Luigi Pirandello, una vita d’autore

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Di Fausta Samaritani. 

Luigi Pirandello scrive al figlio Stefano: «L’idea di chiudermi in una vita sedentaria mi fa orrore. E terrore la compagnia di me stesso.» E più tardi, alla figlia Lietta: «Non so s’io vado fuggendo la vita, o la vita me.»

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Biografia di Pirandello
Pirandello davanti al tempio della Concordia, 1927. Immagine dal Web.

Luigi Pirandello, una vita d’autore

da Repubblica Letteraria (sito non attivo)

Gli esordi
Una notte di giugno caddi come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna d’olivi saraceni affacciata agli orli d’un altipiano d’argille azzurre sul mare africano. Con queste parole Luigi Pirandello racconta la sua venuta al mondo, il 28 giugno 1867. La casa natale, presso Girgenti, oggi Agrigento, si chiama Caos. Io dunque sono figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà (da Frammento d’autobiografia). Luigi è il secondogenito dei sei figli di Stefano Pirandello, un garibaldino che aveva combattuto in Aspromonte, e di Caterina Ricci-Gramitto. A Palermo, negli anni del Liceo, Luigi scrive già testi per il teatro. Al Bellini assiste ad una recita di Eleonora Duse. Prima di partire per Roma, dove è iscritto a Filosofia e Lettere, si fidanza con la cugina Rosalia. Per contrasti con l’insegnante di Lingua e Letteratura latina, nel 1889 si trasferisce all’Università di Bonn. Partecipa alla vita spensierata degli studenti e si innamora di Jenny Schulz-Lander, figlia di un ufficiale, una ragazza bella, brillante, solare. Nel 1891 si laurea in Filologia romanza, con una tesi sulla parlata di Girgenti.

Nelle lettere ai familiari dimostra nostalgia per la Sicilia e descrive episodi minuti, di tutti i giorni. Palesa la sua vocazione di scrittore e si lamenta per l’aridità della glottologia. Si sente affaticato e soffre di disturbi neuro-vegetativi. Nel 1889 pubblica Mal giocondo, il suo primo libro di versi. Rompe il fidanzamento con Rosalia, poi si distacca anche da Jenny. Si trasferisce a Roma, dove entra in contatto con l’ambiente letterario. Tra la carriera scientifica e quella artistica ha scelto la seconda via.

Intorno a Luigi Capuana si raccolgono molti scrittori, soprattutto del Meridione, che in opposizione a D’annunzio seguono le diverse strade del Verismo. Luigi Pirandello fa amicizia con il critico d’arte e disegnatore Ugo Fleres, con Giustino Ferri redattore del “Capitan Fracassa” e del “Fanfulla”, con il socialista umanitario Giovanni Cena redattore capo di “Nuova Antologia”, con Giuseppe Màntica che insegna Letteratura al Magistero, con Tommaso Gnoli figlio del poeta Domenico, con il grecista Ettore Romagnoli, con Nino Martoglio, con Ugo Ojetti, con Lucio d’Ambra (pseudonimo di Renato Eduardo Manganella) narratore drammaturgo e francesista. Capuana lo inizia alle scienze esoteriche e lo attrae nel mondo della narrativa.

Pirandello pubblica nel 1896 una traduzione in distici delle Elegie romane di Goethe. A Monte Cavo scrive il primo romanzo, L’esclusa, che esce a puntate nel 1901 su “La Tribuna”. Vite tormentate e passioni estreme si materializzano nelle sue prime novelle: La ricca e Creditor galante. Quasi ogni giorno si reca da Capuana. Nella descrizione della casa del romanziere Ludovico Nota, in Vestire gli ignudi, rievocherà l’atmosfera di casa Capuana, al punto che la vedova lo accuserà di aver plagiato la novella Dal taccuino di Ada.

