Raccolta “Mal giocondo” (1889)
01. A l’eletta
a l’eletta
Peristi? In vano te da le pagine
sacre richiamo dunque, o purissimo
amore di tempi lontani,
vergin diva, tra gli uomini novi?
In vano, o vergin greca, la limpida
tua voce chiamo su le marmoree
fidiache labbra del tuo simulacro,
da secoli muta?
Mutaro i tempi. L’antico genio,
li antichi affetti già un fiero turbine
incalza da l’imo, e respinge
acre, fuor de la vita, ventando.
Al suo gagliardo soffio già crollano
le vecchie sedi (son chiese e reggie)
e tanta rovina recente
con violenta furia pervade
soverchiatrice onda di popolo,
che spezza e abbatte, che freme e s’agita
al fin di sua possa cosciente,
reclamante il suo dritto a la vita.
I dolci inganni che tu, pia vergine,
sí come pioggia di rose roride
da grembo divino piovente
su l’umane sciagure, ne davi,
ha già spogliato, severa e rigida,
d’ogni lor verde, una novissima
iddia da gli occhi di falco
scrutatrice ostinata del vero.
Per lei l’antica vista (o del secolo
inestimabil trïonfo e gloria)
il mondo ha cangiato, e piú intensa
ride agli uomini e varia la vita.
Ecco: lontane genti in un attimo
hanno di loro casi notizia:
l’umana fraterna parola
per metalliche fila trascorre.
Per lei su terre su fiumi e oceani,
solo una patria del globo agli uomini
facendo, in attivo commercio
vittorioso vola il vapore.
Per lei piú eque leggi correggono
le nove genti, per lei l’industrie
s’accendono, agli uopi traendo
de la comune madre i tesori.
E lei dovunque, iddia benefica,
ne le parole nostre, ne l’aria,
in seno al domestico lare,
ovunque, sentiamo presente.
Ma tu fra noi, divina vergine,
tu da l’Olimpo sacro de gli Elleni,
fra noi, sol ne l’ozîo invocata,
scenderai, con incesso di dea?
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