Quando la letteratura salvò Pirandello (con Audio)

Di Jo­shua Ni­co­lo­si

Da ma­ri­to af­fet­tuo­so, si ri­fiu­tò, in­fat­ti, per lun­go tem­po di se­pa­rar­si dal­la sof­fe­ren­te compagna, ac­cu­den­do­la sotto ogni aspet­to fino al 1919, anno in cui fu ine­vi­ta­bi­le il suo ri­co­ve­ro in una strut­tu­ra specializzata. Ma in que­ste tri­sti vicissitudini, Pi­ran­del­lo non fu solo: a far­gli com­pa­gnia, fin dal­le pri­me not­ti suc­ces­si­ve al ma­ni­fe­star­si del­la ma­lat­tia del­la mo­glie, durante le ac­co­ra­te e in­ter­mi­na­bi­li ve­glie not­tur­ne, nac­que il per­so­nag­gio che ga­ran­ti­rà al no­stro scrit­to­re il suo pri­mo, vero suc­ces­so: Mat­tia Pa­scal.

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Pirandello salvato dalla letteratura
Ugo Fleres: Ritratto di Maria Antonietta Portolano. Immagine dal Web.

Quan­do la let­te­ra­tu­ra sal­vò Pi­ran­del­lo:

la ma­lat­tia del­la moglie e “Il fu Mat­tia Pa­scal”

da Sicilian Post

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Voce di Giuseppe Tizza

1903: la miniera di famiglia va perduta a causa di un incidente. La consorte dello scrittore accusa un crollo nervoso da cui non si riprenderà più. Povertà e solitudine sembrano avere la meglio nella sua vita. Ma proprio in quelle notti spese vegliando la donna ammalata, proprio da quella sofferenza, il suo primo capolavoro venne alla luce. Facendolo rinascere e dandogli nuova speranza per il futuro

Nel­la scrit­tu­ra, nel­l’at­to di tra­spor­re un pen­sie­ro dal­l’im­ma­gi­na­zio­ne alla car­ta, è fre­quen­te che un mec­ca­ni­smo ma­gi­co, a trat­ti in­spie­ga­bi­le, ven­ga in aiu­to del­l’au­to­re. Si­mi­le ad una vera e pro­pria con­fes­sio­ne, l’o­pe­ra let­te­ra­ria – a prescindere dal suo es­se­re più o meno au­to­bio­gra­fi­ca – reca con sé un’i­ne­li­mi­na­bi­le dose di espe­rien­za per­so­na­le. Può ca­pi­ta­re che l’autore ci si tuf­fi a ca­po­fit­to, che i suoi per­so­nag­gi con­di­vi­da­no con lui i suoi dram­mi e le sue in­cer­tez­ze, sen­za che que­sto rispecchiamento sia vo­lu­to o cer­ca­to di pro­po­si­to. La scrit­tu­ra è una vera e pro­pria te­ra­pia del­l’a­ni­ma, un’oc­ca­sio­ne per met­ter­si di fron­te a ciò che ci con­su­ma, per af­fron­tar­lo, per tra­sfor­mar­lo in spin­ta pro­pul­si­va ver­so la ri­na­sci­ta.

Que­sto genere di di­na­mi­ca è ben pre­sen­te ad ogni au­to­re che si ri­spet­ti, ma a qual­cu­no più in par­ti­co­la­re. Lui­gi Pi­ran­del­lo, in­fat­ti, si tro­vò di­nan­zi ad un bi­vio de­ci­si­vo per la sua car­rie­ra e per la sua vita: la­sciar­si an­da­re alla disperazione del momento, inabissarsi nel­le sab­bie mo­bi­li del­le dif­fi­col­tà, o tro­va­re una stra­da che nes­su­no avreb­be con­si­de­ra­to pos­si­bi­le. Scel­se la se­con­da.

Sia­mo nel 1903: la con­sor­te del ge­nio agri­gen­ti­no, la ric­ca Ma­ria An­to­niet­ta Por­tu­la­no, ac­cu­sa un re­pen­ti­no e irreversibile crol­lo ner­vo­so. Già in­sta­bi­le da qual­che tem­po – i due si era­no tra­sfe­ri­ti a Roma e la don­na ave­va sof­fer­to l’inedito di­stac­co dal suo mon­do di af­fet­ti si­ci­lia­ni – il col­po di gra­zia giun­se ine­so­ra­bi­le a scon­vol­ge­re la loro vita coniugale. La cau­sa? Un gra­ve al­la­ga­men­to alla mi­nie­ra di zol­fo di pro­prie­tà del pa­dre di lei, prin­ci­pa­le e co­spi­cua fon­te di sostentamento economico. Non solo l’in­ci­den­te li ri­dus­se sul la­stri­co, co­strin­gen­do lo scrit­to­re a svol­ge­re più man­sio­ni in con­tem­po­ra­nea per garantire alla fa­mi­glia una mi­ni­ma so­glia di so­ste­ni­bi­li­tà, ma san­cì per Pi­ran­del­lo una tap­pa sofferta e de­ci­si­va del­la sua vita.