Nel 1902 esce il secondo romanzo, Il turno. A Palermo conosce Antonietta Portolano e pochi mesi dopo la sposa. La coppia vive a Roma, in via Sistina, dove nasce il primo figlio, Stefano. La secondogenita Lietta vede la luce a palazzo Odescalchi-Simonetti, in via Vittoria Colonna; poi nasce Fausto, che sarà pittore. Luigi non risparmia le cure paterne e nelle lettere ai familiari parla con tenerezza dei figli. Casa Pirandello è un cenacolo letterario; ma con gli amici letterati, Pirandello si ritrova anche alla “terza saletta” del Caffè Aragno in via del Corso o al Bussi in via Veneto. Durante questi incontri nasce l’idea della rivista letteraria “Ariel” e Ugo Fleres si incarica di disegnarne la testata.

Pirandello ha la cattedra di Linguistica e Stilistica al Magistero e collabora a molte riviste, con critiche letterarie, novelle, saggi, poesie. Dal 1896 scrive su “Il Marzocco” (diventa amico del direttore-editore Angelo Orvieto) e dal 1902 collabora a “Nuova Antologia”, dove nel 1904 pubblica a puntate Il fu Mattia Pascal.

Dolore e creatività
La notizia dell’allagamento della solfatara di Aragona, dove Stefano Pirandello aveva investito i risparmi, determina in famiglia una crisi di liquidità. Antonietta è minacciata da continui disturbi nervosi e alterna periodi di calma con altri di crisi. Luigi trascorre le villeggiature a Girgenti, nella speranza che Antonietta trovi in Sicilia un po’ di serenità.

Nel 1901 Luigi si reca a Coazze, in Piemonte, ospite della sorella Lina. Di quel soggiorno ci resta un delizioso taccuino, con appunti su luoghi visitati e persone incontrate. Disegna sul taccuino il campanile della Cattedrale che porta una scritta che gli si imprime nella mente: Ognuno a suo modo. In queste pagine ci sono anticipazioni delle novelle Gioventù (1902), Le Medaglie (1904), Di Guardia (1905), del bozzetto La Messa di quest’anno (1905), della poesia Cargiore (1903) e del romanzo Suo marito.

Nel 1911, affranto dalla dolorosa malattia della moglie, si allontana dalla famiglia e vive in due camere ammobiliate: una vita d’arte, in difesa dei figli, è tutto quello che gli resta. Strige amicizia con Massimo Bontempelli: un sodalizio che lo accompagnerà per il resto della vita.

Scrive due libri di saggi: Arte e scienza e L’Umorismo, in cui spiega che “il comico” nasce come avvertimento del contrario, mentre “l’umoristico” viene dal sentimento del contrario.<
A Roma si trasferisce in via Alessandria, non lontano dalla fabbrica della Birra Peroni, poi in via Mario Pagano. Lavora duramente ed esce di rado la sera, solo per andare a teatro. Ad ottobre 1909 pubblica sul “Corriere della Sera” la novella Il mondo di carta. Si affina intanto il rapporto di stima e comprensione col figlio Stefano che vive col padre a Roma, mentre il resto della famiglia è in Sicilia, e che studia al Convitto Nazionale.

Nel 1910 il capocomico siciliano Nino Martoglio mette in scena gli atti unici La morsa e Lumie di Sicilia. Esce anche il nuovo romanzo Suo marito, con riferimenti alla vita di Grazia Deledda, seguito da I vecchi e i giovani, pubblicato dai Fratelli Treves, romanzo “politico”, in cui Pirandello esprime la cocente delusione della Sicilia, all’interno del nuovo Stato nazionale. Scrive il romanzo Si gira, costruito intorno alle vicende di un operatore cinematografico. In via Antonio Bosio, dove abita, sorgono dei capannoni per il cinema: Pirandello è attirato dalla nuova arte. Molte pellicole sono tratte da suoi romanzi, novelle e drammi, ma circolano anche sceneggiature apocrife. Marco Praga, con la Compagnia Stabile Milanese, mette in scena il dramma in tre atti Se non così, interpretato da Irma Grammatica: è un insuccesso.

