L’esclusa – Parte II – Capitolo 11
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Leggi e ascolta. Voce di Edoardo Camponeschi.
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XI.
– A Palermo? Come mai!
E Gregorio Alvignani si fermò davanti al professor Luca Blandino, il quale andava al solito con gli occhi semichiusi, assorto nei suoi pensieri, col bastone sotto il braccio, le mani dietro la schiena e il lungo sigaro addormentato su la barba.
– Oh, bello mio! – fece il Blandino, guardando l’Alvignani senza alcuna sorpresa, come se già fosse stato in compagnia di lui un’ora avanti. – Alza, alza un po’ il mento: così… Quanto?
– Che cosa? – domandò ridendo Gregorio.
– Codesti colletti, a quanto l’uno? Troppo alti per me… Perché ridi, birbante? Mi minchioni? Voglio comperarmene tre. Vieni, ajutami. Debbo fare una visita, e così come sono non potrei presentarmi. Arrivo adesso…
Prese il braccio dell’Alvignani che rideva ancora, e s’avviò con lui.
– Oh, a proposito! E tu che fai qui?
– A proposito di che? – gli domandò Gregorio Alvignani rimettendosi a ridere.
– Nulla, nulla… per saperlo, – rispose il Blandino, diventando a un tratto serio e corrugando le ciglia.
– La Camera è chiusa… – disse l’Alvignani.
– Lo so… E tu perché sei qui? Non vorrei fare un altro pasticcio… Dimmi la verità.
– Che pasticcio? – domandò Gregorio, divenuto serio anche lui e sforzandosi di comprendere.
– Ora ti dirò… Entriamo qui, – rispose il Blandino, cacciandosi in un negozio di biancheria. – Compro i colletti.
– Ho tenuto una conferenza all’Università… Fra qualche giorno riparto…
– Per Roma?
– Per Roma.
– Colletti! – ordinò il Blandino al giovine di negozio. – Così, guardi… come questi dell’amico mio, un po’ più bassi.
Fatta la compera, Gregorio Alvignani propose al Blandino di andare a casa sua (Marta quel giorno non sarebbe venuta) – e si misero in vettura.
– Spiegami adesso il pasticcio.
– Ah, già! Dunque, una conferenza? E riparti subito?
– Spero…
– Avrei preferito non trovarti qua.
– E perché?
L’Alvignani credette di comprendere; tuttavia simulò un’aria tra smarrita e sorpresa. Un lieve sorriso gli si delineò su le labbra.
Da questo sorriso il Blandino, se fosse stato un osservatore più acuto, si sarebbe accorto che l’Alvignani s’era già messo in guardia.
– Perché? Perché mi dà sospetto la tua presenza qua.
– Oh sta’ a vedere ch’io non debbo più venire a Palermo! E tu perché ci sei venuto? E, di grazia, che sospetto?
– Non m’hai capito? – domandò il Blandino, guardandolo fiso.
– Non t’ho capito… cioè, suppongo che tu non voglia alludere… Sì? Ah sì? Ancora? Caro mio: acqua passata…
– Parola d’onore?
Gregorio Alvignani scoppiò di nuovo a ridere, poi disse:
– Sai la nuova? Tu diventi più stolido di giorno in giorno.
– Hai ragione! – confermò con molta serietà Luca Blandino, scrollando il capo e chiudendo gli occhi. – Oggi più smemorato e più balordo di jeri. Non posso più insegnare: non ricordo più nulla… Ottanta, ottanta e ottanta: due lire e quaranta, è vero? Aspetta, credo che ci sia errore. Tre colletti, è vero? Due lire e quaranta… ladri! Quanto mi hanno restituito? No, no – è giusto: quaranta e sessanta, cento – tre lire giuste. Benissimo. Dunque, dicevamo?
– Quanti anni di servizio hai da fare ancora per avere la pensione? – gli domandò Gregorio Alvignani.
– Molti. Non ne parliamo, ti prego, – rispose il Blandino.
– Si tratta adesso di riconciliare Rocco Pentàgora e la moglie.
Gregorio Alvignani credette dapprima di non aver bene inteso e impallidì. Il sorrisetto motteggiatore gli rimase tuttavia su le labbra.
– Ah sì? Come mai? Dopo…
S’interruppe: notò che la voce non era ben ferma.
– Sono venuto per questo, – aggiunse il Blandino, studiandolo. – Perciò ti dicevo che avrei preferito non trovarti qua.
– E che c’entro io? – fece l’Alvignani con aria stupita.
– Sta’ zitto, sta’ zitto che c’entri, – esclamò sospirando il Blandino. – Ma non se ne parli più… bisogna pensare alla riconciliazione, adesso.
– Sei sicuro che si farà? – domandò l’Alvignani, simulando una perfetta ingenuità.
– Speriamo… Perché no? Il marito la rivuole.
– S’è persuaso finalmente? – aggiunse Gregorio Alvignani con indifferenza.
Proseguirono in silenzio.
– Vetturino, di qua: via Cuba, al primo portone, – ordinò finalmente l’Alvignani.
Poco dopo, entrati nell’ampia stanza in cui si apriva il balcone dalla balaustrata a pilastrini, ripresero la conversazione.
– Sei davvero incorreggibile! – esclamò, ridendo, Gregorio.
– Vuoi proprio pigliarti tutte le gatte a pelare?
– Eh, lo so! Ma che vuoi farci? È il mio destino. Tutti ricorrono a me. Non so dire di no, e… Questa volta però… Sai che quel povero ragazzo si è ammalato? È stato proprio per morire.
