gli otto, i nove e i dieci…

        PAOLINO: E s’è arrabbiato?

        NONO: Tanto! E ha ribassato la tariffa!

        PAOLINO (subito): Ah, ma allora… (riprende il quaderno e ritorna a sfogliarlo infuria) aspetta… aspetta, Nonotto mio… ribassiamo noi subito i punti… segnamo cinque, segnamo sei… segnamo sette…

        NONO (con un grido, come se si sentisse strappare un dente): Come! No! E la mezza lira?

        PAOLINO: Ma te la darò io, Nono! Ecco… ecco… (cava la borsetta dal taschino) te la do io… te la do io…

        NONO: No… no…

        PAOLINO: Ma sì, figliuolo mio! M’immaginavo che papà dovesse esserne con­tento! Se mi dici che s’arrabbia, invece! Ecco, prendi… Per te è la stessa cosa che te la dia io o che te la dia papà, non è vero?

        NONO (pestando i piedi): No, no: io voglio i tre otto, i due nove e il dieci!

        PAOLINO: Ma non te li meriti, in coscienza, figliuolo mio! Non te li meriti pro­prio!

        NONO: E perché allora me li davi?

        PAOLINO: Ma perché… perché non sapevo che costassero soldi e un dispiacere a papà. Non dobbiamo far dispiacere a papà, Nono! E oggi, oggi dobbiamo esser lieti tutti! Anche tu, con la tua mezza lira, che ti dà in premio, di nascosto, il tuo professore – (oh, non dirne nulla a papà, bada!) – te la do, perché se non ti meriti i nove e i dieci, un premio pure te lo meriti per i progressi che fai…

        NONO: Come mi hai scritto nel libro?

        PAOLINO: Ecco, sì… benissimo! Come ti ho scritto nel libro. Entra Grazia dalla comune. È una vecchia dalla burbera faccia cavallina.

        GRAZIA: La signora non c’è?

        PAOLINO (indicando l’uscio a destra): La signora credo sia di là, Grazia.

        GRAZIA: E allora ci vada lui (indica Nono) ad avvertirla che è arrivato il marinajo.

        NONO (subito, scattando): Il marinajo? È arrivato papà! Vado a bordo! vado a bordo! (S’avvia correndo per la comune.)

        PAOLINO: No, che fai, Nono? Vieni qua! Bisognerà prima avvertirne la mamma.

        NONO: La mamma lo sa! lo sa! (Fa per uscire.)

        PAOLINO: Fermati, ti dico! (A Grazia:) Andate voi, vi prego, ad avvertir la si­gnora.

        NONO: Ma se lo sa, Dio mio!

        GRAZIA (andando a picchiare all’uscio a destra, borbotta): Quante storie! quante storie! (Picchia all’uscio e, senza neanche aspettar la risposta, entra. )

        Scena seconda

        Detti, la Signora Peretta, il Marinajo..

        NONO (che s’è fermato presso la comune, grida verso l’interno): Marinajo! Marinajo! vieni qua!

        MARINAIO (entrando subito): Eccomi qua! (Si piega sulle gambe e apre le braccia per ricevere sul petto Nono, che spicca un salto e gli s’appende al collo.) Ah! Viva l’ammiraglio!

        NONO: Portami da papà! Subito subito!

        Entra dall’uscio a destra la signora Peretta abbigliata con una certa cura straordinaria che la fa apparire più goffa.

        MARINAIO (a Nono che gli sta in braccio): Aspettiamo che ce lo dica la mamma! (Sì toglie il berretto.) Ai comandi, signora!

        SIGNORA PERELLA: È già entrato in porto il vapore?

        MARINAIO: Stava per entrare, signora. A quest’ora sarà entrato!

        NONO: E andiamo allora subito! Voglio veder la manovra!

        MARINAIO: Eh, durerà un pezzo, prima che abbassino la scala!

        SIGNORA PERELLA: Mi raccomando, per carità, Nono! Lo affido a voi, Filippo!

        MARINAIO: Non dubiti, signora! Al vecchio Filippo può affidarlo! A rivederla! Andiamo, ammiraglio! (Via per la comune con Nono in braccio.)

         Scena terza

        La Signora Perella e il Signor Paolino..

        PAOLINO (appena andati via Nono e il Marinajo, voltandosi verso la signora Perella, pudicamente afflitta nel goffo impaccio del suo straordinario abbi­gliamento): Ma no! ma no, cara! no! Come ti sei combinata? Così no!

        SIGNORA PERELLA: Mi… mi sono acconciata…

        PAOLINO: Ma che acconciata! No! Ci vuol altro!

        SIGNORA PERELLA (guardandosi addosso): Perché?

        PAOLINO: Ma perché così no! non va!

        SIGNORA PERELLA: Più di così? Dio sa quanto m’è costato!

        PAOLINO: Lo vedo! Ma così non va, anima mia! Tutto dipenderà, forse, dal primo incontro! A momenti egli arriva… Ti deve trovar piacente! Ora così non va… Capisco, capisco che ti dev’esser costato! Ma ancora non basta!

        SIGNORA PERELLA: Oh Dio! E come allora?

        PAOLINO: È enorme, sì, anima mia, lo intendo, enorme il sagrifizio che devi compiere, tu casta, tu pura, per renderti appetibile a una bestia come quella! Ma bisogna che tu lo compia, intero!

        SIGNORA PERELLA (esitante, con gli occhi bassi): Più… più scollata?

        PAOLINO: Più! sì, più! molto, molto più!

        SIGNORA PERELLA: No, no… Dio mio…

        PAOLINO: Sì! Per carità! Tu hai grazie, tesori di grazia nel tuo corpo, che tieni gelosamente, santamente custoditi. Bisogna che tu ti faccia un po’ di vio­lenza!

        SIGNORA PERELLA: No, no… Dio, Paolino, che mi dici? Sarebbe inutile poi, credi! Non ci ha mai badato!

        PAOLINO: Ma dobbiamo appunto forzarlo a badarci! forzarlo, quest’animale che non capisce la bellezza modesta, pudica, che nasconde i suoi tesori di grazia! Presentarglieli, ecco – lascia fare a me – metterglieli sotto gli occhi, almeno un po’… (Appressandosi con le mani avanti:) Guarda… così, permetti?

