««« Raccolta “Poesie sparse” (1890/1933)
14. La via
Dalla Gazzetta letteraria, 12 gennaio 1895, col sottotitolo: Labirinto. – Intermezzo.
Provar per ogni via
come la nostra vita a caso sia.….
I
Mi trovo qui per caso, di passaggio.
Vi starò quanto men vi potrò stare.
Non che m’annoj, tutt’altro! Anzi il viaggio
m’ha divertito. Ma è pur forza andare.
Dormia, venendo, io dico, e che perciò
che modo per venire e che via tenni
e donde sia venuto ora non so.
Ma poco importa: da una parte venni.
Dove andrò? Non lo so… Ahi, neppur questo!
Ma poco importa: andrò dove che sia.
Quel che piú val è che si faccia presto:
guardarsi attorno, e scegliersi una via.
II
Facile a dire, scegliersi una via!
Di vie, ce ne son tante qui. Però
quale sarà la mia?
E come farmi un qualche itinerario,
se finora non so
perché venni, onde venni, dove andrò?
Son cose che si sanno d’ordinario,
quando per un viaggio ci s’avvia.
III
Mettiti a camminare,
va’ dove il piè ti porta,
piglia la via piú corta
e piú non dimandare.
Andar dove che sia,
nel dubbio della sorte,
andar verso la morte
per un’ignota via:
ecco il destino. E dunque
fa’ quel che far si deve.
Procura che sia breve.
Tanto, è lo stesso ovunque.
IV
Concepito ho il grave dubbio,
ch’ io sia solo a non capire
la mia sorte in mezzo agli uomini…
Certa gente fa stupire!
Non può credersi, guardandola,
che non sia convinta a pieno,
che bisogna restar bestie
per tirare in pace, almeno…
Io mi perdo in vuote indagini
e dimentico la via…
Che la stoffa in me, Dio liberi,
d’un filosofo ci sia?
V
Vuoi tu ch’io venga teco ove tu vai?
Triste andar soli, estranei, senza mèta…
Il tempo, innanzi a me, non si concreta
in un desio che i piè mi muova. Andai
finora invan; vuoi tu ch’io venga teco?
vuoi tu ch’io segua un tratto il tuo cammino?
tu l’arbitra sarai del mio destino.
io ti verrò dappresso come un cieco.
Oh amore, oh dolce errore! Al mesto invito,
mi porse ella una man, senza far motto.
Di qua, di là la Bella m’ha condotto.
poi m’ha lasciato, ed io mi son smarrito…
VI
Smarrito, smarrito… A guardare
mi sto la gente che viene e che va.
Trascinami l’onda, e a virare
di qua mi passa, perplesso, e di là.
Ma par che ognuno sicuro se’n vada
ad una meta sicura laggiú…
Vi sono forse lí in fondo a la strada?
E ci si va per non sorger mai piú?
VII
Ora ho chiesto a piú d’un savio
pe ‘l mio mal qualche consiglio.
M’intronarono di chiacchiere
molti, ed un mi disse: “Figlio,
che ho da dirti? È bene fingerci
qualche cosa innanzi a noi
che ci faccia andar, fantasima
o fantoccio, è uguale! E poi….
poi raggiungerlo. È ne l’ansia
del raggiungere la vita.
Ché il fantoccio cangia immagine
spesso, appena è tra le dita”.
VIII
Chi sa, forse per di la’
potrò giungere alla fine;
o di qua, forse… chi sa!
Quanti sassi, quante spine,
quanti fanno al par di me!
Ci arrestiamo a mezza via,
non sappiam bene perché,
nel timore che non sia
la via giusta: e mai cosí
a destin non si perviene,
camminando notte e dí
il perché non si sa bene;
ma è cosí…
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