Biagio Lauritano: I concetti pirandelliani di vita e forma: alcune tracce del passato

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Di Biagio Lauritano

Sentimento e ragione non sono anche gli equivalenti pirandelliani rispettivamente dei concetti di vita e forma? La risposta a questa domanda dipende sempre dall’analisi del contesto storico-sociale attraverso cui si vogliono analizzare il pensiero e la poetica pirandelliani.

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I concetti pirandelliani di vita e forma: alcune tracce del passato

Per gentile concessione dell’Autore.

Petrarca tenta di delineare il ritratto della propria identità in modo diretto ovvero senza riferirsi ad ideologie condizionanti e preesistenti. Animato dalla sensibilità stoica e da quella di Sant’Agostino il poeta orienta il ritratto della propria vita vissuta in modo che questa non risulti più distinguibile da una vera e propria autobiografia. In effetti ciò accade perché Petrarca vive il passaggio dai Comuni al Principato con conseguente perdita della libertas intesa come campo d’azione a livello sociale e politico; infatti diversamente dai tempi di Dante la coscienza di questo poeta opera a un livello denotativamente introspettivo e ciò comporta, in certi momenti, la perdita di rapporto con la realtà oggettiva.

Questo lo si evince, per esempio, dal Secretum dove Sant’Agostino è l’alter ego della sua coscienza ovvero il principio di realtà in senso freudiano. Nel Canzoniere invece la lingua paratattica e perciò intrisa di parallelismi che evocano, attraverso un paesaggio fantastico, i desideri nascosti del poeta allude al principio del piacere di ascendenza freudiana che deve però fare i conti con l’arido principio di realtà che stronca sul nascere i desideri nascosti del poeta tramutandoli in dubbi. In altre parole il rigore filologico di Petrarca di ricostruire minuziosamente il significato delle opere classiche spinge il poeta a chiedersi se ed in che misura detto significato ha valore nella sua età e soprattutto, proprio perché egli è colto dal dubbio nei confronti dei valori della vita e della società del suo tempo, quale sarà perciò l’atteggiamento dei posteri nei suoi confronti. Purtroppo questo magnifico sforzo di edificazione che tende alla Totalità rimane irrisolto.

A mio avviso anche Tasso vive una simile condizione dualistica, sospeso com’è tra i suoi pensieri, riflesso delle paure dell’epoca della Controriforma che limita fortemente il campo della libertas, e il pragmatico tentativo di costruire la propria identità in modo però equivoco ed ambivalente ovvero nel tentativo di compiacere il duca Alfonso II d’Este con la scrittura della Gerusalemme Liberata.

E non possiamo dimenticare Foscolo che con I Sepolcri supera il suo naturale disappunto tra sentimento e ragione in nome delle grandi azioni compiute dall’uomo che rimarranno nella memoria dei posteri.

A questo punto vorrei provare a tradurre secondo un modo di intendere tipico della sensibilità novecentesca il principio del piacere e quello di realtà: ne consegue che essi sono gli equivalenti rispettivamente dei concetti di sentimento (in questo caso Freud parlerebbe di pulsione) e ragione (realtà per Freud). Ma sentimento e ragione non sono anche gli equivalenti pirandelliani rispettivamente dei concetti di vita e forma? A mio avviso la risposta a questa domanda dipende sempre dall’analisi del contesto storico-sociale attraverso cui si vogliono analizzare il pensiero e la poetica pirandelliani.

Biagio Lauritano

Ricevuto via mail il 9 novembre 2024

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