Di Biagio Lauritano.
Una brevissima riflessione sul dramma di Luigi Pirandello.
I sentimenti ci divorano e la finzione prolunga il nostro appuntamento con la morte ovvero la coscienza della cruda realtà, la solitudine.
Enrico IV: il dramma della solitudine
Per gentile concessione dell’Autore.
Enrico IV rappresenta il fallito tentativo di Pirandello di individuare le motivazioni della perdita dell’identità dell’uomo moderno.
La pazzia prima autentica, poi simulata del protagonista del dramma rivela che egli è in perenne lotta con se stesso poiché stanco del processo di alienazione in atto nella società. I sentimenti di Enrico non sono nient’altro che simulazioni; in effetti egli deve fingere prima con se stesso per poter poi fingere con gli altri. È come se la “follia” fosse una Furia dalla quale il protagonista non trova scampo, è come se egli sapesse quale sarà il suo destino già prima di cadere da cavallo: indossare una maschera per tutta la vita è davvero tragico, prima o poi qualcuno ci ostacola, ci fa deviare dalla retta via.
Perciò i sentimenti ci divorano e la finzione prolunga il nostro appuntamento con la morte ovvero la coscienza della cruda realtà, la solitudine. In noi stessi operiamo allora una rinuncia per evitare ciò perdendo così la percezione non solo del mondo che ci circonda, ma della presunta verità di cui in passato ci sentivamo depositari; ecco che allora si attua un rovesciamento umoristico cioè noi, seppur soli, continuiamo paradossalmente a conservare il rapporto con la realtà dichiarandoci apertamente contro il conformismo che caratterizza la nostra società.
In conclusione a mio avviso agiamo in questo modo per evitare di diventare veramente pazzi perché desideriamo che passato e futuro si compenetrino ovvero che le nostre esperienze con il prossimo possano sempre regalarci una gioia, un sorriso che spesso siamo incapaci di trovare in noi stessi.
Biagio Lauritano
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