La Grande Guerra
Nel 1915 l’Italia entra in guerra. Pirandello perde la madre, amatissima, mentre Stefano, partito volontario, cade prigioniero ed è rinchiuso a Mauthausen. Una parte di Colloqui coi personaggi è ispirata al dolcissimo ricordo della madre Caterina. La moglie Antonietta, sempre più sconvolta dalla malattia mentale, perseguita Lietta che tenta il suicidio con una rivoltella. Pirandello scrive disperato a Stefano: Io seguito a lavorare. Scavo, scavo… Mi son ridotto in un pozzo, da cui non riesco più a trarmi fuori. Del resto, perché trarmene? L’altro figlio, Fausto, cerca una ragione di esistere come pittore.
Pirandello abita in via Alessandro Torlonia, dove gli rendono visita Rosso di San Secondo, i critici letterari Giuseppe Antonio Borgese e Attilio Momigliano, il giornalista socialista Giovanni Cena, che si intrattengono con lui in lunghe conversazioni letterarie.

Durante l’estate 1916, in 15 giorni, scrive Liolà. Al figlio Stefano racconta: Il protagonista è un contadino poeta, ebro di sole, e tutta la commedia è piena di canti e di sole. E’ così gioconda, che non pare opera mia. Nel 1915, su insistenza di Martoglio e di Angelo Musco, attore geniale e versatile, volge in siciliano l’atto unico Lumie di Sicilia, che Musco mette in scena a Catania. In pochi mesi, sempre per Angelo Musco, scrive capolavori assoluti del teatro siciliano:Pensaci, Giacomino!, ’A birritta cu’ i ciancianeddi (Il berretto a sonagli), Liolà e ’A giara.
Gli anni più dolorosi si rivelano fecondi, sul piano artistico. Ma il rapporto con Musco è litigioso, tempestoso: Pirandello teme che l’attore si abbandoni ad una comicità volgare. Con Ruggero Ruggeri ha invece un colloquio sereno e pacato.

Ad aprile 1917 termina le scrittura di Così è (se vi pare), commedia messa in scena il 18 giugno, al teatro Olimpia di Milano, dal capocomico Virgilio Talli, considerato un antesignano della moderna regia teatrale. Maria Melato è la signora Frola. A novembre va in scena Il piacere dell’onestà, con Ruggeri nei panni del primo attore.
Le ansie per i familiari perseguitano Pirandello: è la volta del figlio minore Fausto (detto Lulù) che, per malattia, tenta di scansare il servizio di leva. Mi tocca lavorare, lavorare, lavorare scrive Pirandello alla sorella Lina. Ma lavorare è anche la sua unica consolazione. Ancora una volta cambia casa e va ad abitare nel villino Ciangottini, in via G. B. De Rossi, dove darà vita ai Sei personaggi. Scrive ancora commedie. Manda a Talli L’innesto e insiste perché metta in scena Marionette, che passione!, una commedia che giudica nuova, ardita, originalissima.Pubblica Margutte, in cui sfoga i pensieri neri degli ultimi anni e la novella Quando si comprende, in cui esprime amarezza per la guerra.

Ancora teatro
Pubblica su “Il Messaggero della Domenica” lettere aperte sui problemi del teatro in Italia. La compagnia di Dina Galli rifiuta Ma non è una cosa seria, mentre Ruggeri rappresenta Il giuoco della parti, commedia scritta nel 1918 che al teatro Manzoni di Milano suscita nel pubblico una battaglia che finisce a pugni. La novità espressa ne Il gioco della parti non sfugge da Salvator Gotta e a Marco Praga, il più noto autore del teatro borghese ottocentesco. E’ in questa occasione che Pirandello conia per il suo teatro il titolo Maschere nude.