        SIGNORA PERELLA (arretrando, spaventata, e con ribrezzo riparandosi il seno): Ma no! Li sa, Dio mio, Paolino!

        PAOLINO (incalzando): Ricordarglieli!

        SIGNORA PERELLA (c.s.): Ma se non se ne cura!

        PAOLINO: Lo so; ma perché tu, anima mia – e questo è il tuo pregio, bada, per me! quello per cui io ti ho cara e ti stimo e ti venero! – codesti tesori, tu, non hai saputo mai farli valere…

        SIGNORA PERELLA (quasi inorridita): Farli valere? E come?

        PAOLINO: Come? Vedi, tu non te l’immagini neppure, come! Eh, altro! Tante lo sanno bene!

        SIGNORA PERELLA (c.s.): Ma che fanno? come fanno?

        PAOLINO: Niente. Non… non nascondono così, ecco! E poi… Via, non farmi di­sperare! Credi che costi a te soltanto, del resto? Costa anche a me, perdio, predisporti, acconciarti perché tu possa piacere a un altro! (alzando le braccia al cielo) preparare la virtù, Dio, per comparire davanti alla bestia! Ma biso­gna, per la tua salvezza e per la mia! Lasciami fare! Non abbiamo più tempo da perdere. Prima di tutto, via codesta camicetta! È funebre! Viola, colore deprimente! Una rossa, che strilli!

        SIGNORA PERELLA: Non ne ho!

        PAOLINO: E allora quella di seta giapponese, che ti sta tanto bene!

        SIGNORA PERELLA: Ma è accollata…

        PAOLINO: Scollala! In nome di Dio, scollala! Non ci vuol nulla… Ripieghi in dentro i due lembi, qua davanti; ci appunti, su giro giro, un merletto… Ma aprila bene, mi raccomando!… molto, molto! almeno fin qua… (Indica sul seno di lei, molto giù.)

        SIGNORA PERELLA (inorridita): No! Tanto?

        PAOLINO: Tanto! Tanto! Da’ ascolto a me!

        SIGNORA PERELLA (c.s.): Ma tanto, no!

        PAOLINO: Tanto, sì; se no, ti dico che è poco! E pettinati un po’ meglio, per ca­rità! con qualche ricciolino sulla fronte. Uno lungo, qua, in mezzo alla fronte, a gancio! E due altri qua, che s’allunghino sulle gote, a gancio!

        SIGNORA PERELLA (c.s. non comprendendo): A gancio? Oh Dio, come a gancio? Perché?

        PAOLINO: Perché sì! Da’ ascolto a me! Non farmi perder tempo in spiegazioni! A gancio è così (glielo mostra col dito, contraendolo), insomma, come un punto interrogativo sottosopra! Uno qua; uno qua, e uno qua… (indica la fronte, poi la guancia destra, poi la sinistra.) Se non sai farteli, te li faccio io! Vai, vai, cara… (La spinge verso l’uscio a destra.) E scolla, scollala molto, la camicetta! Io intanto esamino qua la tavola se non ci manca nulla per il pasto della belva!

        La signora Perella esce per l’uscio a destra, lasciandolo aperto. Paolino si reca alla tavola apparecchiata in mezzo; la esamina, aggiusta qua e là, po­sate, bicchieri.

        PAOLINO (eseguendo): Così… così… così… E quella marmotta di Totò, intanto, che ancora non viene! Mi disse fra cinque minuti… eccoli qua, i cinque mi­nuti del signor farmacista! Un’ora! è^passata un’ora!

        SIGNORA PERELLA (dall’interno, strillando): Ahi!

        PAOLINO (accorrendo davanti all’uscio): Che hai fatto?

        SIGNORA PERELLA: Mi sono punta un dito, con lo spillo!

        PAOLINO: Ti esce sangue?

        SIGNORA PERELLA: No. Non ne ho più nemmeno una goccia nelle vene!

        PAOLINO: Eh, lo so! E dovresti averne tanto, anima mia, per dare un po’ di co­lore alle tue guance bianche!

        SIGNORA PERELLA: M’ajuterà la vergogna, Paolino!

        PAOLINO: Non ci contare! Hai tanta paura, che la tua vergogna non avrà nem­meno il coraggio d’arrossire! Ma ho qua l’occorrente: non temere! L’ho por­tato con me. (Trae di tasca una scatoletta di belletto e altri oggetti per la truccatura e li depone sul tavolinetto.) Ho qua tutto. Dico di quell’imbecille di Totò che non mi porta ancora le paste! Sono sulle spine. A fidarsi! Se non fa a tempo! Ma mi disse: Vai, fra cinque minuti sarò da te…

        SIGNORA PERELLA (dall’interno, piangendo): Dio… Dio… Dio…

        PAOLINO: Che cos’è? Un’altra puntura? Piangi? (Guarda nell’interno della so­glia e arretra.) Ah! È spaventoso! Apre di nuovo la bocca!

        SIGNORA PERELLA (c.s., in un gemito): Che avvilimento… che avvilimento…

        Scena quarta

        Detto, Grazia e il Signor Totò..

        Si sente picchiare all’uscio a sinistra.

        GRAZIA (dall’interno): Permesso?

        PAOLINO: Avanti.

        GRAZIA (entrando, con voce sgarbata): C’è un signore con un involto, che do­manda di lei.

        PAOLINO: Ah, Totò… meno male! Fatelo, fatelo entrare.

        GRAZIA: Qua?

        PAOLINO: Qua, sì… se non vi dispiace…

        GRAZIA: Ma che vuole che mi dispiaccia, a me! Se dice qua, lo faccio entrare qua, e basta!

        PAOLINO: Ecco, sì… qua… scusate…

        GRAZIA: Oh, quante storie! (Esce.)

        PAOLINO: Ingozziamo, Paolino! (Poi, recandosi in fretta a chiudere l’uscio a destra, annunzia verso l’interno:) Le paste! le paste!

        TOTÒ (dall’interno): Permesso?

