Di Riccardo Mainetti.
Il vecchio Zi’ Marabito, poco prima di lasciare il proprio podere, al quale aveva dedicato lunghi anni di lavoro, amore e fatiche, si raccomanda con i nuovi proprietari che “il fondo non abbia a patire”. In cambio del proprio terreno Zi’ Marabito riceve un vitalizio di due lire al giorno.
«Il vitalizio», analisi della novella
Per gentile concessione dell’Autore.
Vitalizio che giova alla salute
Novella su come un vitalizio possa, in certi casi, allungare la vita.
A sentire nominare, al giorno d’oggi, il termine vitalizio vien quasi l’orticaria. Infatti questo termine porta alla mente, ai nostri giorni, l’importo, molto cospicuo, percepiti dai nostri Onorevoli Parlamentari e affini. Nel nostro caso, o meglio nel caso narrato magistralmente dal grande Luigi Pirandello nella sua novella intitolata, per l’appunto, “Il vitalizio”, il termine sta ad indicare, per usare le parole del vocabolario online della Treccani, il “contratto per cui un soggetto (il vitaliziante) è tenuto a corrispondere a un altro soggetto (il vitaliziato) una rendita per tutta la durata della vita sua o di uno o più altri beneficiarî: può costituirsi a titolo oneroso in seguito all’alienazione di un bene mobile o immobile, a titolo gratuito in seguito all’alienazione gratuita di un immobile o alla cessione gratuita di un capitale, o anche per testamento (legato di rendita v.) e per sentenza del giudice, come forma di liquidazione di danni permanenti procurati a una persona.” Nel caso de “Il vitalizio” pirandelliano il contratto deriva dalla cessione, da parte di Zi’ Marabito, un anziano agricoltore della piana di Girgenti, del proprio podere a Michelangelo Scinè, detto “il Maltese”, un ricco possidente del luogo, il quale ha costruito la propria grazie all’usura, il quale fa lavorare il terreno del vecchio Zi’ Marabito, come già quello dell’ormai defunto Ciuzzo Pace, da un mezzadro di nome, o meglio di cognome, Grigoli.
Il vecchio Zi’ Marabito, poco prima di lasciare il proprio podere, al quale aveva dedicato lunghi anni di lavoro, amore e fatiche, si raccomanda con i nuovi proprietari che “il fondo non abbia a patire”. In cambio del proprio terreno Zi’ Marabito riceve un vitalizio di due lire al giorno. L’affare pare più che buono al Maltese, memore com’è del fatto che il precedente vitaliziato, il defunto Ciuzzo Pace, aveva riscosso la propria rendita, per altro inferiore a quella spettante al vecchio signor Marabito, per soli sei mesi. Tra l’altro lo stesso Zi’ Marabito dice, sempre al momento di lasciare il proprio podere, che prenderà presto “la via di Ciuzzo Pace”, così intendendo che non graverà per molto sulle spalle e sulle tasche di Don Michelangelo Scinè. Le cose però vanno diversamente e, nonostante una grave forma di polmonite, che le vicine di casa del vecchio signor Marabito, “invogliate” in questa credenza dalla Malanotte, una specie di strega di paese, addebitano ad una qualche fattura lanciata, presumibilmente, al vecchio dal nuovo proprietario del fondo, ovvero il Maltese, il vecchio campa lunghi anni, seppellendo in quel frattempo, tanto il Maltese stesso quanto Nocio Zagara, il non troppo onesto notaio, incaricato, prima dal Maltese quindi in proprio in quanto subentrato egli stesso nella proprietà del fondo, al pagamento del vitalizio.
E dire che il vecchio Zi’ Marabito, abituato a non pesare sulle spalle di nessuno e insofferente all’idea di “dover campare alle spalle” del Maltese prima e, come s’è detto sopra, del notaio Nocio Zagara poi, le tenta tutte per abbreviare questo suo stato di beneficiario di vitalizio. Esce incurante del maltempo, dorme in una soffitta in mezzo a topi e umida da matti. Insomma fa di tutto per aver ben poca cura di sé. Ma, a quanto pare, una “entità superiore” ha deciso che lui campi a lungo per vendicare tutti quelli che quella “Sanguisuga dei poveri”, al secolo Don Michelangelo Scinè aveva, soprattutto nella sua poco edificante professione di usuraio, vessato e lo stesso Ciuzzo Pace che il proprio di vitalizio l’aveva potuto godere solo per sei mesi.
La novella “Il vitalizio” si conclude con il vecchio Zi’ Marabito che ritorna, in quanto tornato, a seguito della morte del notaio, proprietario del suo vecchio podere, alla sua tanto amata campagna. Stavolta però, date le sue ormai centocinque primavere, vi torna come “supervisore” e nonno. Il fondo infatti è gestito e mandato avanti da Grigoli e da Annicchia, una orfana che il rione nel quale Zi’ Marabito si era ritirato, aveva adottato. In conclusione val proprio la pena di dire che, in certi casi, “un vitalizio allunga la vita”!
Riccardo Mainetti
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