Le tragedie della famiglia Pirandello sono senza fine: Lietta fugge di casa. Luigi la accompagna a Firenze, dove Lietta vivrà con la zia Lina. La guerra è finita e Stefano è atteso a casa, dove si aspetta il suo arrivo, per ricoverare Antonietta in una clinica per malattie mentali. Anche Lietta torna a casa, per dedicarsi interamente al padre e ai due fratelli. Da Porto Empedocle è arrivato il nonno Stefano, che si trasferisce definitivamente a Roma.

Luigi Pirandello ha scritto l’apologo in tre atti L’uomo, la bestia e la virtù e va ad assistere alla prove. La commedia cade: la borghesia milanese ne è scandalizzata. Al Quirino di Roma Ruggeri porta invece al successo, nel 1920, Tutto per bene; a Venezia Maria Letizia Celli  interpreta Come prima, meglio di prima; Emma Grammatica è la protagonista de La signora Morli, una e due.

Pirandello prepara intanto un discorso celebrativo per gli ottanta anni di Giovanni Verga. Tanto lavoro, tanto impegno, non gli hanno ancora dato sicurezza economica. Prende accordi con l’editore Bemporad, per una ristampa di tutte sue opere. Pubblica nel 1920 Tutto per bene e l’anno successivo Come prima, meglio di prima e Sei personaggi in cerca d’autore, una storia che aveva già in mente nel 1917, come materia per un romanzo, mai nato. Scrive altre novelle, che cominciano ad uscire sotto il nome collettivo Novelle per un anno.
Al teatro Valle, il 9 maggio 1921, in una tempestosa serata, fra molti urli e pochi battimani, Dario Niccodemi, Vera Vergani e Luigi Almirante interpretano Sei personaggi in cerca d’autore. Luigi e Lietta, nascosti in un palco, fuggono dal palcoscenico per non incontrare gli spettatori inferociti. In quei giorni Lietta va sposa ad un cileno e dopo pochi mesi si trasferisce a Santiago del Cile. Stefano sposa una musicista. Fausto continua a dipingere.

Nell’altalena di successi e di insuccessi, che caratterizzano la vita artistica di Pirandello, l’anno 1922 registra il trionfo di Enrico IV, con Ruggeri nei panni del protagonista.
Nel 1922 Luigi Pirandello, dopo 24 anni di insegnamento, chiede una aspettativa, oppure il collocamento a riposo. Il neo-Ministro dell’Istruzione Giovanni Gentile lo manda in pensione.

Successo all’estero
A Londra va in scena la commedia I sei personaggi in cerca d’autore. G. B. Shaw, che assiste ad una replica, fa da intermediario con un impresario americano: il teatro pirandelliano attraversa l’Oceano e approda a New York. A Parigi si rappresentano Il piacere dell’onestà e I sei personaggi. Pirandello, superate le abitudini schive e sedentarie, inizia a viaggiare col suo teatro. Nelle grandi capitali è accolto in trionfo. Influenzato dalla tecnica di regia di Max Reinhardt, rimpasta I sei personaggi, nella versione definitiva che va in scena nel 1925. A dicembre 1923 si imbarca sul “Duilio” per assistere alla prima de I sei personaggi a New York.
Al Quirino di Roma viene rappresentata nel 1923 La vita che ti diedi (tragedia interpretata da Alda Borelli, ma scritta per Eleonora Duse che l’ha rifiutata) e ai Filodrammatici di Milano l’anno successivo la Compagnia Dario Niccodemi mette in scena Ciascuno a suo modo. Ne deriva una feroce polemica giornalistica tra Pirandello e il critico Domenico Lanza. Lo stesso anno Pirandello viene insignito della Legion d’onore.

Durante l’estate 1924, mentre Luigi è in vacanza con i figli a Monteluco, lo raggiungono il compositore Alfredo Casella e Jan Borlin, direttore artistico dei Ballets Suédois. Da questo incontro nasce il balletto La giara che sarà rappresentato a Parigi in novembre.