        PAOLINO: Vieni, vieni avanti, Totò. Cinque minuti, eh? (7/ signor Totò entra tenendo nascosto dietro le spalle un involto.)

        TOTÒ: Abbi pazienza: cosa delicata, Paolino. C’è pure di mezzo la mia respon­sabilità, capirai… quella di mio fratello… Qua c’è un innocente…

        PAOLINO (investendolo): Un innocente? Chi? chi è l’innocente? Ah, tu vieni a dire a me che qua c’è un innocente? Lui, l’innocente? Quando siamo tutti qua, anche tu, per costringerlo a fare il suo dovere, nient’altro che il suo do­vere, a costo di farmi scoppiare il cuore, dalla rabbia, dall’angoscia, dalla di­sperazione! Uno come me, che non ha mai finto, che ha gridato sempre in faccia a tutti la verità, costretto a usare un inganno di questo genere, col con­corso d’un imbecille come te!

        TOTÒ: Ma no! Che pensi? Io dicevo per il ragazzo, Paolino! Non c’è un ra­gazzo qua, scusa?

        PAOLINO: Ah, tu parlavi del ragazzo?

        TOTÒ: Ma sì, del ragazzo. Se dico un innocente, scusa…

        PAOLINO: Scusami, scusami tu, allora! Scusami, caro… Sono in uno stato d’a­nimo… Hai portato intanto ciò che dovevi portarmi?

        TOTÒ: Ecco, ti volevo dire appunto… Essendoci un ragazzo… – tu capirai – ho pensato… se Dio liberi…

        PAOLINO (comprendendo): Già… già… sì…

        TOTÒ: E non ho voluto… non ho voluto assolutamente…

        PAOLINO (restando): Come! Non hai voluto? E che hai fatto allora?

        TOTÒ: Delle paste? Me le sono mangiate.

        PAOLINO: Tu? Te le sei mangiate tu? Quaranta paste?

        TOTÒ: Metà. E metà le ho conservate per mio fratello, stasera.

        PAOLINO: Come! E allora? Che mi hai portato?

        TOTÒ: Eh, non ci hai perduto nulla, non temere! Ci hai guadagnato, anzi! (mostrandolo) Un bel pasticcetto di crema, squisito.

        PAOLINO: Da leccarmene le dita, già! Perché difatti sarà un festino per me!

        TOTÒ: No, non dico questo; non t’arrabbiare! Dico per spiegarti il ritardo. Ho dovuto prepararlo… Guarda… (Lo posa sul tavolinetto e apre l’involto.)

        PAOLINO: Ma… Oh! (E gli fa un cenno d’intelligenza.)

        TOTÒ: Non dubitare! (Lo mostra.) Condizionato a meraviglia, perché non si possa sbagliare. Vedi? Metà bianco… e questa metà è per il ragazzo… per te, se vorrai mangiarne. E metà nero, crema di cioccolato. Niente al ragazzo, di questa! mi raccomando! Sta’ attento, veh!

        PAOLINO: La nera, sì, va bene! Ma… (Cenno come sopra.)

        TOTÒ: Non dubitare!

        PAOLINO: Bene. Vai, vai, allora, amico mio! È già tardi! Il vapore è arrivato! Vai, vai… E speriamo! Speriamo bene!

        TOTÒ: Stai sicuro!

        PAOLINO: Come vuoi che sia sicuro! (Subito, staccando:) Oh, tomba, siamo in­tesi!

        TOTÒ: Puoi dubitare di me?

        PAOLINO: Mi sei amico… E il caffè te lo darò ogni mattina, sai? Puoi contarci. Vattene! Vattene!

        TOTÒ: Sì, sì, grazie. Addio, Paolino. (Esce per l’uscio a sinistra.)

        PAOLINO (va a prendere il pasticcio per collocarlo, con solennità sacerdotale in mezzo alla tavola, altare della Bestia, e tenendolo prima sollevato come un’ostia consacrata): Oh, Dio, fa’ che valga! fa’ che valga! La sorte d’una famiglia, la vita, l’onore d’una donna, Dio, la mia stessa vita, tutto è sospeso qui!

        Scena quinta

        La signora Peretta e detto..

        La signora Peretta rientra dall’uscio a destra più che mai vergognosa, con le spalle voltate verso Paolino, il capo basso, gli occhi a terra, ambo le mani parate a nascondere il seno. È scollatissima, e s’è fatti i ricci a gancio, uno in mezzo alla fronte; gli altri due alle gote.

        SIGNORA PERELLA: Paolino…

        PAOLINO (accorrendo): Ah! Hai fatto? Brava, brava… Lasciati vedere!

        SIGNORA PERELLA (schermendosi): No… no… Muojo di vergogna… no…

        PAOLINO: Ma che vorresti stare così davanti a lui? E allora perché ti sei scollata? Via, giù codeste mani!

        SIGNORA PERELLA (c.S.): No… no…

        PAOLINO: Ma non capisci che bisogna che egli veda? (La signora Perella si reca allora le mani al volto, sollevando di qua e di là le braccia per scoprire abbondantemente il seno imbandito.)

        SIGNORA PERELLA: Eccoti, eccoti…

        PAOLINO: Ah… be… benissimo… sì… be… benissimo… (Se non che, la signora Perella, col volto così nascosto scoppia in pianto.) Che? Piangi? Ma no! Piangi? E brava, sì! Piangi adesso! Sciupati anche gli occhi! (Subito, intene­rendosi e abbracciandola:) Anima mia, anima mia, perdonami! credi, soffro più di te, più di te, di codesto tuo strazio, che dev’essere atroce! M’ucciderei, credi, m’ucciderei per non veder codesto spettacolo della virtù che deve pro­stituirsi così! Su, su… È il tuo martirio, cara! Bisogna che tu lo affronti con coraggio! E tocca a me di fartelo, il coraggio!

        SIGNORA PERELLA: Giovasse almeno!

        PAOLINO: Così no, di certo! Devi persuadertene! Così non giova a nulla! No! Sorridente… sorridente, cara! Provati, forzati a sorridere!

