1917 – Il piacere dell’onestà – Commedia in tre atti

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Antonio Gramsci scriveva: «C’è nelle sue commedie uno sforzo di pensiero astratto che tende a concretarsi sempre in rappresentazione, e quando riesce, dà frutti insoliti nel teatro italiano, d’una plasticità e d’una evidenza fantastica, mirabile. Così avviene nei tre atti del Piacere dell’onestà.».

FONTE  Novella «Tirocinio» (1905)
STESURA aprile – maggio 1917
PRIMA RAPPRESENTAZIONE 27 novembre 1917 – Torino, Teatro Carignano, Compagnia di Ruggero Ruggeri.

Approfondimenti nel sito:
Sezione Novelle – Tirocinio
Sezione Video – Il piacere dell’onestà – 1954 – Luigi Cimara, Elena Zareschi, Romolo Valli.
Sezione Video – Il piacere dell’onestà – 1982 – Alberto Lionello, Erica Blanc
Sezione Video – Il piacere dell’onestà – 2016 – Associazione Culturale Cristina Selitano e omonima compagnia.

En Español – El piacer de la honradez

Premessa e articolo di Antonio Gramsci
Personaggi, Atto Primo
Atto Secondo
Atto Terzo.

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Il piacere dell’onestà - Commedia in tre atti
Alberto Lionello, Erica Blanc, Il piacere dell’onestà, 1978. Immagine dal Web.

Premessa e articolo di Antonio Gramsci (1917)

Premessa

        È una commedia in tre atti derivata dalla novella Tirocinio (1905). La stesura è stata effettuata nell’aprile-maggio 1917. E stata rappresentata per la prima volta il 27 novembre 1917 al Teatro Carignano di Torino, protagonisti Ruggeri e la Vergani.

        Angelo Baldovino accetta la proposta di sposare Agata, messa incinta dal marchese Fabio Colli, che non può sposarla perché già ammogliato. Egli dovrà essere soltanto in apparenza un marito, per salvaguardare la rispettabilità di Agata e consentire al marchese di continuare a frequentarla. Baldovino è stato scelto per questo singolare compito perché uomo fallito, di scarsa moralità, ritenuto pronto ad accettare ogni proposta per guadagno; invece egli prende la cosa con estrema serietà, per la prima volta ha un compito serio da assolvere, pensa di poter rendersi utile alla ragazza in difficoltà, ed nascituro cui potrà dare il suo nome, allo stesso marchese Fabio, legato a una moglie che lo tradisce. La sua risposta è chiarissima: «Sposerò per finta una donna; ma sul serio io sposo l’onestà». Già nel dialogo preliminare con Fabio dichiara che diventerà «un tiranno», per ottenere che tutti stiano dignitosamente ai patti. E, in realtà, dimostrerà un rigido rigore morale che metterà in soggezione e in difficoltà tutti. Agata, che ormai pensa soltanto a essere madre e quando nascerà il figlio si dedicherà interamente a lui, dopo il matrimonio, non vuole più avere contatti con Fabio. Il marchese ne è esasperato; crea una società e chiama Baldovino a farne parte, sperando che rubi o, alla peggio, di tendergli una trappola per accusarlo di disonestà e liberarsi di lui. Baldovino si comporta nella società con competenza e rigore morale, risul­tando d’esempio agli altri. Il suo comportamento – egli dice – gli fa provare «il piacere dei Santi negli affreschi delle chiese». A Fabio non resta che tendergli una trappola; ma Baldovino lo smaschera di fronte ad Agata e, dopo aver fatto balenare che il maldestro tentativo tornerebbe a danno del bambino che porta il suo nome, si dice, comunque, pronto ad andarsene, a essere accusato di furto, purché a rubare per lui sia Fabio, al quale va accollato tutto il peso dello squallido intrigo.

        A questo punto tutti lo pregano di rimanere. In particolare Agata che evidentemente ha capito come Fabio e gli altri siano uomini mediocri e disonesti rispetto a Baldovino, la cui onestà e la cui umanità l’ha conquistata.