Fra il 1925 e il 1926, sulla “Fiera Letteraria”, esce a puntate Uno, nessuno e centomila, il romanzo che, in modo drammatico, esprime la scomposizione della realtà, il dualismo all’interno di una personalità, il gioco tragico fra “essere” e “parere”. E’ un romanzo, nato come canovaccio e lungamente abbandonato in fieri. Su questo brogliaccio Pirandello aveva l’abitudine di appuntare battute e idee, per poi trasferirle in novelle e commedie. Un romanzo sempre saccheggiato e interminabile quindi, iniziato nel 1910, sospeso e poi ripreso e che, come I sei personaggi, afferma alla fine il suo diritto ad esistere.

Il Teatro d’Arte
Volevano chiamarlo “Teatro degli Undici” o “dei Dodici”, dal numero dei soci ideatori: Stefano Pirandello, Orio Vergani, Claudio Argentieri, Antonio Beltramelli, Giovani Cavicchioli, Massimo Bontempelli, Maria Letizia Celli (attrice), Pasquale Cantarella, Lamberto Picasso (attore), Giuseppe Prezzolini, Renzo Rendi. Direttore artistico: Luigi Pirandello.
Il gruppo si costituisce per atto notarile del 6 ottobre 1924. Grazie ad una sovvenzione, iniziano subito i lavori di ristrutturazione del Teatro Odescalchi, che prima ospitava le marionette di Podrecca. Il 2 aprile 1925 il Teatro d’Arte viene inaugurato con Sagra del Signore della Nave di Luigi Pirandello e Gli dei della montagna di Lord Dunsany. Il pubblico è entusiasta delle novità, ma i conti economici di quattro mesi di attività si rivelano un disastro. Luigi ha aderito al Fascismo, forse nella speranza di un consistente sostegno economico da parte del governo, ma Mussolini diffida di lui: Pirandello non riuscirà mai a creare un Teatro di Stato, sganciato dalle ragioni commerciali e con una vera sede stabile.
Il Teatro d’Arte mette in scena anche opere di Savinio, De Stefani, Vergani, Marinetti, Rosso di San Secondo e, tra gli autori stranieri, di Ibsen e Unamuno.

Per la parte da protagonista, in Nostra dea di Massimo Bontempelli, viene scritturata una giovane attrice milanese. Si chiama Marta Abba. E’ una donna fulva, come tanti personaggi femminili del teatro pirandelliano. Da questo momento in poi, la produzione teatrale di Pirandello è per lei: Diana e la Tuda, L’amica delle mogli, La nuova colonia, Questa sera si recita a soggetto, Come tu mi vuoi, Quando si è qualcuno, Trovarsi, Non si sa come, l’ultima commedia, messa in scena da Ruggero Ruggeri. Alla morte di Pirandello saranno trasferiti a Marta Abba i diritti d’autore delle commedie, scritte perché lei le interpretasse.

Si costituisce una nuova Compagnia Pirandello che parte in tournée a Parigi, Londra, Berlino; poi si trasferisce in Argentina, Brasile, Uruguay. Luigi assiste alle prove e divide le fatiche delle trasferte, le ansie del debutto, le amarezze di attori e tecnici. Ma si sente stanco delle crisi finanziarie della Compagnia, stanco delle polemiche con i critici teatrali (in particolare quella che lo contrappone a Adriano Tilgher), dei litigi con le agenzie teatrali e con i proprietari di teatri che privilegiano le commedie commerciali creando, di fatto, monopoli.
Da Buenos Aires, nel 1927, scrive ai figli: Io non voglio più tornare in Italia. Scrive a Marta Abba: La politica entra da per tutto. Fuori! Fuori! Lontano! Lontano!
Dopo la rappresentazione della Donna del mare di Ibsen, dopo tre anni di attività, la Compagnia Pirandello si scioglie.