        SIGNORA PERELLA: E come, Paolino?

        PAOLINO: Come? Ecco… così… guarda… (Sorride a freddo, smorfiosamente.)

        SIGNORA PERELLA: Ma non posso, così…

        PAOLINO: Sì… sì… Ecco… guarda… Che vuoi che ti faccia per farti ridere? qual­che piccolo lezio da scimmia? (Eseguisce.) Ecco, vedi?… sì, sì… così, eh? sì!… ridi! Mi gratto… eh eh… (La signora Perella ride tra le lacrime d’un riso convulso.) Ridi… sì… brava, così… ridi! E guarda, ora mi butto per terra, eh?… così, gattone! (Eseguisce e la convulsione di riso della signora Perella cresce.) Brava, così!… ridi… ridi… ridi… E ora faccio salti da montone! (Ese­guisce e la convulsione della signora arriva fino allo spasimo.) Viva la bestia! viva la bestia!

        SIGNORA PERELLA (mentre Paolino seguita a saltare come un montone, torcen­dosi dalle risa): Basta… per carità… non ne posso più… non ne posso più… (E trapassa subito dal riso a un pianto disperato.)

        PAOLINO (cessando subito di saltare e accorrendo, frenetico): Come! ti rimetti a piangere? Ridevi così bene! Ah, è la disperazione, lo so. Su su, basta! Fini­scila, perdio! Mi fai impazzire! (In preda a una frenesia crescente, la scrolla con rabbia e la rimette su a forza, come un fantoccio che tra le mani gli ca­schi a pezzi.) Mi fai impazzire! Su! stai su! zitta! Voglio che stia zitta e su! Così! così! Ti debbo dipingere!

        SIGNORA PERELLA (stordita dagli scrolloni, atterrita, sbalordita): Dipingere?

        PAOLINO: Sì! (la fa sedere su una seggiola a un lato del tavolinetto, con le spalle al pubblico:) Asciugati bene gli occhi! Le guance! Sei pallida! sei smorta! Come vuoi che la bestia capisca la finezza del bello delicato, la soa­vità della grazia malinconica? Ti dipingo! Alza la faccia… così! (Gliela alza.)

        SIGNORA PERELLA (come un automa, rimanendo con la faccia alzata, mentre Paolino prende dal tavolinetto gli oggetti per la truccatura): Ah Dio, fa’ di me quel che vuoi…

        PAOLINO (cominciando a imbellettarla, a bistrarla, sulle gote, negli occhi, alla bocca, con spaventosa esagerazione): Ecco, aspetta. Prima le guance… Così!… così!… Per lui, che non capisce altro, devi essere come una di quelle!… Così!… La bocca, adesso!… Dov’è il cinabro?… Qua, ecco… Schiudi un po’ le labbra… Ecco, aspetta… così… Non piangere, perdio! Sciupi ogni cosa! Così… così… Gli occhi, adesso! Devo annerirti gli occhi… Ci ho tutto qua… ci ho tutto… Chiudi gli occhi, chiudi gli occhi… Ecco… così… così… così… E ora ti rafforzo col lapis le sopracciglia… Così… così… così. Lasciati vedere adesso!

        La signora Perella quasi stralunata, è rimessa in piedi, e mostra il volto spa­ventosamente dipinto, come quello d’una baldracca da trivio.

        PAOLINO (come ubriacato dall’orgasmo, con grottesca aria di trionfo): E ora mi dica il signor capitano Perella, se vale di più quella sua signora di Napoli!

        SIGNORA PERELLA (dopo essere rimasta lì un pezzo, esposta come uno sconcio pupazzo da fiera, si alza e si reca a guardarsi allo specchio sul divano, inor­ridita): Oh Dio!… Sono uno spavento!

        PAOLINO: Sei come devi essere per lui! (E intanto si mette a nascondere gli og­getti da truccatura.)

        SIGNORA PERELLA: Ma non sono più io!… Non mi riconoscerà!…

        PAOLINO: Non deve più riconoscerti, difatti! Deve vederti così!

        SIGNORA PERELLA: Ma è una maschera orribile!

        PAOLINO: Quella che ci vuole per lui!

        SIGNORA PERELLA (con strazio): E Nono?… Nono?… Io sono una povera madre, Paolino!

        PAOLINO (intenerendosi fino alle lagrime, abbracciandola): Sì, sì… hai ragione, povera anima mia, sì! hai ragione! Ma che vuoi farci? Ti vuole lui, così. Non ti vuole madre! E tu la darai a lui, codesta maschera, alla sua bestialità! Sotto di essa, sei poi tu, che ne spasimi; tu come sei per te stessa e per me, cara! E tutto il nostro amore!

        Scena sesta

        Detti, Nono, il Capitano Perella, poi Grazia..

        Dall’interno si sente la voce di Nono che grida, accorrendo.

        La voce di NONO: Ecco papà! ecco papà!

        PAOLINO (staccandosi subito dall’abbraccio e allontanandosi dalla signora Pe­rella): Eccolo! Mi raccomando!

        SIGNORA PERELLA: Oh Dio… Oh Dio…

        PAOLINO: Sorridente! Sorridente, cara! Sorridente!

        NONO (dall’interno ancora, riprende a gridare): È arrivato pa… quando un soave calcio del Capitano lo accompagna sulla scena, troncando­gli in bocca la parola. Spunta il Capitano Perella che ha l’aspetto d’un enorme sbuffante cinghiale setoloso.

        PERELLA (a Nono accompagnando il calcio, che gli appioppa dietro): E zitto, che non ho bisogno di trombettieri!

        SIGNORA PERELLA (con un grido, ricevendo Nono tra le braccia): Ah! Nono mio!

        PAOLINO: Ti sei fatto male, Nonotto?

        PERELLA: Non s’è fatto nulla! Mio padre, caro professore, quando avevo poco più di sei anni, per punirmi di non avere ancora imparato a nuotare, sa che fece? m’afferrò per la cuticagna e mi buttò a mare, vestito, dalla banchina del molo, gridando – «O morto, o nuotatore!».

        PAOLINO: E lei non morì!