– Il Pentàgora? Davvero?
– Lui, Rocco; eh sì, di tifo… Io abito, non so se lo sai, nella stessa sua casa. M’ha fatto chiamare… Poverino, s’è ridotto pelle e ossa: che non si riconosce più. «Professore», dice, «lei deve ajutarmi… Le lettere non servono a nulla… Lei deve andare dalla madre di Marta; le dica come m’ha veduto. Io rivoglio Marta, la rivoglio!…» E così, siamo qua, caro Gregorio! Speriamo di metter fine a questa storia disgraziata per tutti.
– Sì, sì… – affermò l’Alvignani, passeggiando per la stanza. – È il meglio che si possa fare, senza dubbio.
– Non è vero?
– Sì. Sarebbe stato meglio che nulla purtroppo fosse accaduto, come nulla doveva accadere. Te lo dissi già una volta, rammenti? quando avesti il coraggio di comparirmi davanti come testimonio del Pentàgora. Egli agì allora proprio da ragazzo; volle provocarmi; io non potei più evitare il secondo scandalo del duello. Prevedevo fin d’allora questa soluzione. Ci è voluto forse troppo tempo. Basta: a ogni modo, ora egli ripara; fa bene.
– Ma sai che lui, il marito, – disse il Blandino, – ha tentato altre volte, dopo la morte di Francesco Ajala, di riconciliarsi? Non ha voluto saperne lei…
– Troppo tardi o troppo presto, forse, – osservò l’Alvignani. – Perché bisogna compatire anche la moglie, mi pare! Non dovrei dirlo io; ma resti tra noi; tanto, ormai tutto è finito, o sarà tra breve. L’hanno infamata! Se qualche colpa… cioè, colpa… non diciamo colpa! errore, lievissimo errore c’è stato, l’ho commesso io, e me ne sono pentito amaramente; me ne pento tuttora. Un momento d’aberrazione, lo confesso: la vicinanza, la simpatia vivissima… la mia vita chiusa, sepolta nel lavoro… un momento, insomma, di cordiale, irresistibile espansione, ecco! Sarei presto rientrato in me, mercé l’onestà di lei, se tutt’a un tratto, con una leggerezza incredibile da parte del marito, non fosse avvenuto quel che è avvenuto. Ah! Non bisogna trattenersi mai tanto nel sogno, caro mio, che l’urto della realtà sopravvenga! Quante volte non me lo sono ripetuto… Questo per dimostrarti che se lui, il marito, per disgrazia, fosse morto, avrei subito riparato io al male che da ogni parte è piombato su la povera signora. Tu mi conosci: non son uomo d’avventure, io! Tu stesso m’hai scritto una volta per lei una lettera un po’ troppo vivace, ti rammenti? Non me ne sono avuto a male. Ho fatto subito per la signora quanto m’è stato possibile: poco, purtroppo, in considerazione della jattura; ma tutto il possibile. Ora mi dài una consolante notizia. Le si renderà giustizia interamente davanti alla società. Ecco quello che bisognerà farle intendere… Sì, perché ella, m’immagino, non sarà molto ben disposta a rispondere adesso al pentimento del marito. Siamo giusti! Ha troppo sofferto, poverina. La proposta, vedi, io credo che tu debba presentarla da questo lato, per riuscire! E ci vuole efficacia, calore… non mancherà a te! È proprio la via d’uscita, la riparazione vera per lei, la prova, il riconoscimento dell’innocenza da parte di chi l’aveva accusata e condannata a occhi chiusi! Non ti pare? Questo, questo devi sostenere davanti a lei!
– Sì, sì… – approvò distratto il Blandino. – Lascia fare a me…
– Non ti pare? – ripetè l’Alvignani, assorto ancora nel suo ragionamento, come se specialmente lo volesse persuadere a se stesso. – È proprio la fine desiderata, la vera, la giusta, la più naturale, del resto, di questa tristissima storia. Non puoi credere, caro amico, quanto ne sia contento… Tu m’intendi: mi pesava su la coscienza enormemente questa condizione di cose fatta per mio incentivo a una donna, senz’alcuna ragione. Saperla, povera signora, così sbalestrata, ancora giovane, bella, esposta alla malignità della gente… era, credi, per me, un rimorso continuo… Te ne vai?
– Sì, me ne vado, – rispose il Blandino, che già s’era alzato.
– Vediamoci stasera… vorrei sapere… Ceneremo insieme?
Si diedero convegno, e Luca Blandino andò via. Poco dopo, Gregorio Alvignani, aprendo l’uscio della camera da letto quasi al bujo, si sentì sul volto queste due parole, come due schiaffi:
– Vile! vile!
Diede un balzo indietro:
– Tu qua, Marta!
E richiuse subito l’uscio.
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L’esclusa – Indice
Parte prima
Capitolo 1 – Capitolo 2 – Capitolo 3
Capitolo 4 – Capitolo 5 – Capitolo 6
Capitolo 7 – Capitolo 8 – Capitolo 9
Capitolo 10 – Capitolo 11 – Capitolo 12
Capitolo 13 – Capitolo 14
Parte seconda
Capitolo 1 – Capitolo 2 – Capitolo 3
Capitolo 4 – Capitolo 5 – Capitolo 6
Capitolo 7 – Capitolo 8 – Capitolo 9
Capitolo 10 – Capitolo 11 – Capitolo 12
Capitolo 13 – Capitolo 14 – Capitolo 15
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