Fra cinema e teatro
Luigi Pirandello scrive al figlio Stefano: L’idea di chiudermi in una vita sedentaria mi fa orrore. E terrore la compagnia di me stesso. E più tardi, alla figlia Lietta: Non so s’io vado fuggendo la vita, o la vita me.
Pirandello prende la decisione di andare, con Marta, “esule” a Berlino, nella speranza di sistemare le pendenze bancarie, con gli introiti del cinema tedesco. Frequenta Corrado Alvaro e Pietro Solari, che a Berlino sono corrispondenti di giornali italiani. Dopo cinque mesi, Marta Abba torna in Italia, perché non è maturata nessuna occasione nel cinema. Luigi termina Questa sera si recita a soggetto che va in scena, in prima mondiale, a Konigsberg. A Berlino sarà un insuccesso, perché la critica vi legge una satira a Max Reinhardt.
Scrive a Marta, offrendole la parte da protagonista, per la edizione italiana. La prima è fissata a Torino, per la regia di Guido Salvini.

Pirandello trascorre brevi periodi in Italia, dove sente di essere osteggiato. Anche dai figli ha gioie e dolori: Lietta vive col marito in Cile, ma saltuariamente torna in Italia. I rapporti con questa figlia, amatissima, restano difficili.
Luigi lavora a I giganti della montagna. E’ disperato, è depresso perché gli è negato il diritto di vivere accanto a Marta Abba, unica ragione della sua vita. Pubblica con l’editore Mondadori Lazzaro, che definisce mito in tre atti.
Prossima dimora, Parigi: ma da questa sede i suoi viaggi diventano sempre più frequenti.

In Portogallo assiste alla prima di Sogno, ma forse no. A Roma commemora Giovanni Verga all’Accademia d’Italia. Continua a scrivere. La nuova commedia Quando si è qualcuno viene interpretata da Ruggero Ruggeri. Pirandello termina una novella che da tempo ha in mente: La favola del figlio cambiato, un racconto basato sulla popolare credenza che di notte le streghe maligne si divertono a scambiare i bambini nelle culle. Il maestro Gian Franco Malipiero mette in musica questa leggenda di sapore arcaico: è un successo in Germania, ma l’opera cade a Roma, in una serata tempestosa, travolta da presunti sentimenti antipatriottici che gli spettatori leggono nel libretto. Mussolini ne vieta le repliche.
Il cinema americano finalmente premia Pirandello, con la produzione di Come tu mi vuoi, film interpretato da Greta Garbo.

Luigi sente nostalgia di casa, gli è venuto a noia questo suo vivere arroccato, lontano dagli affetti familiari. Ha trascorso una serena estate a Positano, con figli e nipotini. Dopo quattro anni di “esilio volontario”, nel 1932 si stabilisce in Italia.

Ancora luci, al tramonto
Durante l’estate 1932, a Castiglioncello, ospite del figlio Stefano, scrive la commedia Quando si è qualcuno che in prima mondiale viene rappresentata a Buenos Aires. Pirandello parte sul “Duilio”, insieme a Massimo Bontempelli: Marta Abba e Paola Masino, la scrittrice amica di Bontempelli, li accompagnano all’imbarco a Genova. Marta resta in Italia, per impegni teatrali, la Masino al contrario raggiungerà Pirandello e Bontempelli in Argentina. Il calore della accoglienza della colonia italiana commuove Pirandello.

A Roma, l’Accademia d’Italia organizza un Convegno sul Teatro Drammatico e chiama Pirandello a presiederlo. Luigi firma le regia de La figlia di Iorio di Gabriele d’Annunzio, che va in scena al Teatro Argentina: una scelta felice, che segna la riconciliazione “ufficiale” tra i due massimi esponenti del teatro contemporaneo, inaspriti da una vecchia polemica antidannunziana di Pirandello. Quando si spengono le luci della ribalta, arriva la notizia che Luigi Pirandello è il Nobel 1934 per la Letteratura: il premio che gli viene assegnato per il rinnovamento ardito e ingegnoso _ è la menzione ufficiale _ dell’arte drammatica e della scena.