        PERELLA: Imparai a nuotare! Questo per dirle, che non sono d’accordo con lei circa al metodo, caro professore. Troppo dolce è lei, troppo dolce!

        PAOLINO: Dolce? io? Ma no, scusi, perché? Anch’io, creda, all’occorrenza…

        PERELLA: Che occorrenza! che occorrenza! Tempra, tempra ci vuole! Le dico che lei è troppo dolce, e me lo vizia, me lo vizia, quel ragazzo là.

        PAOLINO (subito, con calore): No! Ah no! scusi… questo no, questo non me lo deve dire, signor capitano, perché il vero guajo qua, se vuol saperlo, è un altro; e lei avrebbe già dovuto capirlo da un pezzo!

        PERELLA: La madre?

        PAOLINO: No, non la madre! Viene di conseguenza, scusi, che il ragazzo si vizii: è figlio unico!

        PERELLA: Ma niente affatto! Che unico! Lo dice lei!

        PAOLINO: Come, scusi, non è unico?

        PERELLA (forte, riscaldandosi): Bisogna saperlo educare!

        PAOLINO: Sì! certo… Ma se fossero due!

        PERELLA (infuriandosi, col sangue agli occhi): Non lo ridica neanche per ischerzo, sa! Neanche per ischerzo! Ne ho d’avanzo d’uno!

        PAOLINO (subito, rimettendosi): Non si inquieti… non si inquieti, per carità! Di­cevo… dicevo per scusarmi…

        PERELLA: Un altro figlio! Starei fresco, starei…

        Mentre si svolge questo dialogo tra Perella e il signor Paolino, dietro, se ne svolge un altro, muto, tra Nono e la madre. Nono, finendo di piangere, ve­dendo la madre, subito s’è arrestato con gli occhi e la bocca sbarrati nello scorgerla conciata a quel modo. La madre, allora, ha congiunto pietosa­mente le mani per pregarlo di non gridare il suo spavento e il suo stupore; poi, assalita dalla solita contrazione viscerale, ha spalancato la bocca come un pesce e s’è recata subito il fazzoletto alla bocca, lasciando Nono sbigot­tito a scuotere le manine per aria.

        PERELLA (come pentito chiamando): Qua, Nono! (Si volta, scorgendolo nel­l’atto dì scuotere le manine.) Oh! e che fai? (Guarda verso la moglie.) Che cos’è? (Scorgendola così dipinta e scollata) Oh! e come… tu?… (Scoppia in un’interminabile, fragorosa, faticosissima risata, durante la quale il signor Paolino, alle sue spalle, serra le pugna, convulso; le apre, artigliate, per la tentazione dì saltargli addosso e strozzarlo; mentre la signora Perella, avvi­lita, mortificata, atterrita, guarda a terra.) Come ti… come ti sei impiastric­ciata? ah! ah! ah! ah! ah! una bertuccia… ah! ah! ah! ah!… una bertuccia ve­stita, sull’organetto… parola d’onore! (Le s’appressa, la prende per una mano; e la contempla sempre ridendo.) Uh… ma guarda!… (Le vede il seno scoperto.) Uh… abbondanza!… E che cos’è? (Voltandosi verso il signor Pao­lino) Professore!… Ah! ah! ah! ah! E non ne è sbalordito anche lei, di questo magnifico spettacolo?

        PAOLINO (frenando a stento l’indignazione, con sorrisi spasmodici): Nien… niente affatto!… Scusi, perché? Vedo che… che la signora s’è… s’è messa con una certa cura…

        PERELLA: Cura? La chiama cura, questa, lei? S’è mascherata! S’è… (Accen­nando al seno scoperto) s’è scodellata tutta! Ah! ah! ah! ah!

        SIGNORA PERELLA: Ma Francesco… Dio mio… scusa…

        PERELLA: Ti sei forse mascherata così, per me? No, no, no, no, no! Ah, grazie! No, no, no, no, no! (Accennando al seno di lei) puoi pure chiudere bottega! Non ne compero! (Voltandosi al signor Paolino) Passò quel tempo, Enea, caro professore! Non me ne sento più neanche toccar l’ugola! (Alla moglie:) Grazie, cara, grazie! Va’, va’ a lavarti la faccia, va’… Voglio andare subito a tavola, io! subito!

        SIGNORA PERELLA: È tutto pronto, Francesco.

        PERELLA: Pronto? Ah, brava! Possiamo allora sedere? Lei, professore, è con noi?

        PAOLINO: Ma… sì, credo…

        SIGNORA PERELLA: Sì, sì, Francesco… il professore è invitato…

        PERELLA: Mi fa piacere. Venga, venga, professore, segga. Ma non si scanda­lizzi, perché, mangio, io, sa? mangio! E si vede, eh? si vede… (Mostra l’epa; poi, rivolgendosi alla moglie che fa per sedersi dirimpetto a lui:) No, no, cara: fa’ il piacere, senti… Se non vuoi andare a lavarti, non mi seder di fronte, così conciata! Mi metto a ridere di nuovo, e qualche boccone, Dio li­beri, mi può andar di traverso. Ma che idea t’è venuta, di’?

        SIGNORA PERELLA: Oh Dio, nessuna idea, Francesco…

        PERELLA: E come, allora? così? (Fa un gesto espressivo con la mano per signi­ficare: «È stato un estro?», ride.) Ah! ah! ah! ah! Possibile che lei, sul serio, professore, dica che…

        PAOLINO (interrompendo): Ma sì! dico che lei dovrebbe riconoscere, scusi, che la signora, così, sta benissimo!

        PERELLA: Benissimo, sì… Non dico di no! Ma se fosse un’altra, ecco! Se fosse una… lei m’intende! Come moglie, no… scusi! Come moglie, così, via, dica la verità: è buffa! (Scoppia di nuovo a ridere.) Niente! Rido! Abbia pazienza, professore: la faccia sedere qua, al suo posto; e segga lei di fronte a me.

        PAOLINO (alzandosi e prendendo il posto della signora): Oh, per me… come vuole…

        PERELLA: Scusi, sa, grazie… (Alla moglie:) Oh, dunque, si mangia? (Voltandosi verso Nono che sta ingrugnato e tutto aggruppato sul divano:) Ohi, Nono, a tavola!

