««« Raccolta “Fuori di chiave” (1912)
10.04. Comiato
O vecchia Terra, è vero, e me ne pento;
riconosco che il torto è tutto mio.
Se da tant’anni il cor piú non mi sento
se non come un fastidio, anzi un rodío
continuo in petto, e piú non amo, e sono
quasi un tizzone spento, in abbandono,
come puoi tu sembrarmi bella? – « Pensa,
(potresti dirmi) quando, innamorato
d’una donnetta pallida melensa,
che ti pareva un angelo calato
dal ciel, dicevi ch’ero tutta un gajo
riso… Eppure, ricordi? era gennajo…»
…
Si, si, ricordo. Tu, povera Terra,
eri, qual veramente sei, di mali
piena, dilaniata dalla guerra
perpetua de’ tuoi tristi animali,
e vecchia e stanca di volgere in tondo
nella stupida macchina del mondo.
Eppure bella – è vero – mi sembravi,
e gli uomini, per quanto esperti e istrutti
d’ogni saggia perfidia, onesti e bravi
pareanmi – è vero – che prodigio! tutti.
Sí, sí, ricordo, vecchia Terra: vieta,
se puoi, vieta che canti ogni poeta,
se prima innamorato non si sia,
tal che gli orrori tuoi non veda, sotto
la ridente d’amor dolce malia.
Io che mi sono senza cuor ridotto.
d’ora innanzi, ti giuro, starò muto;
questo, ti giuro, è l’ultimo saluto…
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Noto soprattutto per le numerose e caratteristiche novelle, le singolari opere teatrali e gli altrettanto peculiari romanzi, Pirandello, agli albori della sua carriera, fu anche poeta. Un poeta che, nonostante fosse solo agli inizi, lasciava già intravedere chiare tracce non solo del suo inconfondibile stile, ma soprattutto della sua particolare visione del mondo e della natura umana. Nel 1960 vennero per la prima volta pubblicate in un’unica raccolta tutte le opere poetiche dell’autore, accompagnate da testi inediti pazientemente ricercati e recuperati fra i numerosi scritti sparsi. L’amore ed i rapporti fra uomo e donna, tematiche chiave in Pirandello, spesso trasfigurate da ambientazioni irreali e mitiche, mostrano già quelle lacerazioni e contraddizioni che col tempo diventeranno segni distintivi dell’intera opera pirandelliana. Basti pensare al titolo della prima raccolta poetica dell’autore, Mal giocondo, ossimoro che, dietro l’apparente scherzo nell’accostare due termini così dissimili, quasi a volersi burlare del lettore, anticipa le antinomie e incoerenze che saranno parte integrante delle successive opere teatrali e dei romanzi.
Amore e odio, quindi, ma anche beltà e tristezza, giovinezza e vecchiaia, ricchezza e povertà: sentimenti forti e contrastanti, che sembrano prendere vita ed uscire dai versi con irruenza, per rispecchiarsi in ogni animo umano.
Ma vi traspare anche la sfiducia tipicamente pirandelliana nei confronti della società e della classe dirigente, soprattutto nel delicato momento storico che Pirandello si trova a vivere, subito dopo l’unità d’Italia (1870), e che si riflette nelle efficaci e forti immagini della folla romana, descritta con spietata ironia nei suoi aspetti più negativi, peccaminosi e lascivi.
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