A novembre 1934 la rivista “Quadrante” pubblica il secondo atto de I giganti della montagna che Pirandello considera la vetta suprema della sua arte poetica. Incompiuto, questo testo sarà rappresentato postumo a Firenze, al Giardino di Boboli.
Vive a Roma, nel villino di via Antonio Bosio 15, dove abitava negli anni della guerra. Il suo studio, con i severi mobili di noce in stile Rinascimento toscano, si affaccia su una terrazza a mezzogiorno. La luce è riverberata dalla cortina verde del giardino, l’aria fa vibrare le tende in seta azzurra. Un antico vaso greco è lì, a memoria della sua Sicilia. La casa, in cui Pirandello abita da solo, è aperta ai figli e agli amici.

Viaggia sempre: a New York, dove risiede tre mesi in attesa che il cinema americano lo chiami, scrive le novelle della raccolta “Una giornata” e inizia il romanzo, rimasto incompiuto,Informazioni su un involontario soggiorno sulla terra. Sogna un altro romanzo, che dovrebbe intitolarsi Adamo ed Eva, la storia di due fanciulli che per un cataclisma si ritrovano soli sulla terra.

Di ritorno dall’America, prima di sbarcare a Napoli, Pirandello è colpito da attacco di cuore.

Marta Abba prende le distanze da Pirandello: è a Londra, per imparare l’inglese e poter così recitare anche fuori dell’Italia. Debutta a Broadway. Nelle lettere a Marta, Luigi esprime angoscia per la lontananza, profonda tristezza per il distacco: si sente abbandonato. E’ prigioniero di una curiosa frenesia, di una incontenibile forza vitale: avverte che non gli resta molto tempo. Milano, Venezia, Castiglioncello, Viareggio per la Commissione del Premio letterario: è sempre in viaggio. Antichi dissapori sembrano svaniti: gli sono accanto i figli e i nipoti; frequenta gli amici di vecchia data: Corrado Alvaro, Massimo Bontempelli e Paola Masino, Mario Labroca, Silvio d’Amico. Nel suo ultimo soggiorno a New York, nel 1935, ha reso visita ad Einstein. Con il giovane e promettente Eduardo de Filippo trae una commedia dalla novella L’abito nuovo. L’unico testo teatrale, non suo, che Eduardo lascerà sempre nel suo repertorio è Il berretto a sonagli.

Mentre a Cinecittà segue le riprese del film tratto da Il fu Mattia Pascal, Pirandello accusa una febbre violenta. Nel 1934 il “Corriere della Sera” pubblica la novella breve Di sera, un geranio, che prelude alla morte, e nel numero dell’8 ottobre 1936 la novella Effetti d’un sogno interrotto.

Pirandello muore alle 8 e 55 del 10 dicembre 1936.

Secondo le sue volontà testamentarie, scritte più di venti anni prima, la sua morte passa sotto assoluto silenzio. Piace pochissimo il suo funerale ai gerarchi, che si reputano defraudati di un funerale di Stato. Piace pochissimo anche l’elogio funebre che, vestito in orbace, Massimo Bontempelli pronuncia all’Accademia d’Italia e che gli varrà un “esilio” a Venezia.
Avvolto (nudo come le sue maschere) in bianco sudario, senza lumi né fiori, il corpo di Luigi Pirandello è portato via dal carro funebre dei poveri, cocchiere e un cavallo, senza accompagnamento, nella nebbia di una mattina d’inverno. Le sue ceneri non vengono disperse, come avrebbe preferito, ma chiuse in un’urna, murate in Sicilia, ad un sasso, nella campagna di Caos, alle radici del pino solitario, di fronte al mare africano.

Fausta Samaritani

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