        NONO: No, non vengo, no!

        PERELLA (dando un pugno sulla tavola): A tavola, dico! Subito! Ubbidisci senza replicare!

        PAOLINO: Nono, via, vieni!

        PERELLA (dando un altro pugno sulla tavola): No! La prego, professore!

        PAOLINO: Scusi, scusi…

        PERELLA: Lei me lo vizia, gliel’ho detto! Deve obbedire, senza sollecitazioni! Ho detto a tavola, e dunque, a tavola! (Si alza e va a prenderlo di peso dal divano. )

        SIGNORA PERELLA (piano nel frattempo, a Paolino, quasi per piangere): Dio mio… Dio mio…

        PAOLINO (piano, c.s. alla signora Perella): Coraggio!… Pazienza! Sorridente… sorridente… Ecco… così… come me!

        PERELLA (calando a seder di forza Nono sulla seggiola, a tavola): Qua! Così! Sederai e non mangerai, per castigo! Dritto, su! Dritto, dico! Dritto, o con un pugno t’attondo. (Lo minaccia; e come Nono, spaventato, si raddrizza) Così! E fermo lì! (Rivolgendosi alla moglie:) Insomma, dico, si mangia, sì o no?

        SIGNORA PERELLA (vedendo entrare Grazia dalla comune, con la zuppiera fu­mante): Ecco, ecco, Francesco…

        Grazia servirà dalla credenza in tavola e durante il pranzo uscirà e rientrerà parecchie volte.

        PERELLA: Finalmente! (A Paolino, rimasto dopo il consiglio dato alla signora Perella, con un sorriso involontario rassegnato sulle labbra:) Oh, senta pro­fessore, gliel’avverto perché la tratto da amico! Lei mi farebbe proprio un gran piacere, se non sorridesse, quando faccio qualche rimprovero al ragazzo o a mia moglie.

        PAOLINO (cascando dalle nuvole): Io? sorrido? io?

        PERELLA: Lei, sì, mi pare! Ha la bocca atteggiata di sorriso anche adesso!

        PAOLINO: Sì? Proprio? Sorrido?

        PERELLA: Sorride! sorride!

        PAOLINO: Oh Dio… E allora io non lo so! Le giuro, capitano, che ho proprio paura di non essere io… Perché io, le giuro, non sorrido.

        PERELLA: Ma come non sorride, se sorride?

        PAOLINO: Ah sì? Ancora? Non sono io! non sono io! può crederci! non sono io! Ho tutt’altro che intenzione di sorridere, io, in questo momento! Se sorrido, saranno… che vuole che le dica? saranno i nervi… i nervi, per conto loro.

        PERELLA: Lei ha i nervi così sorridenti?

        PAOLINO: Già! Pare… Sorridenti…

        PERELLA: Io no, sa!

        PAOLINO: Neppure io, veramente, di solito… Si vede che oggi ha preso loro così… Nervi! (Si mette a mangiare – Pausa.)

        NONO (a cui Grazia ha posto già da un pezz.o davanti la scodella): Posso man­giare, papà?

        PERELLA: Ti avevo detto di no! (Alla moglie:) Chi l’ha servito?

        SIGNORA PERELLA: L’ha servito Grazia, Francesco…

        PERELLA: Non doveva!

        PAOLINO: Veramente… ecco, forse… non lo sapeva…

        PERELLA: E allora lei (indica la moglie) doveva dirglielo! (A Nono:) Basta! Per questa volta, mangia! Nono si agita sulla seggiola, senza mangiar la minestra.

        SIGNORA PERELLA: Mangia, mangia, Nono… Nono fa il suo solito cenno col dito.

        PERELLA (scorgendolo): Che significa?

        NONO: Non dicevo per la minestra, io, papà…

        PERELLA: E per che dicevi allora? Ora si mangia la minestra!

        NONO (esitante, birichino): Eh… Vedo una cosa!

        SIGNORA PERELLA (in tono di lamentoso rimprovero): Ma che cosa, Nono…

        PAOLINO (sulla brace): Benedetto ragazzo…

        NONO (indicando con un rapido gesto, subito ritratto, il pasticcio in mezzo alla tavola): Eccolo là!

        PERELLA: Che c’è là? (Guarda.) Ah, un pasticcio?

        PAOLINO: Già… mi… mi sono permesso, signor capitano…

        PERELLA: Ah, l’ha portato lei?

        PAOLINO: Sì… mi… mi scusi… mi sono permesso…

        PERELLA: La scuso? E come? Oh bella! Debbo scusarla d’avermi regalato un pasticcio? Debbo invece ringraziarla, mi sembra, caro professore!

        PAOLINO: No, che dice? per carità… debbo io, debbo io, signor capitano, rin­graziare lei…

        PERELLA: D’averla invitata a tavola? Ebbene, vuol dire che ci ringrazieremo, all’ultimo, a vicenda!

        PAOLINO (con un’esclamazione che gli scappa spontanea): Eh! Speriamo!

        PERELLA: Come, speriamo?

        PAOLINO (cercando di rimediare): Sì… dico che… che sia di… di suo gradi­mento, ecco… speriamo che… che le piaccia!

        NONO: A me, tanto, sai? tanto! (Si mette ginocchioni sulla sedia.) Guarda! Guarda qui! Questa qui! Questa nera!

        PERELLA: Giù a sedere, perdio! (Nono eseguisce.)

        PAOLINO (sudando freddo): E non facciamo storie, sai, Nono! Non cominciamo con quella nera; se no, mi fai pentire d’averlo portato! Tu di quella nera lì non devi neanche assaggiarne!

        NONO: Perché?

        PAOLINO: Perché no! Perché mamma mi ha detto che… che soffri di un po’ di riscaldamento, è vero, signora? qua, allo stomaco… e il cioccolatto per te, in questo momento…

        NONO: Ma no! Io? La mamma! Soffre di stomaco la mamma, non io!

        PAOLINO (subito): Nono!

        SIGNORA PERELLA (con altra voce): Nono!

