<<< Raccolta “Zampogna” (1901)
17. L’intrusa
I
Mentre dal ciglio del burron che s’apre
quasi a picco, profondo, una greggiola
pende, qual bianco grappolo, di capre,
e il pastor da un olivo una parola
ora a questa rivolge ed ora a quella,
come a persone di sua famigliuola;
il suono a balzi d’una campanella
s’ode e un villan sul ciglio si presenta
che per le corna una proterva snella
capretta regge.
– O che non è contenta? –
sorridendo il pastor dice al villano.
Il capro alza la testa sonnolenta
a sogguardar l’estranea, a cui la mano
ha già steso il padrone. Ora, accostando
le barbe, l’altre capre piano piano
parlan fra se. Chiede il villano:
– Quando
vuoi che torni a riprenderla? Sei giorni
bastano? Intanto, te la raccomando.
Sta’ buona, Fifa; tra sei dí ritorni
madre; ti lascio in buona compagnia;
verrò a vederti qui per i dintorni. –
E contento il villan se ne va via.
II
Chiama ancora col pianto nella gola
Fifa, a pie’ dell’olivo trattenuta.
Intanto, sparsa a gruppi, la greggiola
gelosa, poi che sa perché venuta
sia quella lì, fra sé malignamente
e sparla.
Guarda come l’aria fiuta! –
sghigna una capra qua, vecchia e impudente:
Sú care, confortiamola, per giunta…
anzi! –
E l’anca si gratta con la punta
d’un corno.
– Magrolina, magrolina, –
osserva un’altra là: – Par l’abbia munta
tutta il padrone. Guarda, si strofina
al tronco… Ora vedrai che lui, fingendo
d’andar pe’ fatti suoi, le s’avvicina. –
– Io per me, chi mi segue? me ne scendo
giú: non mi so tenere a tali scene! –
protesta un’altra. – È stupido, comprendo,
quel capro lì, ma cieco anche? Mi viene
di prenderlo a cornate!
Sta’ a vedere
che costei bestiolina assai per bene
si sente, – insinua una quarta, – e preghiere
lunghe da lui s’aspetta e smorfie, come
se non dovesse fare il suo piacere… –
Ma il pastore si leva, ecco, e per nome
le chiama e le raduna: quasi un velo
d’ombra è calato fin sopra le chiome
degli alberi: ogni foglia al proprio stelo
par si raccolga attorno, e un gregge fitto
s’avvia di nuvolette anche pe ‘l cielo.
– Come comporti di vedermi afflitto, –
cantilena il pastor con voce mesta,
– se per capriccio il cor non m’hai trafitto?
Va la greggiola innanzi e Fifa resta
sola, indietro: non sa dove si vada;
volge, chiamando, or qua or là la testa:
oh se sapesse per tornar la strada…
Noto soprattutto per le numerose e caratteristiche novelle, le singolari opere teatrali e gli altrettanto peculiari romanzi, Pirandello, agli albori della sua carriera, fu anche poeta. Un poeta che, nonostante fosse solo agli inizi, lasciava già intravedere chiare tracce non solo del suo inconfondibile stile, ma soprattutto della sua particolare visione del mondo e della natura umana. Nel 1960 vennero per la prima volta pubblicate in un’unica raccolta tutte le opere poetiche dell’autore, accompagnate da testi inediti pazientemente ricercati e recuperati fra i numerosi scritti sparsi. L’amore ed i rapporti fra uomo e donna, tematiche chiave in Pirandello, spesso trasfigurate da ambientazioni irreali e mitiche, mostrano già quelle lacerazioni e contraddizioni che col tempo diventeranno segni distintivi dell’intera opera pirandelliana. Basti pensare al titolo della prima raccolta poetica dell’autore, Mal giocondo, ossimoro che, dietro l’apparente scherzo nell’accostare due termini così dissimili, quasi a volersi burlare del lettore, anticipa le antinomie e incoerenze che saranno parte integrante delle successive opere teatrali e dei romanzi.
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