        Ancora una volta Pirandello si serve di un matrimonio «bianco» come ad esempio in Pensaci Giacomino! e in Ma non è una cosa seria, per creare situazioni che finiscono per svelare la vera natura dei personaggi. E un modo di contravvenire alle regole sociali per mettere in evidenza virtù non convenzionali che albergano nell’animo del protagonista. Il quale, in questa commedia, da uomo squalificato cui gli altri intendono affidare un compito degradante, credendo alla bontà della sua missione in difesa di umani valori (Agata e il suo bambino), si rivela uomo di alta qualità morale e di autentica bontà, anche se, da questa sua conquistata condizione, si diverte «pirandellianamente» a mettere in ridicolo la falsa rispettabilità degli altri.

        In occasione della «prima» a Torino Antonio Gramsci scriveva: «C’è nelle sue commedie uno sforzo di pensiero astratto che tende a concretarsi sempre in rappresentazione, e quando riesce, dà frutti insoliti nel teatro italiano, d’una plasticità e d’una evidenza fantastica mirabile. Così avviene nei tre atti del Piacere dell’onestà». (Avanti! ed. torinese, 2 novembre 1917.)

Articolo di Antonio Gramsci
«Il piacere dell’onestà» di Pirandello al Carignano
da L’Avanti! del 29 novembre 1917

Luigi Pirandello è un «ardito» del teatro. Le sue commedie, sono tante bombe a mano che scoppiano nei cervelli degli spettatori e producono crolli di banalità, rovine di sentimenti, di pensiero. Luigi Pirandello ha il merito grande di far, per lo meno, balenare delle immagini di vita che escono fuori dagli schemi soliti della tradizione, e che però non possono iniziare una nuova tradizione, non possono essere imitate, non possono determinare il cliché di moda. C’è nelle sue commedie uno sforzo di pensiero astratto che tende a concretarsi sempre in rappresentazione, e quando riesce, dà frutti insoliti nel teatro italiano, d’una plasticità e d’una evidenza fantastica, mirabile. Così avviene nei tre atti del Piacere dell’onestà. Il Pirandello vi rappresenta un uomo che vive la vita pensata, la vita come programma, la vita come « pura forma ». Non è un uomo comune questo Angelo Baldovino. È stato un briccone, è un relitto, secondo le apparenze. Non è, in verità, che un uomo verso il quale la società ha avuto il torto di essere tale per cui la « pura forma » è in realtà adeguata al resto della realtà. Il Baldovino si innesta nella commedia in un ambiente favorevole e vive la sua vita. Diventa il marito legale di una nobile signorina che è stata resa madre da un uomo ammogliato. Accetta la parte, ponendosi degli obblighi di onestà, e ponendone agli altri, e sviluppa il suo pensiero. Diventa subito ingombrante: il suo pensiero si  realizza per sé, ma scombussola tutto l’ambiente e arriva a questo punto morto preveduto dal Baldovino, ma paradossale per gli altri; è necessario che il marchese Fabio, il seduttore, diventi ladro, perché la « pura forma » si sviluppi in tutta la sua logica, e Baldovino appaia essere il ladro, pur rimanendo accertato per tutti gli interessati che il vero ladro è il marchese, e che non impunemente si accettano dei contratti in cui la logica e la volontà uno deciso a rispettarla, sono elementi essenziali. Arrivati a questo punto di scomposizione e di dissoluzione psicologica, la commedia ha uno svolto pericoloso, e un po’ confuso.  Le reazioni sentimentali hanno il sopravvento: la bricconeria effettiva del marchese Fabio prende un risalto di una evidenza umoristica catastrofica, e la moglie putativa diventa moglie effettiva e appassionata del Baldovino, che non è un briccone un galantuomo, ma solo un uomo che vuole essere l’uno e l’altro, e sa essere effettivamente galantuomo, lavoratore, perché queste parole non sono che attributi contingenti di un assoluto che solo il pensiero e la volontà creano e alimentano.

La commedia di Pirandello ha avuto un crescendo di applausi, dovuto alla virtù di persuasione insita nel processo fantastico dell’intreccio. Ruggero Ruggeri sosteneva la parte del Baldovino, la Vergani quella della signorina, poi signora Agata Baldovino, il Martelli quella del marchese Fabio. Col Pettinello e la Mosso presentarono un insieme interpretativo ottimo, ciò che contribuì a far rilevare meglio il dialogo serrato e pieno di scorci della commedia.

Antonio Gramsci – (29 novembre 1917)

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Atto Secondo
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