        PERELLA (con altra voce): Nono! insomma, finiamola!

        PAOLINO: Se l’ho fatto fare apposta, figliuolo mio, così metà e metà…

        NONO: Ma a me piace quella col cioccolatto!

        PERELLA: E avrai di quella col cioccolatto, sta’ zitto! Tanto, a me non piace!

        PAOLINO (spaventato, subito): Come! A lei non piace? il cioccolatto?

        PERELLA: No… cioè, così… poco! Preferisco quell’altra…

        PAOLINO (sentendosi cascar l’anima e il fiato): Oh Dio…

        PERELLA: Che cos’è?

        PAOLINO: Niente… Niente… vedo che… mi… mi sono ingannato… e…

        PERELLA: Ma non si confonda! Mangio di tutto, io! mangio di tutto! La que­stione è, che qui, mi pare che si mangiano soltanto chiacchiere! Dov’è Grazia! Che fa? che fa? (Scrolla la tavola.) Che fa? Grazia rientra con l’altro servito.

        SIGNORA PERELLA: Eccola, eccola, Francesco.

        PERELLA (a Grazia): Io voglio esser servito a tamburo! T’ho detto mille volte che a tavola non voglio aspettare! Da’ qua! (Le strappa il bislungo dalle mani con tale violenza, che il contenuto sta per rovesciarglisi addosso; balza in piedi, buttando il bislungo sulla tavola e rompendo, se capita, qualche piatto e qualche bicchiere.) Ah, perdio! Come lo porgi?

        GRAZIA: Se lei me lo strappa!

        PERELLA: E tu me lo rovesci addosso, animale? – Mangiate voi! – Non voglio più mangiare! (Fa per avviarsi alla sua camera.)

        PAOLINO (correndogli dietro): No, guardi… per carità, signor capitano…

        SIGNORA PERELLA (correndogli dietro anche lei): Pensa, pensa che abbiamo un ospite a tavola, Dio mio, Francesco…

        (a Paolino): Mi si fa dannare, caro professore, mi si fa dannare in questa casa! Lei vede?

        PAOLINO: Io la prego d’aver un po’ di pazienza.

        PERELLA: Ma che pazienza! Me lo fanno apposta!

        SIGNORA PERELLA: Noi cerchiamo di far di tutto per lasciarti contento…

        PERELLA (notando di nuovo il volto di lei così impiastricciato): Guarda che faccia… guarda che faccia…

        PAOLINO: Venga… sia buono… venga… lo faccia per me, signor capitano… Sono di confidenza, è vero, ma… ma dopo tutto, sono un invitato…

        PERELLA (arrendendosi): Per lei, sa! Mi arrendo per lei! Ma non garantisco che arriviamo alla fine!

        PAOLINO: No! non lo dica! Speriamo… speriamo che non troverà più ragione da lamentarsi!

        PERELLA: Che vuole sperare! Non mi riesce più da anni, a casa mia, d’arrivare alla fine del pranzo! (Rivolgendosi alla moglie:) È inutile, oh, sai, ripetermi che abbiamo un ospite a tavola! Quand’io m’arrabbio, professore, deve scu­sarmi, perdo la vista degli occhi, e non bado più a chi c’è o a chi non c’è! Per non fare uno sproposito, me ne scappo!

        Durante questa scena, Nono, rimasto a tavola, si sarà pian piano accostato alla tavola, si sarà messo ginocchioni sulla seggiola, e come un gattino con la zampetta avrà assaggiato il pasticcio, dalla parte del cioccolatto.

        PERELLA (scorgendolo): Ecco qua! Lo vede? lo vede? Se questo è il modo d’e­ducare il ragazzo! (Afferra Nono per un orecchio e lo trascina verso l’uscio a destra.) Va’ subito a letto! subito a letto, senza mangiare! subito! (Appena arrivato davanti all’uscio lo spinge dentro col piede.) Via! (Tornando a ta­vola:) Ma io non resisto, sa! Non resisto! Vede come mi tocca di mangiare ogni volta?

        SIGNORA PERELLA: Benedetto ragazzo! (A Paolino:) Non se n’è mica mangiato poco…

        PAOLINO: Ma sì, via… poco… non vede? un tantino appena appena di qua…

        PERELLA: Professore, per carità, non me lo faccia vedere! Mi viene la tenta­zione di prenderlo e d’andarlo a buttare di là! (Fa per prenderlo, indicando la veranda.)

        PAOLINO (riparandolo): No! Per carità! Mi vuol fare quest’affronto, signor ca­pitano?

        PERELLA: E allora mangiamocelo subito!

        PAOLINO: Subito! subito! Ecco, sì, bravo! Questa è una bella pensata! E se permettete, taglio io… faccio io le parti, eh? Ecco… subito subito! (Esegui­sce.) Alla signora, prima; ecco qua: questa, alla signora, così!

        SIGNORA PERELLA: Troppo.

        PAOLINO: No, che troppo! (Rivolgendosi al Capitano:) Ora, se permette… badi, dico se permette, perché, se non permette, niente! in qualità di professore, solo in qualità di professore…

        PERELLA: Ne vorrebbe dare a Nono?

        PAOLINO: Non oggi! ah, non oggi! Lei l’ha castigato, e ha fatto benone! Dico, conservargli la sua porzione, se lei permette, badi! per domani. Tutta questa bianca! Gliel’avevo promesso in premio, ecco… come professore…

        PERELLA (battendo con la nocca di un dito sulla tavola, tutto contento della freddura che sta per dire): Vede? vede? Non gliel’ho detto, io, che il suo me­todo è troppo dolce? Eh, più dolce di così! (E scoppia a ridere, lui per il primo.)

        PAOLINO (ridendo a freddo, mentre la signora Perella gli fa eco): Ah… già… benissimo… E di questa metà qua, ora, ecco, facciamo così…

        PERELLA: Ma che così! La dà tutta a me? Ma no!

        PAOLINO: La prego! Perché sa? la crema, a me… mi… mi… non mi… insomma, non mi… come dico?… ecco, sì… mi… mi fa acidità, ecco… acidità di sto­maco… Quanto meno ne mangio, meglio è… Lei ha mangiato poi così poco!