Da ma­ri­to af­fet­tuo­so, si ri­fiu­tò, in­fat­ti, per lun­go tem­po di se­pa­rar­si dal­la sof­fe­ren­te compagna, ac­cu­den­do­la sotto ogni aspet­to fino al 1919, anno in cui fu ine­vi­ta­bi­le il suo ri­co­ve­ro in una strut­tu­ra specializzata. Ma in que­ste tri­sti vicissitudini, Pi­ran­del­lo non fu solo: a far­gli com­pa­gnia, fin dal­le pri­me not­ti suc­ces­si­ve al ma­ni­fe­star­si del­la ma­lat­tia del­la mo­glie, durante le ac­co­ra­te e in­ter­mi­na­bi­li ve­glie not­tur­ne, nac­que il per­so­nag­gio che ga­ran­ti­rà al no­stro scrit­to­re il suo pri­mo, vero suc­ces­so: Mat­tia Pa­scal.

Il ro­man­zo ven­ne pub­bli­ca­to l’an­no dopo, nel 1904, e al di là del suo in­di­scus­so e notevole valore in­trin­se­co il suo ve­ni­re alla luce si­gni­fi­cò ben più che un ri­scat­to economico. Nel com­por­re quel­le pa­gi­ne, per ammissione del­lo stes­so Pi­ran­del­lo, quel­l’im­men­so do­lo­re andò attenuandosi, la pre­oc­cu­pa­zio­ne per un fu­tu­ro in­cer­to fu accompagnata dal­l’im­pe­gno del pre­sen­te, la so­li­tu­di­ne si tramutò in flo­ri­do dia­lo­go con se stes­so, come se da­gli abis­si del suo cuo­re fos­se sta­to ca­pa­ce di trar­re in sal­vo quei fram­men­ti di ge­nio an­co­ra pul­san­ti e luc­ci­can­ti.

Per­ché c’è tut­to Pi­ran­del­lo in quel ro­man­zo così spiaz­zan­te che è Il fu Mat­tia Pa­scal: c’è nel­l’op­pres­sio­ne del pro­ta­go­ni­sta al­l’in­ter­no del suo nu­cleo fa­mi­lia­re, c’è nel­la scis­sio­ne di un’i­den­ti­tà che bra­ma la sua ri­com­po­si­zio­ne, c’è nel di­spe­ra­to ten­ta­ti­vo di sbar­ca­re il lu­na­rio e ri­co­min­cia­re da zero. E c’è nel ri­tor­no fi­na­le com­piu­to da Mat­tia, tan­to in­fe­li­ce quan­to carico di una nuo­va e più ma­tu­ra con­sa­pe­vo­lez­za del­la vita. Sa­reb­be ec­ces­si­vo ad­de­bi­ta­re al ro­man­zo un in­di­riz­zo esclusivamente fon­da­to sul vero vis­su­to del suo au­to­re, così come ci fa­reb­be spin­ge­re trop­po in là so­ste­ne­re – come pure è sta­to fat­to – che l’in­te­res­se per il fun­zio­na­men­to del­la psi­che uma­na de­ri­vi da­gli anni pas­sa­ti al ca­pez­za­le del­la mo­glie; ma è in­dub­bio che que­ste sol­le­ci­ta­zio­ni sia­no sta­te fon­da­men­ta­li per la riu­sci­ta del­l’o­pe­ra.

Nel­la crea­zio­ne del­la fin­zio­ne, nel suo in­trec­cio con la real­tà, l’au­to­re son­da­va le sue stes­se scel­te, sop­pe­sa­va de­si­de­ri e pos­si­bi­li­tà, si infondeva co­rag­gio e cer­ca­va ri­spo­ste sod­di­sfa­cen­ti, spec­chian­do­si in quel per­so­nag­gio che, come lui, si met­te­va in discussione fin nei suoi radicamenti più pro­fon­di. Gui­da­to dal fle­bi­le lu­mi­ci­no del­le not­ti an­sio­se ac­can­to alla mo­glie, Pirandello non ri­fug­gì dal­la vita e dai suoi cru­de­li di­spet­ti: la af­fron­tò, ar­ma­to di pen­na e fan­ta­sia. Per que­sto Il fu Mat­tia Pa­scal non fu sol­tan­to un successo eco­no­mi­co, ma, di più, una svol­ta esi­sten­zia­le. Pro­ba­bil­men­te la ri­spo­sta che in quelle not­ti di­spe­ra­ta­men­te cercava. La con­fer­ma che la let­te­ra­tu­ra può sal­va­re. An­che quan­do si cade in un poz­zo senza fon­do. Del re­sto, come amava dire: «La vita o si scri­ve o si vive, io non l’ho mai vis­su­ta se non scri­ven­do­la».

Jo­shua Ni­co­lo­si
4 agosto 2019

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