        PERELLA (mangiando a gran boccate): Buona… buona… Ah, buona… buona… buona… buona! Bravo, professore!

        PAOLINO: Lei non sa il piacere che mi sta facendo in questo momento!

        SIGNORA PERELLA: Ne fa tanto anche a me, quando lo vedo mangiare così di buona voglia…

        PAOLINO: Vuole anche quest’altro pezzo? Guardi, non l’ho ancora toccato!

        PERELLA: No… no…

        PAOLINO: Per me, senza cerimonie… Mi farebbe male, gliel’assicuro!

        PERELLA: Ne prendo, se mai, un tantino della porzione di Nono. Mi sembra troppa!

        PAOLINO: No, guardi, proprio mi fa un piacere, se prende la porzione mia…

        PERELLA: Oh! Se a lei fa male… dia qua! (La prende e mangia anche quella.) Non c’è pericolo che faccia male a me! Ne potrei mangiare due volte tanto, tre volte tanto, non mi farebbe niente! (Alla moglie:) Che mi dai da berci su adesso?

        SIGNORA PERELLA: Ma… non so…

        PERELLA: Come, non sai? Non c’è neanche un po’ di marsala?

        SIGNORA PERELLA: Non ce n’è, Francesco…

        PERELLA (infuriandosi apposta, rivolto al signor Paolino, per piantare al solito la moglie e andare a chiudersi in camera): Ha visto? S’invita uno a tavola e non si prepara neanche un po’ di marsala!

        PAOLINO: Oh, sa, se è per me…

        PERELLA: Ma è per la cosa in se stessa! per tutto quello che manca di previ­denza, d’ordine, di buon governo a casa mia! La signora pensa a lisciarsi!

        SIGNORA PERELLA (ferita): Io?

        PERELLA: Ah no? Lo negheresti?

        SIGNORA PERELLA: Ma è la prima volta, Francesco…

        PERELLA (afferrando la tovaglia, strappandola giù con tutto quello che vi sta sopra e balzando in piedi): Ah, perdio!

        PAOLINO (spaventato): Capitano… capitano!

        PERELLA: Osa rispondermi, perdio!

        SIGNORA PERELLA: Ma che ho detto?

        PERELLA: E la prima volta? Sia l’ultima, sai! Perché, tanto, con me, è inutile! Non mi pigli! non mi pigli! non mi pigli! Piuttosto mi butto dalla finestra! Va’ al diavolo!

        Corre, così dicendo, verso l’uscio della sua camera, si caccia dentro, e sì sente il rumore del paletto, che sarà bene esagerare grottescamente.

        Scena settima

        Paolino, la signora Perella e Grazia..

        Restano tutti e due, come basiti, a guardarsi un pezzo, nella crescente penom­bra. Entra Grazia dalla comune, vede lo scompiglio per terra, e scuote in aria le mani, tentennando il capo.

        GRAZIA: Al solito, eh?

        SIGNORA PERELLA (risponde appena al tentennio del capo, poi dice): No, vai, Grazia. Sparecchierai domani… (Accenna all’uscio della camera del marito.) Non far rumore…

        GRAZIA: Accendo?

        SIGNORA PERELLA: No, lascia… lascia…

        GRAZIA (ritirandosi): Ogni volta, così! (Esce per la comune.)

        Scena ottava

        Detti meno Grazia..

        Si avviva a poco a poco sempre più dalla finestra aperta della veranda un raggio di luna, che investe principalmente i cinque vasi del portafiori tra i due usci laterali di sinistra.

        SIGNORA PERELLA: Hai sentito? Dice che piuttosto si butterebbe dalla finestra!

        PAOLINO: Eh! Aspetta! Bisogna aspettare!

        SIGNORA PERELLA: Tu ci speri? Io non ci spero, no, Paolino…

        PAOLINO: Mi hanno detto tutt’e due i fratelli di non dubitare… di star sicuro!

        SIGNORA PERELLA: Sì. Ma io dico per lui! Non lo conoscono! Non lo conosci neanche tu, Paolino! Piuttosto davvero si butterebbe dalla finestra…

        PAOLINO: Oh, senti… Se tu vai incontro alla prova con quest’animo…

        SIGNORA PERELLA: Io? Io sono qua, Paolino. Aspetto… aspetterò tutta la notte.

        PAOLINO: Ma devi aspettar con fiducia!

        SIGNORA PERELLA: Ah, no, credi, invano.

        PAOLINO: Ma bisogna che tu la abbia, almeno, un po’ di fiducia! Può giovare, credi, se ne hai, ad attirarlo! Sì! sì! Io credo nella forza dello spirito! E tu devi averne! devi averne! Pensa che, se no, c’è l’abisso aperto per noi! Io non so che faccio, non so che faccio domani! Per carità, anima mia!

        SIGNORA PERELLA: Ma sì… ecco… vedi? io mi metto qua… così… Siede su un seggiolone a braccioli, antico, rivolta verso l’uscio della camera del marito, in modo che se questi aprisse, se la troverebbe davanti, in atteg­giamento di «Ecce Anelila Domini» circonfusa nel raggio di luna.

        PAOLINO: Sì… sì… ecco… così… Oh santa mia! Io ti prego, ti prego di farmi trovare un segno domani, domani all’alba. Questa notte io non dormirò. Verrò domattina all’alba, davanti alla tua casa. Se è sì, fammi trovare un segno; ecco, guarda, uno di questi vasi di fiori qua, alla finestra della veranda là, perché io lo veda dalla strada domani all’alba. Hai capito? Resterà un momento nell’atteggiamento dell’Angelo annunziatore, col vaso in mano, nel quale sarà un giglio gigantesco. S’udrà friggere il riflettore che manda il raggio di luna.

        SIGNORA PERELLA: Io sono qua. A domani, Paolino!

        PAOLINO: Così sia!

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1919 – L’uomo, la bestia e la virtù – Apologo in tre atti
Premessa
Personaggi, Atto Primo
Atto Secondo
Atto Terzo

En Español – El hombre, la bestia y la virtud

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